«In questi ultimi due anni il serbatoio dei portieri italiani ha ricominciato a riempirsi: ci sono ragazzi che hanno veramente grande qualità». Queste parole sono state pronunciate da Gianluigi Buffon in un’intervista rilasciata a Dazn lo scorso ottobre. Nulla di così strano o di così eclatante, se guardiamo alla storia: la scuola italiana dei portieri è sempre stata tra le migliori del mondo, per decenni ha sfornato quasi ininterrottamente degli atleti fantastici, degli esempi eccezionali di ordine, ritmo, armonia fisica e istinto. In Serie A la parata è diventata arte grazie ai voli plastici e spesso a mani nude di Albertosi, all’eleganza minimalista di Zoff, all’agilità felina di Zenga, ai rigori ipnotici di Toldo, fino ad arrivare all’esplosività senza eguali dello stesso Buffon. Insomma, ogni generazione di italiani ha avuto i propri portieri-simbolo, e l’ultimo della lista è Gianluigi Donnarumma. Solo che il numero uno del PSG e della Nazionale è una sorta di eccezione: l’egemonia in azzurro di Buffon e l’esplosione precocissima di Gigio hanno un po’ oscurato due decenni scarsi in cui i vivai italiani hanno fatto fatica a produrre dei portieri di alto livello.
Basta guardare agli anni recenti della Serie A, per rendersene conto: il polacco Szczesny ha ereditato la maglia di Buffon alla Juve, lo sloveno Handanovic si è preso sulle spalle l’Inter post-triplete, il Milan ha scelto – saggiamente – il francese Maignan per sostituire Donnarumma. E ancora: il portiere della Roma è Rui Patrício, l’Atalanta ha investito molti soldi su Juan Musso, un argentino scovato dall’Udinese. Poi c’è il Napoli, che per diverse stagioni ha vissuto immerso nel dualismo tra Meret e Ospina, e quasi tutti gli allenatori che si sono avvicendati sulla panchina azzurra hanno preferito il colombiano, più esperto e dunque – secondo una legge non scritta che vige sui campi di calcio italiani – più affidabile, soprattutto con i piedi. Nel frattempo, i vari Scuffet, Bardi e Leali, e questi sono solo alcuni dei portieri-meteora degli ultimi anni, hanno vissuto il peggior passaggio di stato possibile, per un calciatore: da predestinati a incompiuti.
Le parole di Buffon, però, suggeriscono che qualcosa sta cambiando. Che c’è una nuova generazione di portieri italiani di valore. I nomi sono quelli di Vicario (26 anni), Meret (25), Provedel (28), Di Gregorio (25), Falcone (27): tutti atleti, non per forza giovanissimi, che dopo anni di gavetta si stanno finalmente prendendo il palcoscenico della Serie A. Secondo Buffon, il portiere con più talento è Guglielmo Vicario dell’Empoli, al punto che potrebbe addirittura competere per diventare il numero uno della Nazionale. Forse perché si tratta di un estremo difensore atipico, che con il suo stile fa quasi da raccordo tra la vecchia e la nuova generazione: quando gioca sembra ancorato – in maniera anacronistica – alla linea di porta, ricorda i portieri di una volta, sempre un po’ impauriti quando c’era da abbandonare i pali. Vicario cammina su un filo sottile, lascia che siano avversari a fare le prime mosse, non a caso è il portiere in Serie A che staziona a minore distanza media dalla porta – secondo i dati di FBref. Nel suo modo di giocare, però, c’è anche qualcosa di moderno: quando copre lo specchio, lo fa utilizzando ogni parte del suo corpo, perfino i tacchetti degli scarpini – come in occasione del triplo salvataggio contro la Roma.
