Fabrizio Romano, nuovo imperatore del calciomercato

Intervista al giornalista che più di tutti, negli ultimi anni, ha cambiato il racconto delle trattative. Fino a diventare una media house, un brand fondato su tre parole chiave: Here We Go.

In Italia il calciomercato è più importante della politica. Le voci di corridoio sui trasferimenti, le intenzioni vere o presunte dei club, le dichiarazioni pubbliche dei calciatori attirano più della campagna elettorale, ormai derubricata a dissing e bisticci via Twitter tra capi di partito. Le elezioni e tutto il loro contorno meritano ancora le aperture dei giornali online e cartacei, ma il seguito giornaliero che hanno i protagonisti del calciomercato è irraggiungibile. I calciatori sono star globali, i club hanno brand riconoscibili in tutti i continenti, gli agenti hanno sempre più potere. E poi c’è chi lo racconta, questo enorme circo mediatico: Fabrizio Romano è un giornalista under 30 con 10 milioni di follower su Instagram e Twitter, numeri che lo hanno reso un volto riconoscibile a livello internazionale almeno quanto un aspirante presidente del Consiglio. La sua bolla si è estesa al punto da generare leggende sui suoi primi passi, come i personaggi dei fumetti. A 17 anni scrive per una piccola testata web e un pomeriggio lo contatta un giovane agente, vuole fargli pubblicare una storia su due gemme grezze della cantera del Barcellona che vorrebbe rappresentare: Mauro Icardi e Gerard Deulofeu. Ne nascono due brevi articoli e un rapporto di fiducia tra il cronista e la sua fonte. Quel seme piantato prima ancora che la carriera vera e propria possa iniziare porterà, qualche anno dopo, a due scoop ripresi dai giornali di tutta Italia: prima l’esclusiva sul trasferimento di Icardi alla Sampdoria, poi quella del passaggio all’Inter.

Sono i primi passi di un napoletano, classe ‘93, diventato sinonimo di calciomercato: “Fabrizio Romano” è quella ricerca che si fa, su Google o sui social, su qualsiasi piattaforma e dispositivo, per leggere le ultime notizie sui trasferimenti, più dei giornali o dei siti specializzati. Negli ultimi anni “Here We Go” è diventato il sigillo di ceralacca su un acquisto portato a termine, uno slogan internazionale comprensibile a chiunque mastichi un minimo la lingua plastica del calciomercato. È l’avviso con cui Fabrizio Romano suona la campana del villaggio e avverte tutti che quella voce sul trasferimento, quella che circolava da un po’, si è concretizzata. E allora il calciatore ha cambiato squadra. Tre parole che hanno contribuito
a rendere un giovane cronista una Media House individuale.

Quando la scorsa estate il Valencia ha concluso un accordo per l’acquisto di Marcos André dal Real Valladolid, il braccio marketing e comunicazione del club, VCF Media, ha cercato un modo originale per annunciare un trasferimento poco altisonante, che sembrava cosa fatta da diversi giorni. Il club ha contattato Fabrizio per chiedergli di presentare l’acquisto: poco dopo il Valencia ha pubblicato sui canali social un filmato con l’annuncio di Fabrizio Romano, il cambio di maglia e l’immancabile “Here We Go”. In pratica il Valencia ha chiesto a un giornalista di vestire i panni dell’influencer per raggiungere un pubblico più ampio del milione abbondante di utenti che seguono i profili social del club. L’operazione è stata già replicata da Watford, Augsburg e altri, fino al Toronto FC, che ha gli chiesto di annunciare l’approdo di Lorenzo Insigne nella Major League Soccer degli Stati Uniti. «Da napoletano, fare un video per annunciare Insigne è stata un’esperienza incredibile», dice Fabrizio Romano a Undici. «Questi momenti così singolari mi fanno fermare un attimo e riflettere sul divertimento che mi sta portando questo lavoro, e anche la visibilità che ne deriva. Poi ovviamente dietro le quinte è tutto molto più semplice: ricevo una mail o un messaggio, accetto, faccio un breve video e lo mando. Non c’è molto altro».

