Forse ci eravamo sbagliati con João Mário?

Al Benfica è diventato ciò che ci aspettavamo: un trequartista creativo e determinante in zona gol, pure in Champions League.

Anche se sembra assurdo, questa è solo la seconda stagione dopo la fine del rapporto lavorativo tra João Mário e l’Inter. Due anni fa, di questi tempi, il centrocampista portoghese giocava nello Sporting Lisbona ma era in prestito dalla società nerazzurra. Lo Sporting era la terza squadra a cui João Mário si era trasferito a titolo temporaneo dopo il West Ham – da gennaio a giugno 2018 – e la Lokomotiv Mosca – l’intera annata 2019/20. Perché stiamo raccontando tutto questo? Perché l’andamento di queste esperienze sembrava ed era in perfetta continuità con il poco e nulla fatto vedere da João Mário in Italia, con la maglia dell’Inter. Con una sensazione di mediocrità diffusa che si acuiva anche in relazione ai 45 milioni di euro investiti dal club nerazzurro per rilevare il suo cartellino dopo l’ottimo Europeo 2016, l’enorme attesa che si era scatenata intorno a questa operazione – conclusa contestualmente a quella per Gabigol, altro discreto affare da dimenticare. Ecco, ora prendete questa piccola storia di fallimento e ribaltatela completamente: solo così potrete avere e vedere il João Mário di oggi, uomo-simbolo del Benfica in Portogallo e in Champions League.

Il rigore trasformato ieri sera contro il Bruges è solo il pretesto per parlare di una stagione che ha del clamoroso: João Mário, infatti, è già a quota 17 gol stagionali in tutte le competizioni disputate. A questi vanno aggiunti ben nove assist decisivi. Qualche altro dato significativo: João Mário è il centrocampista che ha segnato più gol in Champions League; ha giocato tutte le partite stagionali da titolari tranne quella contro il Varzim in Coppa di Portogallo, nella quale comunque è subentrato nella ripresa; ha contribuito con un gol o un assist al 33% dei gol segnati da una squadra che si trova in testa al campionato portoghese, che ha vinto il suo girone di Champions davanti al Psg e che è a un passo dalla seconda qualificazione consecutiva ai quarti di finale della manifestazione più importante d’Europa. Insomma, parliamo di un calciatore centrale – anzi: fondamentale, decisivo – in una squadra di ottimo livello, esattamente ciò che ci aspettavamo dovesse diventare dopo i formidabili esordi con lo Sporting e la Nazionale portoghese, a metà dello scorso decennio. Prima del trasferimento all’Inter, insomma.

Poco dopo il passaggio alla Lokomotiv, João Mário aveva spiegato che le difficoltà vissute all’Inter erano legate al fatto che «non c’era stabilità, sono cambiati quattro allenatori e io avevo bisogno di giocare con regolarità». Cosa che, in effetti, è avvenuta piuttosto raramente negli anni vissuti davvero a Milano, prima con De Boer/Pioli e poi con Spalletti. E allora bastava dargli spazio e maggiori responsabilità per ottenere qualcosa in più, per vedere il calciatore che abbiamo ammirato e stiamo ammirando adesso, e che negli ultimi anni avevamo visto a sprazzi con la maglia del Portogallo? La risposta a questa domanda, ovviamente, non esiste. O meglio: è una risposta non definitiva, che non condanna e non assolve nessuno. È ovvio che una maggior fiducia, soprattutto a lungo termine, probabilmente avrebbe permesso a João Mário di esprimersi al meglio. Allo stesso modo, però, va detto che il centrocampista portoghese si è espresso al massimo sempre e solo in un dato contesto, sempre lo stesso: la Nazionale portoghese e/o una squadra del campionato portoghese. Questo non vuol dire che il Benfica di oggi – allenato da Roger Schmidt, tra l’altro – sia assimilabile allo Sporting di sette o nove anni fa o alla Seleçao di Fernando Santos, ma è vero pure che il ritmo, la fisicità e quindi la qualità assoluta delle squadre di Primeira Liga, o delle Nazionali affrontate dal Portogallo nei percorsi di qualificazione ai Mondiali o agli Europei, sia sempre piuttosto lineare. E lo stesso discorso vale per i suoi compagni di squadra. Insomma, João Mário si è rivelato – o magari è sempre stato – un giocatore capace di rendere bene solo in un certo sistema e in un certo contesto, che ha bisogno di riferimenti chiari e definiti, oltre che di essere considerato un pilastro.

Oggi, a 29 anni, João Mário è un trequartista che ha libertà di muoversi a tutto campo, che lavora benissimo il pallone negli spazi e poi si inserisce in area per finalizzare il gioco: un profilo che farebbe comodo a moltissime squadre, che forse doveva manifestarsi un po’ prima, a questi livelli, per poter aspirare a ricoprire lo stesso ruolo in un contesto più ambizioso. L’Inter di certo non ha saputo sfruttarlo nel modo giusto, e forse non ha saputo neanche aspettarlo; lui forse aveva bisogno di più tempo e di una fiducia posta in modo meno rigoroso, meno severo. Visto quello che sta succedendo adesso, forse sarebbe stato il caso di dargli una chance, magari alle sue condizioni. Magari la storia sarebbe cambiata, magari le cose sarebbero andate diversamente.