Perché il calcio europeo fatica a produrre grandi centravanti?

Il grido d'allarme arriva dalla Premier, ma riguarda tutto il continente.

Le cifre extraterrestri di Erling Haaland e la spaventosa continuità realizzativa di Harry Kane stanno oscurando oscurando un problema piuttosto serio in Premier League: l’assenza di grandi centravanti puri, in grado di mettere insieme un buon bottino di gol realizzati. Basta scorrere la classifica marcatori per rendersene conto: il centravanti norvegese del Manchester City è a quota 27 gol, poi c’è il capitano del Tottenham a quota 18. Dietro di loro, ecco Toney (Brentford) e Rashford (Manchester United) a 14 gol; poi Mitrovic (Fulham) e Gabriel Martinelli (Arsenal) a quota 11; oltre a loro, in doppia cifra ci sono solo Almirón (Newcastle), Rodrigo (Leeds) e Saka (Arsenal). Stop, fine delle trasmissioni.

Esatto, non ci sono errori: solamente sette club della Premier League hanno in rosa un calciatore in grado di andare oltre i nove gol in gare di campionato. E alcuni di quelli che ci sono riusciti non sono proprio dei centravanti puri: Haaland e Kane lo sono, seppur in modo diverso, esattamente come Toney e Mitrovic; Rashford, Martinelli, Almirón, Rodrigo e Saka però hanno un dna diverso, sono stati e/o sono delle seconde punte o anche dei laterali offensivi, le loro caratteristiche fisiche e tecniche ben lontane dal vecchio idealtipo del numero 9, soprattutto quello a cui sono abituati gli appassionati inglesi. Certo, a questa lista mancano degli attaccanti che stanno vivendo un’annata deludente: Darwin Núñez, per esempio, ma anche Dominic Calvert-Lewin e Son Heung-min. Ma il problema resta, e riguarda soprattutto il calcio europeo.

Il Telegraph si è occupato di questa tendenza con questo articolo dal tono preoccupato. Anche perché vengono usate alcune dichiarazioni di Arsène Wenger risalenti al 2015: «L’Europa non produce più attaccanti», disse l’allora tecnico dell’Arsenal, raccontando che si trattava di un argomento ricorrente nelle riunioni tecniche organizzate dalla Uefa. Da allora, se vogliamo, le cose sono anche peggiorate. Se guardiamo alla classifica cannonieri delle Champions League giocate negli ultimi cinque anni, infatti, solo Haaland è riuscito a inserirsi nel dominio dei giocatori nati negli anni Ottanta, ovvero Ronaldo, Messi, Lewandowski e Benzema; nello stesso periodo, la Scarpa d’Oro della Premier League è stata vinta da Salah (tre volte), Aubameyang, Sané, Jamie Vardy, Harry Kane e Son Heung-min. Solo due europei: Vardy, che però è nato nel 1987; e Harry Kane, che però è… Harry Kane. Vale a dire un giocatore eccezionale che però, proprio in quanto tale, deve essere considerato un fuori serie. Un bug di produzione. Spostarci in altri Paesi non cambia la situazione. Anzi, le cose vanno anche peggio: l’Italia è da anni alla ricerca di un centravanti in grado di trascinare l’attacco della Nazionale, e lo stesso discorso vale per Spagna e Germania; in Francia, Deschamps ha dovuto richiamare Benzema e riciclare Giroud nelle ultime grandi competizioni internazionali.

Secondo il Telegraph, questa particolare dinamica calcistica – relativa alla tattica, al reclutamento, alla formazione – è strettamente legata alle teorie di Pep Guardiola, e all’impatto che hanno avuto sull’evoluzione del gioco: «Da quando il suo indimenticabile Barcellona ha fatto diventare alla moda i falsi nove e gli esterni tecnici e versatili, ogni allenatore di un club d’élite lo ha provato a imitarlo. E così gli attaccanti della vecchia scuola sono diventati una specie in via di estinzione», ha scritto Chris Bascombe. Ovviamente questo modo di vedere le cose è forzato, eccessivo, ma è anche abbastanza vicino alla realtà: non può essere tutta colpa di Guardiola, eppure tre delle squadre che comandano i top campionati europei – Arsenal, Bayern Monaco e Psg – giocano senza un centravanti puro; il Barcellona e il Napoli invece lo utilizzano, solo che Robert Lewandowki non è proprio giovanissimo e Victor Osimhen non è europeo.

In tutto questo, però, bisogna evidenziare una grande ironia, conclude il Telegraph. Guardiola, proprio Guardiola, è infatti andato oltre se stesso: «Ovviamente Pep ha già cambiato di nuovo le carte in tavola: sta lavorando con un centravanti tradizionale, solo turbo-jet, come Erling Haaland». Ora resta da capire se questa nuova virata, a opera dello stesso tecnico che ha segnato un’epoca andando in una direzione esattamente opposta, riporterà i centravanti puri al centro della scena. Magari, chissà, il matrimonio – già abbastanza riuscito, nonostante un po’ di timori iniziali –  tra Guardiola e Haaland darà dei nuovi impulsi al calcio europeo, avvierà una nuova ricerca di profili simili da parte dei top club, sul mercato ma anche tra i giovani ancora da formare. Perché forse – anzi: sicuramente – il problema inizia lì, nei vivai. Ed è lì che bisognerebbe intervenire.