Il passaggio dalla quotidianità frenetica del cronista a quella ipertrofica dell’attore protagonista del calciomercato mondiale è stato insospettabilmente rapido, repentino, forse naturale, per Fabrizio. All’inizio c’era la voglia di seguire un percorso tradizionale nel giornalismo del web 2.0, collaborando con FC Inter News e Tuttomercatoweb. Poi è arrivato il passaggio in tv a Sky, accompagnato dalla creazione del sito specializzato sul fantacalcio, SOS Fanta. Qualche anno fa ha iniziato una collaborazione con il Guardian, affiancata da una partnership con il portale online 433 e più di recente anche con la CBS americana. «In questo percorso», racconta Fabrizio Romano «ho avuto la fortuna di capire molto presto che con i social sarei potuto andare oltre il mestiere del giornalista tradizionale di calciomercato, quello che già facevano tanti colleghi».

Le diverse piattaforme obbligano a scegliere format adeguati, hanno paletti e limiti, ma aprono un mondo di possibilità per la condivisione delle notizie. «All’inizio i social erano considerati solo un luogo in cui dare l’anticipazione di una news, perché si lavorava per la testata e basta. Invece hanno il potenziale per costruire una nuova identità giornalistica, una nuova strada», dice Fabrizio Romano, che infatti ama spaziare dall’immediatezza di Twitter – il social preferito, perché «la brevità e la tempestività della notizia hanno sempre un altro sapore» – all’estetica pop di Instagram, fino all’intrattenimento scanzonato dello streaming su Twitch, «che è esaltante perché lì faccio il mio lavoro normalmente, solo che ci sono migliaia di persone collegate in live».

L’anno scorso la notizia del passaggio di Cristiano Ronaldo dalla Juventus al Manchester United l’ha data proprio sulla piattaforma streaming di proprietà di Amazon, con 98mila persone connesse e un altro “Here We Go” in diretta: c’erano più persone collegate che in un’ipotetica sfida a Old Trafford nel North-West Derby con il Liverpool. Quest’anno, a fine agosto e a fine mercato, come la scorsa estate, ha fatto una live di 12 ore per seguire gli ultimi colpi, il modo migliore per raggiungere gli spettatori della Generazione Z, quella fetta di pubblico che molti presidenti di grandi club sembrano preoccupati di non riuscire a raggiungere con le partite.

Al Manchester United, Fabrizio Romano deve anche il boom dei suoi account social: c’entra il trasferimento di Bruno Fernandes dallo Sporting Club de Portugal, una notizia che è anche una lezione su come dare valore e importanza alle proprie fonti anziché seguire la massa. Durante l’estate del 2019 circolava la notizia di un trasferimento imminente del trequartista portoghese ai Red Devils. L’unico che continuava a smentirla, perché gli dicevano che non c’era nulla più di un banale interessamento, era proprio Fabrizio. Il trasferimento non si è fatto, almeno non in quella finestra di mercato. Solo a gennaio 2020 i club hanno raggiunto un accordo e Fabrizio ha condiviso per primo la notizia con la foto dell’agente e del calciatore in aereo, destinazione Manchester. Gli insulti che gli arrivavano dai tifosi del Manchester si sono trasformati in complimenti e scuse. «In quel momento ho capito che avrei potuto ampliare gli orizzonti, fare di questo tipo di notizie via social il core business del mio lavoro e andare oltre l’Italia: oggi il mercato estero occupa la maggior parte del mio tempo», spiega.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Fabrizio Romano (@fabriziorom)

Il calciomercato può dare assuefazione ai tifosi, anche più delle partite stesse. È un mondo che esiste in quel confine sfumato tra immaginazione e realtà, in cui i club fanno proposte, offerte, cercano di rinforzarsi con nuovi giocatori e finiscono per ingaggiare solo quelli che possono permettersi. In questo universo i tifosi sono disposti a credere a tutto, si aggrappano a ogni speranza, sogno, desiderio. E forse non è un caso che qui gli italiani siano due o tre passi avanti a tutti: l’inventore di questo tran tran mediatico sarebbe – secondo diverse fonti – un ex presidente del Palermo, Raimondo Lanza di Trabia, che nel dopoguerra lanciò la moda di ritrovarsi in un posto preciso per trattare i calciatori, discutere delle trattative e amplificare tutti i (pochi) rumors che potevano circolare all’epoca. Poi sono arrivati le bombe di Maurizio Mosca e i fantomatici scoop estivi dei quotidiani sportivi, che dovevano pur vendere qualche copia a campionato fermo. Insomma, dalle nostre parti c’è un know-how radicato in decenni di giornalismo sportivo. Ma da un po’ di tempo il tono è cambiato. «Prima si dicevano tante assurdità, c’erano storie gonfiate e meno cura della notizia, c’erano anche meno strumenti per verificare le informazioni», racconta Fabrizio Romano. A cambiare la rotta è stato Gianluca Di Marzio, che ha reso questa specializzazione del cronista più concreta, seria, affidabile. Ha creato una filiera delle notizie credibile, o quantomeno verosimile, facendo leva sui suoi contatti con i club e gli agenti dei calciatori. Il rischio di sbagliare c’è sempre, ma è cambiato, in meglio, il modo di trattare le fonti e il pubblico.

