Tutto ciò che sappiamo – o che pensiamo di sapere – sulle trattative di calciomercato, almeno fino alla loro conclusione ufficiale, equivale a quello che una o più parti interessate nell’operazione vogliono rendere pubblico. Questo fatto non sminuisce il lavoro di quei giornalisti che divulgano e costruiscono certe notizie, anzi in qualche modo lo alimentano e lo avvalorano: oggi infatti succede spesso, praticamente sempre, che i tifosi e gli appassionati di tutto il mondo conoscano con largo anticipo ciò che verrà formalizzato solo alla chiusura dell’affare. Certo, a volte le cifre a monte, cioè quelle virtuali snocciolate durante il racconto della trattativa, risultano diverse da quelle a valle, cioè quelle reali. Ma spesso si tratta di distanze non così ampie. E allora possiamo dire e pensare, perché l’abbiamo letto, perché ce l’hanno raccontato, che il Chelsea abbia davvero presentato un’offerta da 127 milioni per rilevare il cartellino di Enzo Fernández, centrocampista sotto contratto con il Benfica. Un’ulteriore conferma di questa notizia si può rintracciare nelle parole e nei comportamenti di Roger Schmidt, attuale allenatore del club portoghese: da giorni, ormai, l’ex tecnico di Bayer Leverkusen e PSV parla solo e solamente di ciò che sta succedendo a Fernández, lo ha escluso dalla squadra e poi l’ha criticato pubblicamente per la sua decisione di volare in Argentina – e quindi di saltare diverse sessioni di allenamento con il suo club – senza autorizzazione, poi ha attaccato duramente il Chelsea, pur senza nominarlo direttamente ha detto che «stanno cercando di far impazzire il giocatore, fingono di voler pagare la clausola e poi dicono di voler trattare. È una mancanza di rispetto nei confronti del Benfica».
Tornando sempre al discorso sulle fughe di notizie relative al calciomercato, sappiamo – o meglio: ci hanno raccontato – che il Chelsea avrebbe effettivamente presentato un’offerta anche superiore al valore della clausola rescissoria presente nel contatto di Enzo Fernández, pari a 120 milioni di euro, ma che la loro proposta si basa su una dilazione più lunga del pagamento, cioè su quattro tranche spalmate nel corso del tempo, quando invece la clausola inserita nel contratto per essere attivata, richiederebbe il pagamento in un’unica soluzione – il classico tutto e subito. Ora, anche se diamo per incerta questa versione, la sostanza cambia poco, ed è questo il vero oggetto della riflessione: è giusto che il Chelsea, per acquistare Enzo Fernández, investa quella che in ogni caso diventerebbe la sesta cifra più alta mai spesa nella storia del calcio per un singolo atleta?
Al di là di tutta l’ammirazione che si può umanamente provare per Enzo Fernández, al di là dello studio approfondito che degli scout e/o dei conoscitori del calcio argentino avranno sicuramente fatto su di lui, uno dei talenti più promettenti sbocciati in tutto il Sud America negli ultimi anni, resta che Fernández è un giocatore con 24 presenze e tre gol nel calcio europeo, a cui vanno aggiunte dieci partite e una rete accumulate con la maglia della Nazionale maggiore; inoltre, si tratta di un calciatore ha giocato solamente due gare con l’Under 20 e che, di contro, ha vinto da protagonista una Copa Sudamericana (con il Defensa y Justicia) e poi un campionato argentino con il River Plate. Ecco, alla luce di questo storico, di una carriera così giovane, pensare a un prezzo di 127 o anche di 120 milioni può – deve? – apparire eccessivo, fuori luogo. Ed è proprio questo il punto: è sicuramente fuori luogo eppure non è un problema, visto che il Chelsea può permettersi di spendere certe cifre. E allora lo fa, o meglio: si dice pronto a farlo. È allora forze la mano perché il calciatore si impunti con il suo club, perché il suo obiettivo di mercato pretenda, con le parole e anche con i fatti, di essere ceduto.
La grande stortura di questa storia, però, non è neanche questa. Il Chelsea, infatti, ha un potere ancora più grande: può permettersi di sbagliare un investimento di 120 o di 127 milioni di euro. Non è per insinuare che l’acquisto di Fernández sia destinato a diventare un errore, un buco nell’acqua, ma il fatto è che il Chelsea, un anno e mezzo fa, ha speso una cifra leggermente inferiore – 113 milioni – per (ri)comprare il cartellino di Romelu Lukaku, e oggi Romelu Lukaku gioca in prestito all’Inter, è stato escluso dal progetto tecnico dei Blues senza alcuna conseguenza per il bilancio della società. Anzi, dopo una campagna acquisti da 344 milioni già spesi tra la sessione estiva e l’inizio di quella invernale, ora il Chelsea sta pianificando un altro colpo in entrata da 120 milioni di euro. Anzi: da 127 milioni, però pagabili in quattro anni.
