La crisi nerissima del Chelsea

Risultati poveri, gioco poco efficace, un nuovo manager e una nuova proprietà che sembrano sguazzare nel caos: erano anni che i Blues non vivevano un momento così difficile.

Uno dei giornalisti sportivi più influenti del mondo, Jonathan Wilson, l’aveva scritto in tempi non sospetti, prima di Capodanno: «Il Chelsea non può farsi molte illusioni: serviranno molto lavoro e molto tempo a Potter, sia in termini di reclutamento che sul campo di allenamento. Non ci sono soluzioni rapide, nel calcio ai massimi livelli». Nello stesso articolo, si parla dei Blues e del loro nuovo proprietario, Todd Boehly, come di soggetti ancora vittima di un’idea sbagliata: quella per cui basta il calciomercato per risolvere i problemi di un grande club. In effetti, andando indietro di qualche mese, all’estate 2022, si rileva che il Chelsea ha speso poco meno di 300 milioni milioni di euro per comprare i cartellini di Koulibaly, Wesley Fofana, Cucurella, Sterling, Chukwuemeka, Aubameyang, Zakaria; poi gli investimenti di gennaio hanno portato all’acquisto di Badiashile, Andrey Santos e David Fofana, per un investimento complessivo di 344 milioni. Il punto è proprio questo: nonostante tutte queste spese, il Chelsea sta vivendo una crisi nerissima, ha già cambiato allenatore – Tuchel, che tra l’altro aveva gestito o comunque ispirato il mercato estivo, è stato sostituito da Potter – e sembra lontanissimo da un rendimento quantomeno accettabile. Lo dicono i numeri, lo suggerisce la storia: il decimo posto nella classifica di Premier League, dietro a squadre come Fulham, Brighton e Brenford, si commenta da solo; la sconfitta contro il Manchester City ha sancito la prima eliminazione al terzo turno della FA Cup dal 1998; lo stesso City ha buttato fuori i Blues dalla League Cup ai 16esimi di finale della Coppa di Lega.

Mettendo insieme i risultati a cavallo della pausa e della ripresa legate ai Mondiali, viene fuori che il Chelsea ha vinto una sola partita delle ultime otto giocate in Premier League. La situazione non migliora molto se allarghiamo l’obiettivo a tutte le competizioni ufficiali: due gare vinte delle ultime nove. Con certi numeri, era impossibile che Graham Potter, arrivato a Stamford Bridge a settembre, non finisse sul banco degli imputati.  Molti tifosi, allo stadio e soprattutto sui social network, hanno invocato e stanno invocando il nome di Thomas Tuchel, rimasto travolto da quello che la nuova proprietà aveva presentato come «l’inizio di un cambiamento culturale, di un lungo periodo di transizione». Allo stesso tempo, anche i dirigenti sono stati criticati: nel corso dell’ultima partita persa contro il City, in FA Cup, i fan dei Blues hanno intonato un coro per Roman Abramovich. Non c’è tanto da stupirsi, in fondo: al netto dei suoi rapporti non proprio limpidissimi con Putin, e dei tantissimi errori di gestione e costruzione della squadra commessi nel corso della sua presidenza, l’oligarca russo è stato l’artefice di un ventennio d’oro per il Chelsea.

C’è da dire che la nostalgia per il passato recente, sia in panchina che in società, ha un peso importante nella valutazione di questo nuovo progetto. Di questo nuovo Chelsea. Che, giusto per essere chiari, sembra aver preso una direzione netta: come raccontano anche il Guardian The Athletic, il nuovo modello strategico e operativo si basa sull’acquisto di tanti giocatori giovani e potenzialmente talentuosi, e su un massiccio utilizzo dei dati statistici per individuare i profili giusti. Non a caso, viene da dire, i Blues hanno saccheggiato il Brighton, uno dei club più innovativi da questo punto di vista: oltre al manager Potter, anche Kyle Macaulay e Paul Winstanley si sono uniti all’organigramma costruito da Todd Boehly – nei ruoli, rispettivamente, di responsabile del reclutamento e direttore dei talenti e dei trasferimenti globali. Dal punto di vista tattico, Potter ha operato dei cambiamenti significativi rispetto all’era-Tuchel: dal suo arrivo, il Chelsea utilizza più spesso la difesa a quattro, fa possesso palla sfruttando molto l’ampiezza del campo, la spinta dei terzini, e in questo senso l’assenza di Reece James – infortunatosi al ginocchio a inizio ottobre – si è rivelata pesantissima. Ciò che preoccupa più di tutto, però, è la sterilità offensiva: il capocannoniere della squadra, Raheem Sterling, ha segnato solamente sei gol in tutte le competizioni; Havertz, Aubameyang e Borja, i tre giocatori più utilizzati nello slot di prima punta, non arrivano a dieci reti complessive, sempre considerando tutte le competizioni ufficiali; come spiega questa analisi tattica della partita contro il Nottingham Forest, pareggiata per 1-1, la squadra di Potter è quella che ha il peggior rapporto della Premier League tra gol segnati e gol attesi: questo vuol dire che il Chelsea produce anche una certa quantità di buone occasioni, ma poi fa fatica tantissimo a capitalizzarle.

Insomma, il Chelsea ha deciso di vivere una nuova era, ma non ha iniziato bene il suo percorso, la sua nuova vita. E il vero problema, come segnalato anche da Wilson nell’articolo citato all’inizio di questa analisi, è che la nuova proprietà pensa che la risoluzione dei problemi possa passare esclusivamente dal calciomercato. Lo dimostrano i movimenti – a dir poco – compulsivi fatti finora durante la finestra di gennaio: gli acquisti di Badiashile, Andrey Santos e David Fofana; la trattativa – a dir poco – controversa per prendere Enzo Fernández dal Benfica, che in questo momento sembra essersi arenata; l’ultima indiscrezione sull’arrivo di João Félix dall’Atlético Madrid, un’operazione che dovrebbe concretizzarsi con la formula del prestito e che aggiungerebbe un altro trequartista/seconda punta a una rosa che può già disporre di Mount, Havertz, Pulisic, Ziyech, Loftus-Cheek. Sì, è proprio quello che sembra: l’acquisto del portoghese aggiungerebbe ulteriore caos al caos che sembra caratterizzare e attanagliare il Chelsea, che ha portato a questa crisi così profonda, quando in fondo è passato solo un anno e mezzo da una grande vittoria in Champions League.