Il Qatar aveva promesso di permettere la cucina e le preghiere ebraiche, ma poi si è rimangiato la parola

Ai Mondiali 2022 non c'è possibilità di cuocere il cibo kosher e di riunirsi a professare la religione ebraica in luoghi pubblici, stando ad alcuni giornali.
di Redazione Undici 22 Novembre 2022 alle 13:11

Siamo al terzo giorno di Mondiali in Qatar, ma continuano a divampare le polemiche per quello che sta succedendo fuori dal campo. O meglio: nell’ultimo caso in particolare, si tratta di una promessa disattesa dalle autorità locali, quindi la crisi riguarda delle cose che sarebbero dovute accadere e invece non sono accadute. E sembra proprio che non accadranno. Ma andiamo con ordine: secondo quanto raccolto da diversi giornali mediorientali, tra cui il Jerusalem Post e il quotidiano indipendente Middle East Eyes, diverse associazioni ebraiche si sono lamentate dell’assenza di cibo kosher cotto e di preghiere pubbliche prima e dopo le partite in Qatar. Niente di nuovo, purtroppo, visto che era successa esattamente la stessa cosa con la vendita della birra: inizialmente il Qatar aveva promesso che la birra sarebbe stata disponibile in alcune zone esterne agli stadi, ma poi alla fine è stata bandita. A poche ore dall’inizio del torneo, tra l’altro.

Secondo quanto raccolto, il World Jewish Congress (WJC) ha affermato che in Qatar è stata vietata la vendita di di cibo kosher cotto; inoltre, le autorità e le forza dell’ordine hanno proibito – e stanno proibendo – agli ebrei di riunirsi per la preghiera pubblica che caratterizza la loro pratica religiosa. Ronald S. Lauder, presidente del WJC, si è detto «indignato» per quello che (non) sta succedendo nell’emirato: «La Coppa del Mondo dovrebbe servire da evento unificante per tutti gli appassionati di sport, indipendentemente dall’appartenenza religiosa. Per tanto, invito il Qatar a salvaguardare il diritto degli ebrei di seguire le partite e professare liberamente la propria fede». Il rappresentante di un’associazione intervistato dal Jerusalem Post ha raccontato che «ci erano stati promessi degli spazi di culto in cui poter organizzare le nostre preghiere pubbliche, ma poi si sono rimangiati la promessa spiegando che non avrebbero potuto garantire la nostra sicurezza». Ed è un problema piuttosto serio, visto che prima dei Mondiali si ipotizzava che i tifosi ebrei presenti in Qatar sarebbero stati circa 10mila.

Per quanto riguarda il cibo, pochi giorni fa il Jerusalem Post aveva annunciato l’apertura della prima cucina kosher in Qatar, proprio in vista dei Mondiali. Il rabbino Marc Schneier di New York, figura ebrea influente nel mondo musulmano, si era accordato con Mendy Chitrik, rabbino di Istanbul, per supervisionare la preparazione e la vendita dei piatti, a cominciare dai bagel. Nonostante questo annuncio, però, pare che al momento non ci sia più la possibilità di cuocere il cibo tipico ebraico in Qatar: Chitrik, raggiunto dal Jerusalem Post, ha detto che «piatti caldi e carne tipica ebraica saranno resi disponibili solo se nel Paese arriverà un nutrito gruppo di ebrei». Per tutta risposta, sempre secondo il JP, un gruppo di imprenditori ebrei americani ha deciso di rinunciare a un viaggio per seguire le partite, viaggio che era stato già organizzato in ogni dettaglio.

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