Da questa stortura, a pioggia, ne discendono tante altre: l’eventuale arrivo di Enzo Fernández a Stamford Bridge dovrebbe inevitabilmente garantirgli un posto da titolare, e così Jorginho, Kovacic, Kanté, Zakaria e Gallagher – se vogliamo limitarci ai centrocampisti centrali puri, escludendo quindi gli adattabili come Mount e Loftus-Cheek –avrebbero meno spazio in campo; qualcuno di questi giocatori potrebbe decidere di lasciare il Chelsea, ma al tempo stesso pochissimi altri club al mondo potrebbero offrire loro uno stipendio anche solo paragonabile a quello garantitogli dai Blues. Allo stesso tempo, Fernández sarebbe sottoposto a un’enorme pressione, dovrebbe performare al massimo fin da subito, visto che il Chelsea non avrebbe alcun problema economico a rimpiazzarlo, anche tra sei mesi o tra un anno. Magari il centrocampista argentino è davvero pronto per fare la differenza in un club di primissimo piano e allora non avrebbe e non avrà alcun problema, ma nel caso in cui non lo fosse? Cosa succederebbe? Il Chelsea lo aspetterebbe? Coltiverebbe le sue doti in attesa che possano fiorire, in attesa che l’atleta e l’uomo possano adattarsi a un mondo completamente nuovo? Oppure lo scaricherebbe e acquisterebbe un altro Enzo Fernández, alimentando la sensazione che il calcio contemporaneo, soprattutto ai massimi livelli, sia diventato un vero e proprio tritacarne di talento?
È evidente che stiamo vivendo l’ennesimo capitolo di un romanzo ormai poco avvincente: quello incentrato su una Premier League bulimica, capace di dominare ma anche di drogare il calciomercato globale. Non che sia una cosa mai vista prima, in fondo la Serie A degli anni Novanta e poi i top club di tutta Europa si sono comportati e si comportano così da moltissimo tempo. Ora, però, la distanza tra i ricavi aggregati del calcio inglese e quelli delle altre leghe europee – secondo le rilevazioni della Deloitte Football Money League 2022, tra le venti società europee con il fatturato più alto ce ne sono addirittura dieci iscritte alla Premier League – hanno determinato la nascita e l’affermazione di un mercato quasi monodirezionale verso l’Inghilterra. E le uniche alternative sono rappresentate da quei pochissimi club che riescono a concorrere con le Big Six – Real Madrid, Bayern, PSG e poi Barcellona e Juventus, almeno fino all’inizio delle loro crisi finanziarie. Questa corsa ad accaparrarsi il talento, quello già manifestato e anche quello del futuro, finisce per cancellare o rendere brevissimi gli step intermedi. Il caso di Enzo Fernández, in questo senso, è emblematico: se dovesse davvero unirsi al Chelsea in questa finestra invernale di mercato, il suo passaggio al Benfica sarebbe durato solamente sei mesi. In passato, invece, i tantissimi campioni scovati o allevati dal club portoghese avevano una militanza più duratura prima di essere acquistati dai top club: Di María è rimasto a Lisbona per tre stagioni, le stesse passate da Rúben Dias nella squadra senior dopo il percorso di formazione nelle giovanili; Ederson ha difeso la porta degli Encarnados per due anni, gli stessi vissuti al Da Luz da Darwin Núñez prima di finire al Liverpool. E se parlare solo del Benfica restituisce la sensazione per cui il campione sia troppo ristretto, basta pensare alle operazioni concluse in passato con i vari Odegaard, Vinícius Júnior, Xavi Simons, Sancho, a quella relativa a Endrick, 16enne del Palmeiras per cui il Real Madrid ha investito 60 milioni di euro.
È evidente che stiamo vivendo un’esasperazione del concetto stesso di calciomercato: Enzo Fernández al Chelsea per 127 milioni è – sarebbe – un colpo prospettico che però non avrebbe alcuna prospettiva reale, perché non risponderebbe a nessun tipo di progettualità se non a quella per cui il talento va accumulato, prima ancora che razionalizzato. Intendiamoci: Fernández non c’entra nulla, è ovvio che il Chelsea avrebbe bisogno di un mediano come lui, di un centrocampista box-to-box in grado di organizzare e vivacizzare e rendere più dinamico il gioco di Potter. Il punto è che il neo campione del mondo rischia di diventare l’uomo-simbolo di una politica di reclutamento che in sostanza non ha limiti e che quindi non vuole neanche contemplare l’idea dell’attesa, della valutazione dei rischi e dei benefici a lungo termine. È un discorso che vale fino a un certo punto per le società, ma che riguarda soprattutto i calciatori, la loro carriera. Spesso, infatti, si tratta di ragazzi che vengono travolti da quotazioni e promesse troppo alte perché possano essere rispettate davvero, fino in fondo. Magari non sarà il caso di Enzo Fernández, ma pare proprio inevitabile che dopo di lui toccherà a qualcun altro, a cifre ancora più elevate. E il problema è proprio questo, in fondo.