La verità è che non c’è una singola parata in grado di incapsulare l’essenza di Vicario: il portiere dell’Empoli ha un bagaglio tecnico completo. Lo ha mostrato, tra tutte, in un’anonima partita contro la Cremonese giocata a novembre, quando ha effettuato quattro interventi tutti decisivi, eppure molto diversi l’uno dall’altro. Sul primo, il cross di Sernicola può sorprendere (da lì ci si aspetterebbe una palla alta in mezzo), il colpo di testa di Buonaiuto è ravvicinato e la sfera prende un giro particolare. Quello di Vicario sembra un semplice riflesso, ma in realtà non lo è, visto che il portiere dell’Empoli recupera la posizione in pochi istanti, con due rapidi passi, riuscendo a respingere la sfera all’ultimo istante. Nella seconda parata c’è la sua dimensione moderna, condensata in una deviazione effettuata con i piedi, praticamente in spaccata. La terza è la più facile, ma comunque richiede grande intelligenza nello spostamento, nella coordinazione tra corpo, spazio e tempo. La quarta, infine, trasuda coraggio, abilità nell’uno-contro-uno e decisione.
E questo è solo uno dei grandi momenti vissuti da Vicario in questa stagione
Alex Meret ha riportato un portiere italiano in vetta alla Serie A dopo diversi anni. La sua è una storia particolare: fin dai tempi di Udine (dove è nato e cresciuto), tutti pensavano potesse essere il futuro portiere della Nazionale. Poi è crollato, è come se si fosse perso nell’eterno conflitto con se stesso, in quel conflitto che è costretto ad affrontare chi gioca in solitaria, come portieri e tennisti. Alla fine è riuscito a riprendersi la scena grazie alla fiducia di Spalletti. Un investimento ampiamente ripagato: se il Napoli sta dominando il campionato, non è solo per le finte e contro-finte di Kvaratskhelia o per lo strapotere di Osimhen, ma è anche grazie alle parate del suo portiere. Per per esempio quella sul quasi-autogol di Rrahmani durante la gara contro la Juve, quando il risultato era ancora sul 2-1 per il Napoli. A volte Meret pare quasi essere spaesato, ma quando la palla si avvicina alla sua porta si accende improvvisamente, la sua reazione ha un tempo brevissimo, è come quella di un centometrista dopo lo sparo. L’ha mostrato benissimo proprio quando ha dovuto togliere dalla porta la deviazione velenosa di Rrahmani: in una frazione di secondo, si è tuffato sulla sua destra e ha scacciato il pericolo di puro istinto. Il riflesso è talmente fluido e rapido che pare quasi riuscire a soffocare in gola l’urlo di paura dei tifosi, trasformandolo in un sospiro di sollievo.
Una parata bella e importante
Per numero di clean sheet in stagione, davanti a Meret (11) c’è Ivan Provedel (12) della Lazio. La scintilla tra Provedel e Sarri è scoccata quasi per caso: al settimo minuto della prima giornata della Serie A 2022/23, la Lazio è in campo contro il Bologna e l’estremo difensore dei biancocelesti, Luís Maximiano, viene espulso. Il tecnico toscano è costretto a mandare in campo Provedel, e da quel momento non l’ha più tirato fuori. Sarri si è innamorato di lui, arrivato dallo Spezia per fare da dodicesimo al titolare designato, per il suo coraggio, per quell’eleganza che ricorda un po’ il grande Lev Yashin – che, guarda caso, è amico del nonno di Provedel, che da parte di madre ha origini russe. Ciò che deve aver colpito l’allenatore della Lazio, però, è il suo approccio al ruolo: si può dire che Provedel, oggi, sia il massimo rappresentante italiano degli sweeper-keeper, quei portieri-liberi che sono a loro agio distanti dai pali, quando devono impostare palla al piede – non a caso, stando ai dati FBref, il numero uno della Lazio è al secondo posto in Serie A per l’altezza del posizionamento medio, cioè per la distanza che tiene dalla linea di porta.
