Come ha fatto la Formula Uno a fare un salto nel futuro

Dopo anni di noia, è cambiato tutto: il nuovo corso a firma Liberty Media ha modernizzato il circus sotto tutti i punti di vista. Facendone il riferimento per capire come cambierà l’intrattenimento sportivo in futuro.

Il 2022 è stato un anno fondamentale per la storia recente della Formula 1, arrivato al culmine di un profondo restyling pensato per ridefinire su più livelli l’immagine della principale classe motoristica. Quando, nel 2016, Liberty Media ne acquistò la proprietà, la Formula 1 sembrava infatti non essere ancora del tutto entrata nel nuovo millennio. Il precedente proprietario del circus, Bernie Ecclestone, l’aveva resa un circolo elitario, da ammirare per i suoi lussi e i suoi sfarzi più che per l’aspetto sportivo, ma la popolarità degli anni Ottanta e Novanta era ormai quasi del tutto svanita, complice anche l’assenza di grandi rivalità in grado di segnare un’epoca. Da molti anni ormai la Formula 1 era bollata da più parti come “noiosa”, con pochi possibili vincitori e corse quasi sempre scontate.

Gli americani di Liberty Media hanno deciso di puntare fin da subito sulla sostanza del proprio prodotto, iniziando da uno svecchiamento a livello di immagine. In questo senso è stato fondamentale il cambio di approccio ai social, utilizzati ora in maniera più smart e costante, ed è arrivata anche la collaborazione con Netflix per la serie tv Drive to Survive, che racconta – spesso in modo piuttosto romanzato, a dire il vero – i dietro le quinte dei Gran Premi, allo scopo di avvicinare i fan ai protagonisti e catturare anche un pubblico più giovane.

Per completare questo obiettivo, c’era però bisogno di una sostanziale rivoluzione tecnica, perché lo spettacolo doveva partire prima di tutto dalla pista, possibilmente dando più rilevanza al ruolo del piloti. I lavori di Liberty Media e FIA sono iniziati ben presto, ma i risultati si sono visti solo dalla stagione 2022, anche per colpa della pandemia che ha ritardato di un anno l’introduzione dei nuovi regolamenti. E si è trattato di una svolta epocale, tanto che Adrian Newey – uno dei più importanti progettisti di auto da corsa di tutti i tempi – l’ha definito «il più grande cambio tecnico degli ultimi 40 anni».

Innanzitutto, è stata cambiata radicalmente l’aerodinamica delle monoposto, con il ritorno del cosiddetto “effetto suolo” o “effetto Venturi”. I flussi aerodinamici ora non passano più lungo le ali, ma attraverso i condotti Venturi – ovvero quattro canali scavati sul fondo della monoposto, ai lati del pilota – con l’effetto di spingerla al suolo e garantire una maggiore velocità nelle curve più ampie. Introdotto per la prima volta negli anni Settanta, l’effetto suolo era poi stato messo al bando nel 1983 perché con la tecnologia dell’epoca era sufficiente che le auto si sollevassero di pochi millimetri perché decollassero, letteralmente. Il problema è stato ovviamente risolto, e il sistema permette ora di ridurre la turbolenza ed espone chi si trova in scia a minori disturbi aerodinamici: con il risultato che, a differenza che nel recente passato, le vetture possono restare incollate anche per molti giri agli scarichi degli avversari, senza perdere in efficienza e con un degrado degli pneumatici davvero minimo. Di conseguenza, si possono creare maggiori opportunità di sorpasso, sia con il DRS – l’alettone mobile che si apre in alcune parti prefissate del circuito per ottenere una scia più forte – che senza.

Per lo stesso motivo sono stati introdotti pneumatici più grandi, di 18 anziché 13 pollici, come quelli già utilizzati in Formula 2 – e più simili a quelli montati sulle comuni automobili stradali. Un diametro così grande comporta una minore sensibilità della gomma alle temperature e di conseguenza un minor degrado. Con l’aumento delle dimensioni degli pneumatici sono cambiate anche quelle dei freni, dagli 278 millimetri all’anteriore (e 266 al posteriore) del 2021 ai 328 millimetri (280) del 2022. Per migliorare ulteriormente l’aerodinamica delle vetture che si trovano in scia, le ruote sia anteriori che posteriori sono poi tappate da copricerchi. Non sono invece più ammesse appendici aerodinamiche verticali intorno alle ruote come le paratie, sostituite da una piccola ala che corre al di sopra degli pneumatici.

Sempre a proposito di gomme, è stata anche ridotta la temperatura delle termocoperte utilizzate dalle scuderie per tenerle in caldo, da 100 a 70 gradi: questo favorisce i piloti più bravi nella gestione, e aumenta dunque l’incidenza del fattore umano. È un punto su cui la nuova gestione conta contare, tanto da voler arrivare nei prossimi anni a una totale eliminazione delle termocoperte, che comporterebbe anche una riduzione dell’elettricità utilizzata durante i Gran Premi, a vantaggio di una maggiore sostenibilità.

