La ricchezza della Premier League – e del movimento inglese in generale – è tale da ribaltare anche l’assioma più inscalfibile del calcio: il dramma sportivo determinato da una retrocessione, quindi dal fallimento di una stagione e di un progetto sportivo. Sembra assurdo ma ci sono diversi elementi a supporto di questa tesi, e sono tutti in questo articolo pubblicato da The Athletic: si parla del Southampton ma non solo, visto che gran parte dell’analisi è trasversale, cioè può riguardare gran parte dei club di Premier League. Come detto in partenza, la questione è innanzitutto economica: il regolamento del campionato inglese prevede che i club retrocessi dopo una sola stagione nel massimo campionato incassino una cifra vicina ai 50 milioni di euro come paracadute, soldi che ovviamente vanno ad aggiungersi a quelli già ricavati dai diritti televisivi – il Norwich ultimo nel 2021/22 ha ricevuto 116,4 milioni di euro. Insomma, ci sono proprio tutte le risorse per far sì che l’impatto con una categoria inferiore non sia poi così disastroso. La conseguenza più immediata di tutto questo è che «praticamente tutte le squadre del campionato, a parte le Big Six e l’Everton (finora), sono state coinvolte nella lotta per la salvezza e alla fine sono retrocesse». E allora la risalita in Premier dopo la caduta in Championship diventa un evento abbastanza frequente: due delle tre squadre retrocesse alla fine della stagione 2019/20, Watford e Norwich City, sono state promosse al primo tentativo, mentre il Bournemouth si è preso un anno in più per tornare al piano di sopra; un anno dopo è stato il Fulham a retrocedere, e ora è tornato in Premier League; il Burnley, retrocesso pochi mesi fa, si trova saldamente in testa al torneo di seconda divisione.
Proprio il caso del Burnley permette di allargare l’analisi, di andare oltre i dati economici e statistici: The Athletic scrive che «ciò che è accaduto al Burnley mostra quanti e quali possono essere gli effetti benefici di una retrocessione: il nuovo allenatore, Vincent Kompany, ha avuto l’opportunità di ripartire da zero e ricostruire la squadra serenamente. E lo sta facendo a modo suo, cioè imponendo uno stile di gioco completamente diverso da quello del suo predecessore, Sean Dyche. Magari l’onda lunga di questo progetto permetterà al Burnley di stabilizzarsi in Premier League una volta conquistata la promozione». Lo stesso discorso è valso anche per l’Aston Villa: «Dopo la retrocessione del 2016», racconta The Athletic, «il club di Birmingham ci ha messo qualche stagione in più per trovare la sua strada. Ma poi Dean Smith e Jack Grealish hanno permesso ai tifosi dei Villans di essere di nuovo felici dopo dieci anni di negatività: una rivoluzione così profonda sarebbe stata possibile senza la caduta in Championship?».
Certo, un’eventuale retrocessione del Southampton sarebbe molto diversa, molto meno dura, rispetto a quella di altri club. L’Everton, per esempio: i Toffees hanno un parco giocatori molto più costoso, sono alle prese con la costruzione del nuovo stadio e da anni sono gestiti in modo economicamente non sostenibile, per non dire insensato, quindi una caduta in Championship potrebbe avere conseguenze molto dure. Le società che invece sono amministrate in modo lungimirante, e il Southampton è tra queste, potrebbero addirittura sfruttare la perdita della categoria per avviare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Qualcosa di migliore: «I Saints non sono una squadra di stelle che verrebbe fatta a pezzi. Inoltre hanno la seconda rosa più giovane della Premier League dopo quella dell’Arsenal. Insomma, stiamo parlando di un gruppo di giocatori che potrebbe fare quadrato e ripartire bene, anche dopo alcune cessioni, in un torneo meno competitivo. Certo, il miglior giocatore – il capitano James Ward-Prowse – ha 28 anni e potrebbe decidere di andar via. Non sarebbe così assurdo, però, se decidesse di restare e di provare a riportare subito il Southampton in Premier League, com’è successo a tante altre squadre retrocesse negli ultimi anni». L’unico punto non trattato da The Athletic nella sua analisi riguarda i tifosi: in quanti capirebbero, a Southampton o in qualsiasi altro luogo della Terra, che retrocedere potrebbe avere un effetto positivo? Pochi, pochissimi. Probabilmente nessuno.