Negli ultimi anni il lavoro del giornalista di calciomercato è diventato anche più semplice, perché ci sono più professionisti dietro gli affari, dentro i club e tanti altri nelle agenzie che curano gli interessi dei calciatori: è più facile crearsi delle reti di persone affidabili che passano le informazioni. «Questo approccio», spiega Fabrizio Romano «ha portato a un livello di approfondimento impensabile solo 15 o 20 anni fa: oggi arriviamo a chiedere informazioni sui bonus, sulle clausole nei contratti dei giocatori, gli stipendi, quando faranno le visite mediche, avere le foto delle visite o della firma. È un’ossessione, partita da Gianluca Di Marzio, che si riflette sui tifosi: quando mi chiedono qualcosa non vogliono sapere se la loro squadra del cuore comprerà quel determinato attaccante, vogliono le cifre di spesa, la parte fissa e i bonus, dettagli infinitesimali». Questo modello poi è stato esportato anche all’estero, in maniera più istituzionale – tramite Sky – replicando lo schema italiano, e con la comunicazione internazionale e diffusa di Fabrizio Romano, grazie al suo intuito e all’uso duttile dei canali social.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Fabrizio Romano (@fabriziorom)

Oggi il calciomercato è un’industria globale che muove la macchina del calcio oltre i novanta minuti. Le notizie seguono schemi sempre nuovi e arrivano al pubblico da canali diversi ogni anno. «Ci sono molti modi di ricevere informazioni, il 90% dei casi è legato a intermediari, gli agenti che curano le operazioni e i dirigenti dei club. Poi c’è un 10% di variabili improbabili e imprevedibili», dice Fabrizio Romano. Una persona che vive in una qualsiasi città del mondo, che non segue il calcio e non lavora nel settore dell’informazione può essere una fonte valida se ha il giusto punto d’osservazione sui fatti. Un giorno di dicembre, nel 2020, una ragazza italiana che vive a Londra, distante dalle dinamiche delle notizie di calciomercato, ha chiamato il suo amico Fabrizio Romano per dirgli che Fikayo Tomori sarebbe andato a vivere a Milano a inizio gennaio. «Sembrava strano, non le credevo», dice lui, dopotutto la notizia non esisteva ancora. Però lei insisteva: una sua amica conosce molto bene il difensore scuola Chelsea, conosce la sua famiglia ed era certa del trasloco imminente. Così Fabrizio si rivolge direttamente a casa Milan, spende del tempo a chiacchierare con le sue fonti e si trova di fronte interlocutori esterrefatti: «Ricordo la reazione dei dirigenti del Milan alla mia telefonata: non capivano come io potessi saperlo, perché lo sapevano soltanto il giocatore, il padre e i dirigenti del Milan. Sarà pure un banale modo di dire, ma le vie del calciomercato sono davvero infinite».

È già l’età dell’oro del calciomercato: questo settore ha attraversato, navigando sulla cresta dell’onda, la transizione del giornalismo nel passaggio al web 3.0, quello dominato dai social network. Sembra impossibile leggere in anticipo le future evoluzioni del mercato, ma se Fabrizio Romano è stato il primo a capire come valorizzare le notizie di calciomercato adattandole alle diverse piattaforme – come un prodotto liquido che può essere proposto in tutti i contenitori – allora forse i prossimi passi sono nel web 4.0, quella della realtà aumentata o virtuale, con i visori e tutto il resto. Il prossimo appuntamento per la live di fine mercato potrebbe essere nel metaverso. E a dire «Here We Go» sarà un avatar, probabilmente.

Da Undici n° 46