I tifosi, gli appassionati di calcio e anche gli analisti di questo sport costruiscono degli immaginari semplici e immediati che però, una volta sedimentati, diventano difficili da scalfire. Nicolò Barella, per esempio, è stato collocato nella galassia dei centrocampisti di corsa e sostanza, nel gruppo socio-antropologico dei motori di una squadra, come se la corsa, la resistenza e l’intelligenza tattica fossero le sue doti più cristalline. In parte è così, ovviamente, ma Nicolò Barella è anche altro. Da sempre. E in Inter-Salernitana l’ha dimostrato con un gol che è pura tecnica, pura qualità. Pura seta preziosa.
Siamo al minuto 58′ e l’Inter recupera il pallone in alto con Cahlanoglu, scambio con Mkhitaryan e Lautaro prima di indovinare un lancio lungo e teso e precisissimo verso Barella, che ha già attaccato l’area come una seconda punta, con un tempismo perfetto. Il lancio, come detto, è precisissimo ma è anche teso, e allora serve uno stop delicato per controllare il pallone, per non farlo rimbalzare sull’erba di San Siro e schizzare chissà dove. Barella questo stop lo esegue allungando la gamba destra e alzando la punta del piede, in pratica crea un angolo retto – o forse anche acuto – all’altezza della caviglia, così che la sfera possa impattare in quel punto e poi rallentare fino quasi a fermarsi, ad arrestarsi. È un’idea ambiziosa, ma alla fine paga: la palla rimbalza sull’arpione improvvisato di Barella e diventa docile, trattabile, manipolabile. Diventa di proprietà momentanea, ma assoluta, di Barella.
A quel punto un giocatore elementare cercherebbe di velocizzare la giocata il più possibile. O meglio: uno stop del genere è già una giocata meravigliosa, meglio non azzardare ancora e provare a chiudere subito l’azione. Barella, però, è anche altro. Da sempre. E allora completa il controllo con un tocco ulteriore, davvero geniale, col ginocchio sinistro; il cambio di gamba sembra un passo di danza, è elegante e rapidissimo, Pirola sta rientrando su di lui ma non può più neanche vedere il pallone e viene mandato completamente fuori tempo dalla sterzata di Barella, che con un saltino ritrova l’equilibrio e si coordina per calciare. Per calciare col sinistro, che in teoria sarebbe il suo piede debole, ma stavolta non si direbbe: colpo perfetto a chiudere l’angolo sul primo palo, troppo forte e troppo vicino perché Sepe possa avere delle responsabilità. La palla rimbalza sul terreno e poi fa un saltello verso la rete, infilandosi esattamente all’angolino.
Barella non esplode di gioia, non corre, sembra quasi non esultare. Si rifugia nella spalla di Lautaro Martínez, sembra voler tenere la testa bassa. I compagni lo sommergono, sembrano proteggerlo da qualcosa. Viene fuori da quell’abbraccio e sembra sollevato e anche un po’ triste, più che euforico:
L’Inter delle ultime partite è decisamente migliore di quella vista a inizio stagione. Di Barella – che effettivamente è il motore dei nerazzurri, perché costruire immaginari semplici e immediati non vuol dire sbagliarsi – si può dire la stessa cosa. E allora forse l’esultanza che non è un’esultanza, la gioia strozzata e il viso rabbuiato sono dovuti al fatto che Barella doveva uscire ed è finalmente uscito da un tunnel. Ha vissuto un momento complicato e ora quel momento sembra finito, visto come ha ricominciato a tessere la tela del gioco dell’Inter, a correre in lungo e in largo e a dispensare giocate di pura tecnica, di pura qualità. Di seta preziosa.
Anche a Barcellona Nicolò Barella aveva trasmesso la stessa sensazione di ritorno in atto, di recupero in via di completamento. Anche a Barcellona era arrivato un gol bello e significativo, su assist telecomandato di Bastoni, solo che forse la platea incantata del Camp Nou aveva quasi imposto l’esultanza gridata a Barella, altro che un’espressione spenta dentro la spalla di Lautaro. Anche a Barcellona, esattamente come successo in occasione di Inter-Salernitana, Barella aveva dispensato movimenti intelligenti e continui, tocchi e percussioni di primo livello, una dose generosissima di fisicità e disciplina in ogni contrasto portato contro i giocolieri di Xavi, in ogni protezione del pallone. Insomma, Barella ha ricominciato a sciorinare di nuovo il suo repertorio di centrocampista box-to-box completissimo e bravissimo, a distillare un menu tecnico-tattico che offre infinite possibilità a Inzaghi e all’Inter, che ha fatto la fortuna di Mancini in Nazionale. Il vero Barella è di nuovo in città e sta trascinando l’Inter fuori dalle sabbie mobili in cui sembrava essersi impantanata, quando invece serviva solo che il suo motore ricominciasse a fare quello che sa fare meglio, ovvero tutto, per ricominciare a correre.