Tutto questo ha portato a un netto aumento dei duelli in pista, a più incertezza nelle gare, ed è una cosa che ha fatto contenti i piloti fin dal primo Gran Premio della stagione, in Bahrein. Succede sia nelle posizioni di vertice che nelle retrovie, favorendo soprattutto quelli più bravi nel corpo a corpo, tra cui anche un veterano come Fernando Alonso, che sta correndo una delle sue migliori stagioni di sempre. Dopo il Gran Premio in Arabia Saudita, Charles Leclerc si è detto deluso ma anche divertito, nonostante il secondo posto alle spalle di Max Verstappen. Lo stesso pilota della Red Bull ha poi più volte elogiato i nuovi regolamenti tecnici, mentre il commentatore tecnico della Formula 1 su Sky Sport, Marc Gené, ha detto, in telecronaca: «Wow, sembra di vedere una gara di kart».

Se tutto questo è servito a rendere le corse più spettacolari, altre novità regolamentari sono state pensate per renderle più equilibrate, anche se questo è un obiettivo ancora lontano. Il budget cap imposto alle scuderie già dal 2021 è stato abbassato fino a 140 milioni di dollari – anche se poi il tetto è stato alzato nel corso della stagione a causa dell’inflazione – e andrà a diminuire ulteriormente nei prossimi anni. Per fare un confronto: nel recente passato scuderie come Ferrari e Mercedes sono arrivate a spendere quasi 400 milioni di dollari in una singola stagione. Parallelamente, sono aumentate le parti standard comuni a tutti i team, tra cui la scatola del cambio e il sistema di alimentazione del motore, oltre a varie componenti aerodinamiche come i cerchi delle ruote. Sono previste inoltre anche alcune parti “open source”, che possono essere sviluppate dai team in maniera collettiva, come nel caso dell’impianto sterzante e del meccanismo del DRS.

Il modello scelto da Liberty Media in queste soluzioni è evidente: la IndyCar Series americana, dove dal 2008 le scuderie acquistano telai, motori e pneumatici indicati dalla federazione, che si lega ai vari fornitori con contratti a cadenza triennale. A fare la differenza, in questo caso, sono le regolazioni meccaniche, le strategie e la bravura dei piloti. Soltanto nel 2021, per fare un esempio, nelle 16 gare del calendario si sono alternati 9 vincitori diversi, contro i 6 della Formula 1 (in 22 gare). Difficile che un tale sistema possa essere imposto ai team di Formula 1, nella quale la tradizione e l’autorità dei singoli costruttori è molto più forte – ve la immaginate una Ferrari motorizzata Mercedes o una Renault con propulsori Ford? – ma la direzione sembra perlopiù quella: tutto quello che può essere reso standard, pian piano lo diventerà.

Per il futuro, inoltre, la nuova proprietà americana sembra puntare molto su una maggiore sostenibilità del circus. Già da quest’anno il carburante utilizzato dai propulsori è composto al 90% da combustibili fossili (contro il 95% del 2021) e al 10% da etanolo, ma l’obiettivo è quello di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030, con una riduzione di emissioni gas-serra di almeno il 65%. Parallelamente, entro il 2025 si cercheranno di ridurre al minimo gli sprechi nel corso dei Gran Premi – proibendo per esempio l’uso di plastiche monouso nei box in favore di rifiuti biodegradabili o riciclabili – ma anche negli uffici e nelle fabbriche delle scuderie, con l’utilizzo di energie rinnovabili. Al tempo stesso si cercherà di diminuire gli spostamenti – incentivando ingegneri e strateghi a lavorare in remoto anziché dalla pista – e a spingere quando possibile per l’utilizzo di rotaie o strade anziché di mezzi aerei.

In quest’ottica, gli attuali motori resteranno congelati fino al 2025, in attesa dell’introduzione dall’anno successivo di un “super ibrido” in cui la parte elettrica aumenterà di tre volte passando dai 120 kW attuali a 350 kW, ovvero circa 480 cavalli motore in più. Così, se nel 2013 ci volevano 160 chilogrammi di benzina per completare un Gran Premio, nel 2026 ne basteranno 70. Più sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica, nel tentativo di attirare nuovi fornitori. Non è un caso che Audi tornerà in Formula 1 proprio a partire dal 2026, fornendo i propri motori alla scuderia svizzera Sauber, mentre Porsche negli ultimi mesi ha a lungo flirtato con Red Bull nel tentativo di rientrare nel circus a oltre 30 anni di distanza dall’ultima volta.

All’orizzonte ci sono poi altri possibili cambi regolamentari, in questo caso rivolti al lato sportivo, soprattutto nel tentativo di rendere le giornate precedenti alla domenica più interessanti per gli spettatori (e più remunerative per gli organizzatori). Nel 2021 in alcuni Gran Premi hanno già esordito le gare sprint al sabato, con lo spostamento delle qualifiche al venerdì, e sia Liberty Media che FIA vorrebbero aumentarle nei prossimi anni. Tra le ipotesi c’è anche quella di assegnare punti per le prove libere del venerdì, e periodicamente rispunta fuori anche l’idea di far partire le gare a griglie invertite – con l’autore della pole position dal fondo – in modo da incentivare le rimonte e di conseguenza lo spettacolo.

La Formula 1 della gestione Liberty Media si sta insomma muovendo in varie direzioni, sia in pista che fuori, con una maggiore attenzione ai cambiamenti del pubblico e del mondo circostante. E i risultati sono stati incoraggianti, con un costante aumento – e un ringiovanimento – degli spettatori. Il resto spetta a scuderie e piloti, nella speranza che la nuova generazione – da Max Verstappen a Charles Leclerc, passando per George Russell e Lando Norris – riesca a riaccendere bollori sopiti da tempo.

 

Foto di Francesco Nazardo