Perché il Milan non ha ancora trovato il trequartista giusto?

La squadra di Pioli sembra rendere meglio con un centrocampista di quantità alle spalle della punta, in attesa dell'esplosione di De Ketelaere.

L’estate scorsa, ereditando la maglia numero 10 da Hakan Çalhanoglu, Brahim Díaz diventava il trequartista titolare del Milan. La società non era intervenuta sul mercato per sostituire il calciatore turco e Díaz, la cui riserva era l’acerbo Daniel Maldini, sembrava destinato alla stagione della definitiva consacrazione dopo aver dato un importante contributo — due gol e un assist nelle ultime quattro partite, tutte giocate da titolare — alla qualificazione in Champions League dell’anno precedente. Non è andata così: nel 2021/22 Brahim Díaz ha segnato solo tre gol, per altro tutti concentrati nelle prime sei giornate di campionato, tra agosto e settembre, e con il passare dei mesi la sua titolarità è stata messa sempre più in discussione. Nelle ultime undici partite di campionato, in cui il Milan ha legittimato lo scudetto con nove vittorie e due pareggi e solamente due gol subiti, Díaz è partito dal primo minuto in cinque occasioni, mentre nelle restanti sei il trequartista — o sarebbe meglio dire il centrocampista offensivo centrale nel modulo di Stefano Pioli, che numericamente possiamo definire come un 4-2-3-1 — è stato uno tra Franck Kessié e Rade Krunić.

Il 4 luglio, nella prima conferenza stampa della nuova stagione, all’allenatore del Milan è stato chiesto quale fosse la caratteristica che il mercato poteva aggiungere alla sua squadra. «Qualità», ha risposto Pioli, senza nemmeno pensarci, «perché ci è capitato soprattutto in certe partite con spazi più chiusi, con difese più bloccate, con squadre che ci aspettano, di avere qualche difficoltà in più. E quindi credo che in quelle partite lì una giocata individuale, un dribbling in più, un tiro in porta in più, possa servire». Così, per 35 milioni di euro, è arrivato dal Club Brugge Charles De Ketelaere, trequartista predestinato fin dai primi paragoni con Kakà più per i denti a paletta che per le caratteristiche tecniche.

De Ketelaere ha immediatamente superato Brahim Díaz nelle gerarchie, ha disputato il derby di inizio settembre da titolare (era solamente la seconda volta nell’undici di partenza dall’inizio della sua avventura al Milan, alla sua quinta presenza in assoluto) e, tra tocchi di classe e un comprensibile spaesamento da prime settimane in un nuovo campionato, ha servito solo un assist per Rafael Leão nel 2-0 al Bologna, faticando a garantire al Milan quella qualità richiesta dal suo allenatore in sede di mercato, ovvero quella mole di produzione offensiva in più necessaria a equilibrare il consapevole sbilanciamento di una squadra più votata all’attacco che in passato.

Nel periodo tra il derby e l’andata con il Chelsea in Champions League il Milan ha subito gol per sette partite consecutive, ma ancora a inizio ottobre Pioli rispondeva così a chi gli domandava se il Milan subisse più gol perché quest’anno è più offensivo: «Che siamo un po’ più offensivi è vero, perché qualche volta l’anno scorso abbiamo giocato con un centrocampista sulla trequarti, mentre adesso abbiamo un trequartista — che sia Charles [De Ketelaere], Brahim [Díaz] o Adli — sicuramente un po’ più offensivo. Ma non credo dipenda da questo, perché in tantissime situazioni siamo sempre in superiorità numerica e una squadra che può difendere bene deve interpretarle meglio». Nel frattempo, però, la sera di sabato primo ottobre, a Empoli, si è infortunato Alexis Saelemaekers, un’altra pedina molto importante per gli equilibri del Milan di Pioli (come si intuisce dalla sua heatmap della scorsa stagione, messa a confronto con quella dell’altra ala destra della squadra, Junior Messias), e per la sfida della settimana successiva contro la Juventus — il terzo scontro diretto del campionato, fondamentale dopo la vittoria contro l’Inter e la sconfitta contro il Napoli — l’allenatore rossonero ha rispolverato il trequartista di quantità, Tommaso Pobega. In quella partita il Milan è tornato a non subire gol. Anche mercoledì scorso, nel dentro o fuori di Champions League contro il Salisburgo, Pioli ha schierato Krunić in quella posizione: 4-0 e il tuttofare bosniaco ha persino segnato la rete del raddoppio di testa, su sponda di Olivier Giroud.

Da quando è arrivato al Milan, nell’esrtate 2019, Krunić ha accumulato 102 presenze e tre gol in tutte le competizioni (Alessandro Sabattini/Getty Images)

Finora in questa stagione il Milan ha disputato 19 partite ufficiali: dieci volte è sceso in campo con tutti e tre i calciatori dietro la punta prettamente offensivi (Messias, Díaz, De Ketelaere, Adli, Rebić o Leão), mentre nelle altre nove occasioni Pioli si è affidato ad almeno un giocatore d’equilibrio (Saelemaekers, Krunić o Pobega). Due dati saltano all’occhio: nel primo caso il Milan ha affrontato avversarie mediamente più facili (Udinese, Atalanta, Bologna, Inter, Sampdoria, Verona, Monza, Dinamo Zagabria al ritorno, Torino e Spezia), subendo undici gol, nel secondo il livello medio delle rivali era più alto (Sassuolo, Salisburgo, Dinamo Zagabria all’andata, Napoli, Empoli, Chelsea, Juventus, ancora il Chelsea e ancora il Salisburgo) ma il numero di gol subiti è stato inferiore, dieci. Non solo: il Milan ha ottenuto un clean sheet (porta imbattuta) in più nel secondo caso, due (Bologna e Dinamo Zagabria al ritorno) contro tre (Sassuolo, Juventus e Salisburgo al ritorno), addirittura con un incontro in meno.

La risposta breve alla domanda qual è il miglior trequartista per il Milan di Pioli? è dunque: dipende. In effetti è naturale che sia così: nessuna avversaria è uguale alle altre, ogni partita viene preparata in base alle caratteristiche proprie e della squadra da affrontare e Stefano Pioli sembra ormai aver scelto una formazione un po’ più offensiva (e accettato un minor equilibrio) quando il Milan è chiamato a fare la partita, soprattutto contro le cosiddette piccole, sperando in quella «giocata individuale in più» invocata il primo giorno di ritiro — e sabato sera contro lo Spezia Giroud è stato praticamente didascalico.

Allo stesso tempo, però, c’è una tendenza da non sottovalutare: quando l’intensità si alza, quando i tre punti in palio sono più pesanti rispetto ad altre situazioni, il Milan non può prescindere da un terzo centrocampista di quantità, e in questa rosa — in attesa di scoprire il belga Aster Vranckx, che finora ha solo assaggiato il campo, ma sembra avere le caratteristiche per giocare come finto trequartista — le uniche alternative possibili rispondono ai nomi di Krunić e Pobega. E questo potrebbe essere un problema, per i rossoneri: non perché Pioli non possa e non sappia risolverlo, perché a creare delle alternative tattiche dopotutto c’è già riuscito un anno fa e ci sta riuscendo ancora, ma perché in questo momento la richiesta di qualità da parte dell’allenatore del Milan continua a rimanere inevasa, e inevitabilmente il giocatore più in discussione è anche l’investimento più oneroso del mercato estivo, a sua volta scavalcato nelle gerarchie da Brahim Díaz e soprattutto da altri centrocampisti adattati in quel ruolo.