Il Qatar sta nascondendo la birra ai Mondiali, e per la FIFA è un problema

Budweiser è uno degli sponsor del torneo, e ha versato molti soldi per avere l'esclusiva della vendita.

Da anni, ormai, tutto il mondo si chiede come sarebbe stato gestito il problema-birra ai Mondiali in Qatar. Nell’emirato l’alcol non è illegale, ma la vendita di bevande alcoliche è consentita solamente in alcuni ristoranti e in alcuni hotel un po’ più appartati, in modo che i consumatori non siano visibili da tutti i cittadini: una situazione decisamente discordante rispetto alle scene che siamo abituati a vedere in occasione dei grandi tornei internazionali di calcio, quando i tifosi si riuniscono in strada, vicino agli stadi, e bevono birra prima delle partite. La soluzione adottata per bypassare la situazione prevedeva che la birra poteva essere venduta nelle fan zone e in alcuni punti prestabiliti fuori dagli stadi, mentre i possessori dei biglietti, nell’area degli impianti, avrebbero potuto acquistarla solo prima del calcio d’inizio e dopo la fine della partita. Le cose, però, non sono andate nel verso giusto: secondo quanto riportato dal New York Times, tre persone interne all’organizzazione hanno confermato che la famiglia reale qatariota ha richiesto un ulteriore spostamento dei punti vendita della birra, in modo che la presenza della birra negli stadi fosse ulteriormente limitata. O, per meglio dire, nascosta.

Il punto è che la FIFA ha un accordo con Budweiser, marchio americano che sponsorizza questi punti vendita e ha l’esclusiva per la distribuzione della birra negli stadi. Proprio l’azienda proprietaria di Budweiser, Anheuser-Busch InBev, ha comunicato che «il nostro staff è stato messo al corrente del cambiamento solo il 12 novembre, otto giorni prima dell’inizio del torneo. E ora stiamo lavorando con la FIFA per trasferire i punti vendita in concessione nei luoghi indicati. Il nostro obiettivo è offrire la miglior esperienza possibile ai fan e ai consumatori». Insomma, siamo di fronte a un evidente conflitto di interessi: da una parte ci sono le tradizioni – a dir poco – conservatrici del Qatar, dall’altra c’è un’azienda che ha versato 75 milioni di euro per associare il proprio marchio alla Coppa del Mondo, e che è partner e fornitrice ufficiale del torneo fin dall’edizione 1986. E che finora non aveva mai vissuto questo tipo di problemi. Come spiega ancora il New York Times, lo spostamento dei punti vendita avverrà «in modo che siano nascosti ma non del tutto, così da soddisfare le richieste delle autorità senza pregiudicare il rapporto con uno sponsor piuttosto potente».

Nel reportage del quotidiano americano, firmato da Tariq Panja, si legge che «dietro questo cambiamento potrebbe esserci Jassim bin Hamad bin Khalifa al-Thani, fratello dell’emiro al potere del Qatar e membro della famiglia reale più attivo nell’organizzazione quotidiana del torneo», e che la sua richiesta «non fosse negoziabile». Di conseguenza, i tendoni e tutte le altre strutture con il marchio Budweiser sono state effettivamente spostate in luoghi diversi da quelli in cui erano state installate all’inizio. Interpellati sulla questione, i funzionari del comitato organizzatore hanno dichiarato che «i piani operativi sono ancora in fase di definizione». E il problema è proprio questo, visto che manca meno di una settimana all’inizio del torneo.