Il fascismo contro la prima squadra femminile italiana

Una storia ambientata a Milano, presente nel documentario Mussolini ha fatto anche cose buone? Propaganda di ieri e fake news di oggi, prodotto per Sky Documentaries, racconta l'inizio controverso del movimento femminile nel nostro Paese.

«Mia nonna e sua sorella, mia zia Wanda… Si chiamavano Brunilde mia nonna e Wanda la sorella, tenevano zia Wanda per il Milan e mia nonna per l’Inter, che allora si chiamava Ambrosiana, ed erano grandi appassionate». A parlare, seduto sulle gradinate dell’Arena civica di Milano, è Francesco Bacigalupo, nipote della calciatrice Brunilde Amodeo. I suoi ricordi di famiglia sono legati a due delle fondatrici della prima squadra di calcio femminile in Italia, il Gruppo Femminile Calcistico: nato a Milano nel 1932, costituitosi formalmente nel ’33 e rapidamente represso dal fascismo, dopo le sue prime apparizioni pubbliche.

La testimonianza di Bacigalupo arriva esattamente a metà del documentario Mussolini ha fatto anche cose buone? Propaganda di ieri e fake news di oggi, prodotto da 3D Produzioni per Sky Documentaries, diretto da Simona Risi e scritto da Luca Cambi e Pietro Suber. Il film, liberamente ispirato al libro di Francesco Filippi Mussolini ha fatto anche cose buone (Bollati Boringhieri), è andato in onda il 27 ottobre in anteprima assoluta su Sky Documentaries e rientra nelle molte iniziative che analizzano criticamente il centesimo anniversario della Marcia su Roma, che ricorre il 28 ottobre 2022.

Erano studentesse, impiegate, sartine, modiste queste giovani donne che inventarono il Gruppo femminile calcistico. Il 4 novembre 1932 in piazza Duomo a Milano Mussolini è accolto da una folla enorme nel quadro delle celebrazioni del decennale della Marcia su Roma e proprio in quel periodo questo gruppo di ragazze borghesi progetta qualcosa di semplice, ma al contempo di visionario. Non solo si uniscono, ma si organizzano: trovano un allenatore e un presidente, scrivono alla stampa per chiamare a raccolta altre appassionate anche da fuori città. E inizialmente, nella figura di Leandro Arpinati, presidente del Coni e della FIGC, uno dei dirigenti più in vista del Partito Nazionale Fascista, trovano anche un alleato.

«Il pubblico è limitato per ora a qualche maschio indiscreto, penetrato come topo di chiavica attraverso le maglie di una rigidissima sorveglianza». Parlando delle “Meazza in gonnella” si richiamano le misure volute dal presidente Coni Leandro Arpinati per il calcio femminile: partite concesse solo senza pubblico.

«Se Mussolini ha fatto una cosa veramente bene è stata la propaganda di se stesso», spiega Luca Cambi, autore del film insieme a Pietro Suber, che abbiamo raggiunto al telefono. «E quindi ci siamo detti, raccontiamo alcuni dei miti sul suo operato, come le bonifiche, le pensioni, la casa agli italiani, lui grande condottiero di guerra e poi in particolare le donne. Perché ci tenevamo molto a trasmettere il concetto che il fascismo ha bloccato l’emancipazione femminile. Perché dopo la Prima Guerra Mondiale, con l’accesso al lavoro, una prima borghesia femminile si va creando, le donne escono dal conflitto più moderne di come potremmo immaginarle. L’idea che questo sviluppo sia stato bloccato era per noi centrale». L’approfondimento di questa tesi è affidato al capitolo centrale del film Mussolini ha fatto anche cose buone?, sezione intitolata “Il Duce e le donne”. In questo capitolo il recupero della vicenda del Gfc si basa sul lavoro della giornalista del Corriere della Sera Federica Seneghini, che per Solferino editore nel 2020 ha pubblicato Giovinette. La calciatrici che sfidarono il Duce. È il romanzo che ha riportato alla luce la storia loro dimenticata, affiancando alla parte narrativa anche un saggio dello storico dello sport Marco Giani. E nel romanzo è riportata integralmente la lettera che le ragazze del Gfc decisero di inviare ai giornali per dare maggiore forza alla propria iniziativa.

