C’è una convinzione diffusa che, ormai, non può più essere messa in discussione: Rafael Leão è il miglior giocatore della Serie A. Non è tanto un discorso di numeri, di gol segnati o di assist serviti: c’entra soprattutto l’impressione che proietta in campo, sui compagni di squadra e certamente anche sugli avversari, quell’idea di pericolosità latente pronta a divampare da un momento all’altro. Quando il portoghese prende palla, che sia largo sulla fascia, al limite dell’area di rigore, per non parlare di quando può mettere in moto la sua velocità, qualcosa succederà, potete starne certi: è una superiorità tecnica che poi diventa superiorità mentale, e che Leão certamente padroneggia a proprio vantaggio.
La prova del portoghese contro la Salernitana è un distillato di tante cose, alcune appariscenti, altre meno – una di quelle prove che certificano la superiorità di cui stavamo parlando. Il Milan che dilaga nella prima parte di gara è in gran parte il risultato delle folate in lungo e in largo del suo giocatore principale, che nei primi quindici minuti fa davvero di tutto: prima si scatena in velocità, prendendo il tempo ai suoi avversari e facendo valere la sua fisicità, che è un altro tassello della sua crescita, prima di farsi bloccare da Ochoa; poi sblocca il risultato, con quel movimento intelligente a eludere il fuorigioco e a mettere fuori causa Ochoa, finalizzando da posizione non banale; ancora, è sempre lui a dare il la all’azione del 2-0, quando da fermo riesce ad accelerare – sembra uno di quei prototipi motoristici in grado di raggiungere la velocità massima in un batter d’occhi – e a lasciare sul posto l’avversario, con il pallone che poi la Salernitana non riuscirà più a liberare fino alla rete di Tonali.
Il dominio psico-tecnico di Leão, insomma, assomma tutto e si estende su tutto. Per questo, dicevamo prima, ha poco senso parlare dei numeri: l’influenza dell’attaccante del Milan va ben oltre, e si irradia a dismisura. Quello di Leão è anche un dominio della situazione, della giocata, del senso di fare la cosa migliore al momento giusto – una qualità che è di pochissimi. Un indizio ce lo dà attorno alla mezzora del match dell’Arechi, quando viene lanciato in profondità da Brahim Diaz: il controllo non è ottimale – non da Leão, ecco – ma la giocata successiva è sensazionale: dopo essersi allargato un filo rispetto alla porta, Leão con un colpo di tacco serve Giroud che, da ottima posizione, calcia addosso a Ochoa.
È un colpo da urlo, non tanto nell’esecuzione tecnica – il portoghese ci ha abituato a questo e altro – ma in quella cerebrale: Leão sente arrivare Giroud, ma non è soltanto una questione di scelta, visto che il francese, certamente, gli avrà urlato a gran voce di passargli il pallone, quanto una questione di padronanza dello spazio e del tempo – Leão che proprio in quel momento decide di servire Giroud, ed ecco il pallone arrivare con i tempi perfetti, pronto a essere colpito senza indugio. L’attaccante del Milan ha gli occhi dietro la testa? Così pare.
Gli highlights di Leão contro la Salernitana sono pieni zeppi di cose – in molti, per esempio, siamo rimasti ammirati dal trick con cui ha ammattito Daniliuc – ma questa giocata, in particolare, racconta qualcosa in più. Per esempio, l’idea di raccontare l’attaccante rossonero non più soltanto come un freak, come un calciatore capace di fare tantissime e bellissime cose nell’arco di una partita, come un prodotto da laboratorio concepito per surfare sul campo; Leão è a tutti gli effetti l’MVP della Serie A, e come tale il modo in cui distilla la propria classe si declina in tanti aspetti – tra cui, per esempio un quasi-assist che è da centrocampisti con qualità offensive (ricordate Guti?) piuttosto che da attaccanti a cui si chiede di finalizzare l’azione.
In fondo, è questo il bello dei campioni: fuoriuscire dalle categorie, inglobare quante più cose, e in particolare mettere la propria classe al servizio della squadra. Non c’è giocata di Leão fine a se stessa, o semplicemente barocca o di abbellimento: tutto è proiettato in una prospettiva concreta, per certi versi razionale. Il modo in cui gioca il portoghese potrebbe fare pensare ad altro – la fantasia, un certo joga bonito, per dirla nella sua lingua – ma in Leão, è certo, bellezza è equivalente di efficacia.