In realtà le sue doti contemplano anche altro, come ha dimostrato due settimane fa, nella partita contro il Verona. Al minuto 56′, con il risultato sull’1-1, lo scozzese Doig riceve un pallone sul petto, abbandonato dalla difesa della Lazio, a pochi passi dall’area piccola. Il controllo è a seguire, così il pallone per qualche attimo si ritrova a vagare in una porzione di campo deserta tra il mancino in carica dell’esterno del Verona e lo sguardo attento del portiere. Quella è la terra di Provedel, che intelligentemente avanza di qualche metro, divorandosi il terreno, riducendo l’angolo di tiro di Doig. È così, grazie a questa uscita tempestiva, che il tiro dello scozzese viene smorzato e finisce in angolo. In situazioni del genere, quando la palla vaga senza padrone per l’area di rigore, Provedel è tra i migliori. Perché si muove rapido, in anticipo eppure composto, copre la porta con l’intero corpo ma anche con grande tecnica.
All’improvviso Doig si è visto assalire da una montagna, in pratica
Tra tutti i portieri della Serie A, però, il portiere con la percentuale più alta di parate non è Alex Meret (76.3%) né Ivan Provedel (77.8%): è Wladimiro Falcone, 26enne portiere del Lecce che in questo momento ha il 78.8%, alla prima stagione da titolare in Serie A. Ma cosa c’è alla base di questo rendimento eccezionale? Intanto la forza fisica: quando gli attaccanti si trovano davanti a Falcone, pare quasi che si trasformi in una montagna insormontabile, che oscura la porta, diventata minuscola alle sue spalle. La settimana scorsa, l’Atalanta ha dovuto fermarsi davanti a lui, vedendosi bloccare quasi ogni tentativo. Falcone riesce a far conciliare la sua imponente struttura fisica, è alto 195 centimetri, con una buona agilità, esaltandosi grazie a all’ottimo senso di posizione, che lo fa apparire sempre al posto giusto e al momento corretto. Così, si tuffa sul tiro mancino a incrociare di Muriel, rendendo semplice un intervento complicato. È preso in controtempo e con il corpo di Baschirotto davanti a sé, eppure manda a mano aperta la palla in calcio d’angolo. Pochi minuti prima aveva regalato all’Atalanta il gol dell’1-2 con una pessima giocata in fase di costruzione, ma ha saputo riscattarsi nel modo giusto.
Quella su Muriel e altre grandi parate di Falcone, contro l’Atalanta
Michele Di Gregorio, invece, è potenza pura. Quando si pensa di averlo battuto, ecco che le sue forti gambe gli permettono di darsi un grande slancio per raccogliere il pallone sul palo opposto, come se fossero molle pronte a farlo volare. Anche lui doveva passare una stagione in panchina alle spalle di un altro portiere, Cragno. Ma in campo, grazie a una serie di parate incredibili, ha sconvolto i piani del Monza. A fine gennaio, contro la Juventus, la grande prestazione di Di Gregorio è culminata in una parata eccezionale su Di María: la palla parte forte da fuori area, attraversando un mare di gambe tese; Di Gregorio, che non dovrebbe vedere il pallone se non quando è troppo tardi, riesce a smanacciare il pallone, a farlo sbattere sui cartelloni pubblicitari, nonostante parta completamente da fermo. Ed è proprio questo a renderlo uno degli estremi difensori più spettacolari, più belli da vedere del campionato.
Di Gregorio compilation
È evidente che la nuova generazione italiana di portieri, più o meno come quella gloriosa del passato, sia composta da atleti con caratteristiche differenti: Alex Meret è istintivo e bravo nel posizionamento; Michele Di Gregorio è straordinariamente esplosivo; Guglielmo Vicario è sospeso a metà tra passato e futuro; Ivan Provedel è quello con l’approccio più moderno; Wladimiro Falcone, con il suo fisico che ricorda quello di un cestista, sfida le leggi fisiche muovendosi come un ginnasta. Non saranno ancora all’altezza di Albertosi e Zoff e Buffon, ma hanno dato nuova linfa a una scuola che dava l’impressione di essersi fermata, in modo quasi irreparabile.