C’è un lungo istante, mentre il pallone che ha appena calciato si insacca in rete dopo aver toccato il palo interno, in cui Nicolò Fagioli resta fermo a guardare ciò che è appena successo. Si vede chiaramente: la sua esultanza imbevuta di incredulità inizia solo dopo che la palla ha rimbalzato ben oltre la linea bianca alle spalle di Falcone. E allora è evidente che Nicolò Fagioli fosse incerto sull’esito del tiro, sul fatto che la sua conclusione fosse effettivamente finita in porta. È chiaro che il centrocampista della Juventus volesse accertarsi in maniera incontrovertibile di aver fatto gol – di averlo fatto in quel modo così bello e significativo – prima di far esplodere la sua gioia.
Non aveva tutti i torti, Fagioli: la traiettoria che ha disegnato col suo piede destro era difficile anche solo da immaginare. Per tanti motivi: intanto la palla parte e si infila in uno spazio stretto, davanti a Fagioli ci sono Gendrey e González che si incrociano e solo per pochi centimetri le loro gambe vengono scavalcate dalla sfera; poi l’effetto a rientrare restituisce l’impressione che la palla esca dallo specchio della porta prima di finirci dentro; infine l’impatto con il palo avviene in un punto renoto, inaccessibile per la stragrande maggioranza degli esseri umani sprovvisti di una scala, pochi millimetri più in basso rispetto alla traversa: per calciare la palla e metterla volontariamente lì, in allenamento, servirebbero almeno venti tentativi. Forse a Leo Messi ne basterebbero dodici o tredici, ma il senso non cambia molto, visto che Fagioli ci è riuscito al primo tentativo durante una partita vera. Visto che Fagioli ha 21 anni e ha accumulato solo cinque partite complessive di Serie A nel corso della sua carriera.
Il tiro è ovviamente accecante, è la parte più bella e indimenticabile dell’azione, ci mancherebbe altro. Anche quello che succede subito prima, però, è piuttosto importante, nel senso che amplia e completa il capolavoro: Fagioli legge lo spazio da attaccare e chiama il passaggio al portatore di palla, nella fattispecie Iling-Junior, con un certo anticipo; una volta ricevuto l’assist, stoppa la sfera col sinistro e con lo stesso tocco si gira dalla parte giusta, in pratica inizia già a coordinarsi per il tiro che scoccherà dopo pochi istanti; prima, però, fa un altro tocco prezioso, stavolta col destro, con l’interno del destro, ed è così che trova il movimento e il tempo perfetti per inarcarsi e lasciare andare la gamba, il piede, il pallone, verso un gol da favola.
Da vedere e rivedere
Nel calcio moderno e post-contemporaneo, il tiro a girare sul secondo palo è considerata un’espressione tecnica di enorme pregio, uno dei gesti più belli che si possano eseguire e quindi vedere durante una partita. Merito ovviamente di Alessandro Del Piero – che incidentalmente è il grande idolo di Fagioli – e di Arjen Robben e poi di Lorenzo Insigne, che negli ultimi trent’anni hanno mostrato e ripetuto questa giocata fino a imprimerla nella memoria collettiva, fino a darle lo status d’eccellenza che ha. Il fatto che Fagioli abbia segnato il primo gol in Serie A – e con la Juventus – in questo modo ha un peso simbolico importante, anche perché in realtà la sua vocazione sarebbe quella di organizzare e vivacizzare e al massimo rifinire il gioco offensivo, non certo di finalizzarlo in maniera così abbagliante. È come se fosse un’aggiunta, per di più di gran lusso, alle sue qualità reali e ipotetiche: da anni parliamo di Fagioli come di un talento creativo potenzialmente in grado di prendere in mano il centrocampo della Juve e poi anche della Nazionale, ora sappiamo che può anche fare gol di questo tipo. Che ha la tecnica necessaria per farlo, in certe circostanza. Ovviamente dovrà dimostrare di saper mantenere fede a certe premesse e a certe promesse, ma ecco, come dire: i primi segnali sono stati abbastanza incoraggianti.
In fondo la Juventus ha bisogno di questo: di una scossa tellurica di puro entusiasmo, di un qualcosa che dia spessore tecnico e anche prospettico a questo suo momento così interlocutorio. Fagioli è subentrato a Miretti e ha segnato quel gol su assist illuminante di Iling-Junior, lo stesso Iling-Junior che, a sua volta, aveva già fatto intravedere grandi qualità nel finale della gara di Lisbona, che poi è entrato a Lecce e al primo pallone giocato ha fatto un doppio passo e il passaggio decisivo dell’azione decisiva. Sembrano piccole cose e probabilmente lo sono, visto che la Juve è ben lontana dalla guarigione definitiva. Ma forse ora si è manifestato qualcosa – qualcuno – su cui provare a progettare e poi edificare la rivoluzione: Miretti, Iling-Junior e Fagioli, la loro qualità, la loro sfrontatezza, persino il fatto che si fermino per un istante ad ammirare i loro capolavori, prima di esultare. C’è un gol meraviglioso in tutte le sue parti a dimostrare che questa è la strada, che magari si può ripartire da certi giocatori, soprattutto da loro, per costruire il futuro.