Caro «Guerino»,
il gioco del calcio che appassiona così tanto le folle sportive non è coltivato, sia pure come esercizio ginnastico, dall’elemento femminile. In Francia, in Inghilterra, ci sono dei Clubs femminili bene organizzati e si svolge annualmente il campionato femminile. Perché non tentare anche fra noi qualche cosa? Le giovani donne italiane già praticano gli sports dell’atletica leggera, pallacanestro, il nuoto, il pattinaggio, lo sci, la scherma, il tennis, ecc., bene affermandosi. E perché allora non praticare il calcio? Un gruppo di tifosine hanno preso l’iniziativa di costituire un Gruppo di calciatrici. Tutto sarà proporzionato al sesso, il quale da questo sport dovrà trarre un vantaggio fisico. Nel concetto delle fondatrici, senza darsi delle arie, s’intende di praticare lo sport del calcio come esercizio fisico. Le adesioni gratuite si ricevono per scritto segnando nome, cognome, età, presso la signorina Losanna.

Marco Giani lo ritroviamo nel film, anche lui seduto sui gradoni dell’Arena. A chiarire come, prima ancora dei vincoli del regime, a bloccare l’iniziativa delle ragazze fu una stampa avversa: «Giornalisti ma soprattutto vignettisti le prendevano in giro senza pietà». La stessa stampa cui le giovani si erano rivolte per far crescere il proprio progetto. Fu fatale questa stampa avversa, frutto del protezionismo maschilistico in particolare del mondo del calcio. Ma fu fatale anche il cambio di direzione del Coni, che aveva dato un placet iniziale all’iniziativa con la condizione che «Ogni attività deve però svolgersi in privato, cioè su campi cintati e senza l’ammissione di pubblico». Il benestare era arrivato direttamente dal presidente Arpinati, dirigente sportivo all’avanguardia. L’esperimento era ammesso ma alle ragazze fu chiesto anche di presentare un certificato medico per assicurare che l’attività calcistica non ne compromettesse la fertilità.

L’11 giugno 1933 sul campo si affrontano GS Ambrosiano e GS Cinzano per la prima partita ufficiale organizzata dal Gruppo femminile calcistico

Le premesse non erano semplici, eppure finalmente nella domenica dell’11 giugno 1933, il Gfc organizza la prima partita ufficiale. Da una parte c’è il GS Ambrosiano e dall’altra il GS Cinzano, che vince dinanzi a oltre 1000 persone. Con l’avvicendamento tra Arpinati, il quale era troppo in vista per i gusti del Duce e viene quindi progressivamente marginalizzato, e la presidenza affidata ad Achille Starace, alle ragazze non rimane più speranza. Starace molto più di Arpinati è fedele a Mussolini: poiché le politiche del fascismo prevedono sempre più un ruolo domestico e marginale delle donne, l’accesso all’attività sportiva viene limitato. La squadra viene sciolta e ne viene vietata ogni forma di prosecuzione dell’attività. Dopo appena un anno di vita, il Gruppo femminile calcistico chiude.

Sono contraddizioni del potere di regime che il film Mussolini ha fatto anche cose buone? Propaganda di ieri e fake news di oggi racconta molto bene, facendo ricorso a oltre 40 tra testimonianze e resoconti di storici, molti dei quali di destra, con l’intenzione di avere un’analisi dei fatti quanto più lucida e imparziale. Testimonianze che nello sfatare il falso mito del fascismo come occasione di emancipazione femminile ricordano anche misure legislative durissime come quella del settembre del 1938, in parallelo alle leggi razziali, che impone il tetto massimo del 10% di donne lavoratrici nelle imprese private e nell’amministrazione pubblica. Bellissima la fotografia di questo documentario, segnato dalla grande cura dei dettagli, che potrebbe allargarsi ed esplodere in una serie a puntate che approfondisca ognuno dei capitoli in cui è organizzata la narrazione (e lo meriterebbe).

Un film che, per ciò che riguarda lo sport, ha il merito di riattualizzare una vicenda del calcio femminile che va ricordata. Gaetano Salvemini, nel saggio I partiti politici milanesi nel secolo XIX, scriveva: «Quel che oggi pensa Milano, domani lo penserà l’Italia». Una profezia che spesso si è avverata nella storia politica italiana, e che in questo caso è diventata un fatto anche per il calcio femminile. Per questo è importante ricordare anche che alle giocatrici del Gruppo femminile calcistico il Comune di Milano, con un’iniziativa sollecitata proprio dal lavoro della giornalista Federica Seneghini, abbia dedicato l’11 giugno del 2021 una strada all’interno di Parco Sempione.