Pochi istanti dopo il gol di Abdelhamid Sabiri, segnato al decimo del primo tempo di Sampdoria-Spezia, ci sono Emil Holm e Bartomiej Dragowski che fanno due gesti di pura rassegnazione: il primo si ferma e si sbatte le mani sulle gambe, il secondo invece è in ginocchio – ha provato a librarsi in volo per deviare il pallone, ma non ci è riuscito – e allarga le braccia, poi si cinge i fianchi con i guanti. Entrambi sembrano voler dire, praticamente all’unisono: cosa possiamo farci se questo è in grado di fare un gol del genere? In effetti deve essere una sensazione molto difficile da sopportare, per un giocatore di primo livello che ha passato un’intera settimana ad allenarsi con impegno e intensità: tutto ciò che ha fatto viene polverizzato all’improvviso da un avversario che ha ricevuto il pallone a trentacinque metri dalla porta, tutto spostato a sinistra, e con un tiro l’ha messo in rete alla sinistra del portiere. Senza che quest’ultimo potesse fare qualcosa, o anche solo incolparsi di qualcosa.
La cosa più incredibile del gol di Sabiri, si vede chiaramente nei vari replay offerti subito dopo aver mostrato la sua esultanza, è il fatto che il pallone finisce per abbassarsi esattamente quando serve, cioè una volta superata la figura Dragowski proteso in volo. Al punto che in alcune inquadrature – quelle più ravvicinate, meno grandangolari – la sfera scompare e riappare come se un vecchio maestro montatore di Hollywood avesse adoperato qualche effetto speciale non computerizzato. Da qui si può dedurre che, per seguire il tiro di destro di Sabiri, i cameraman presenti allo stadio Picco – quelli che sono riusciti a farlo – hanno dovuto profondere uno sforzo fisico piuttosto significativo. Provateci voi a far ruotare una telecamera di quelle grosse, di quelle che si usano per le dirette televisive, mentre la palla viaggia a quella velocità, tra l’altro dopo una conclusione scoccata all’improvviso, senza avvisaglie, con pochissime possibilità che potesse venir fuori una traiettoria così pulita, così precisa, così arcuata.
L’altra cosa assurda e magnifica del gol di Sabiri è proprio questa: è arrivato totalmente a sorpresa, non solo per i cameraman. Il suo tiro conclude un’azione di gioco non dinamica e neanche lontanamente pericolosa. Basta rivedere i vari replay per rendersi conto che il passaggio di Augello – un passaggio arretrato in azione di sfondamento che sembrerebbe mutuato dal rugby, se solo non fosse effettuato di piede – non è così veloce, e non è nemmeno smarcante; Sabiri controlla il pallone col sinistro e al tempo stesso se l’allarga verso il destro, aprendosi un po’ di campo; la sfera rotola piano sul terreno di gioco, il giocatore tedesco è lontanissimo dalla porta, nessuno sta pensando a una possibile conclusione e quindi la pressione su di lui è piuttosto blanda. E invece Sabiri si coordina per tirare. Colpisce la palla col mezzo collo e le imprime un visionario effetto a uscire sul secondo palo. Come già raccontato, la sfera sale e poi scende in maniera perfetta. Ne viene fuori un gol di una bellezza stordente:
Decollo e atterraggio di un tiro da 30 metri
Negli ultimi mesi della scorsa stagione, l’improvvisa rivelazione di Sabiri era diventata una delle poche note di colore nel grigiore d’ordinanza della Sampdoria. Forse la sola nota di colore. Ora, se possibile, la situazione è ancora peggiore: la squadra di Giampaolo è ultima in classifica, è l’unica della Serie A – insieme alla neopromossa Cremonese – a non aver vinto una partita e sembra davvero quella con meno qualità tecnica a livello assoluto – in attesa che Winks si faccia finalmente vedere in campo. Il fatto che il gol impossibile di Sabiri sia solo il quarto segnato dai blucerchiati in sette partite di campionato dice quasi tutto sul momento della Samp. Che, giusto per la cronaca, alla fine ha peso anche contro lo Spezia – la gara è terminata 2-1 per la squadra di Gotti. Se vogliamo, in realtà è andata addirittura peggio: il pareggio dello Spezia, su autogol di Murillo, è arrivato un minuti e venti secondi dopo il gol accecante di Sabiri.
Tornando al suo gol, Sabiri aveva già mostrato di possedere grandi qualità balistiche. Di saper battere benissimo punizioni e corner, di saper disegnare traiettorie difficili anche solo da leggere, per i portieri. Figuriamoci da contenere. È stato lo stesso Dragowski a spiegare come e perché in un’intervista rilasciata nel postpartita: «È stato davvero bravissimo: guardando la posizione del piede sembrava stesse per crossare, e invece mette la porta nel mirino». Ecco, pensate per un attimo a come deve essersi sentito il portiere dello Spezia: ha avuto la velocità oculare e l’esperienza necessarie per capire che Sabiri aveva messo il piede per crossare, e poi invece ha tirato. E il pallone è finito in porta. Senza che lui potesse arrivarci. Senza che lui potesse far qualcosa, o incolparsi di qualcosa. Era così rassegnato e sconsolato dopo aver concesso quel gol perché ci sono delle volte in cui è proprio impossibile contenere il talento, e questa era una di quelle volte.