Il West Ham ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del calcio giapponese

I dirigenti della J-League hanno adottato i metodi del club londinese.

Quando si parla della crescita del movimento calcistico giapponese, si parte sempre dal contributo – enorme, è vero – dato da Captain Tsubasa, il manga/anime conosciuto in Italia come Holly e Benji che ha, di fatto, avvicinato il Paese al gioco e alla sua cultura. Ma c’è stato e c’è inevitabilmente anche qualcos’altro, qualcosa di più concreto rispetto alla passione per un fumetto diventato cartone animato: gli investimenti della Federazione nella J-League, la cui prima edizione risale al 1992; gli sforzi fatti per organizzare la Coppa del Mondo 2002 insieme con la Corea del Sud, una manifestazione che ha lasciato un’enorme eredità dal punto di vista delle infrastrutture ma anche del know how calcistico; l’influenza di alcune squadre europee, prima tra tutte il West Ham, nella creazione di una cultura basata sulla valorizzazione del talento.

Sì, esatto. Avete letto bene. Il West Ham ha un ruolo enorme, e perciò fondamentale, nello sviluppo calcistico del Giappone. Lo racconta The Athletic in questo articolo, che parte dalla figura di Terry Westley, l’ex capo dell’accademia del club londinese che ora lavora come direttore tecnico per la J-League. E che ha letteralmente costruito una nuova mentalità nel calcio nipponico, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dei giovani nella squadre professionistiche: «La cosa su cui abbiamo lavorato fin dall’inizio qui in Giappone», ha dichiarato, «è la tendenza a fidarsi dei ragazzi: qui non era contemplato l’inserimento di un 18enne nel turn over, ora invece le cose stanno cambiando. In meglio. C’è una crescita più veloce dei calciatori e quindi ci sono più margini di ritorno tecnico anche economico, rispetto alla loro carriera». Non a caso, viene da dire, giocatori come Tomiyasu e Ito sono sbarcati in Europa poco dopo aver compiuto vent’anni.

Il rapporto tra il calcio giapponese e il West Ham, però, non si limita a ciò che ha fatto e che sta facendo Westley. La storia è molto più articolata e quindi più profonda: nel 2016, infatti, il comitato tecnico della J-League ha viaggiato in tutta Europa per visitare i migliori settori giovanili del Vecchio Continente. Westley allora lavorava al West Ham – che nell’ambito del calcio inglese è soprannominato The Academy of Football, letteralmente l’Accademia del Calcio – e accolse i giapponesi a Londra per mostrargli il loro modo di lavorare. Ecco, quell’incontro fu un vero colpo di fulmine: i dirigenti nipponici rimasero a bocca aperta per la capacità, da parte dell’intero staff tecnico e dirigenziale dell’accademia, di concentrarsi sullo sviluppo individuale di ogni singolo calciatore. Secondo i funzionari della J-League, il problema del calcio giapponese era proprio l’uniformità del sistema di allenamento a partire dalle squadre giovanili, e desideravano dare una svolta in tal senso al loro lavoro. Due anni dopo, Westley e uno dei suoi collaboratori, Adam Raimes, sono stati assunti a tempo pieno dalla J-League: a Raimes è stato offerto il ruolo di direttore della pianificazione strategica.

Da lì in poi, anche grazie all’impulso costante di Misturu Marai, ex presidente della J-League per tre mandati fino all’inizio del 2022, è stato avviato il cosiddetto Project DNA, un programma di sviluppo a lungo termine inevitabilmente ispirato all’Élite Player Performance Plan che ha rivoluzionato – in meglio – il calcio inglese. L’idea di Murai era quella di creare un sistema in grado di formare giocatori e allenatori in maniera continua e sempre coerente, ma senza disperdere il patrimonio legato alle differenze – fisiche, tecniche, anche emotive – tra i vari profili. I risultati sono evidenti: 18 dei 26 calciatori convocati dal ct Moriyasu per i Mondiali in Qatar militano in squadre europee, la vittoria con la Germania resterà impressa nella storia del calcio giapponese, anche se poi la Nazionale non dovesse riuscire a qualificarsi per gli ottavi di finale. Dal punto di vista puramente fisico, i giocatori nipponici sembrano essere ancora lontani da quelli europei o africani, ma anche quest’altro processo in corso, proprio perché l’allenamento quotidiano ora si basa sulle caratteristiche dei singoli atleti, sta iniziando a dare i primi frutti. Il sostituto di Marai, Yoshikazu Nonomura, sta proseguendo in questa direzione che guarda all’Europa, all’Inghilterra, al West Ham, per inseguire uno sviluppo sostenibile.