Quando Gabriel Batistuta dominava la Champions League

Un estratto del libro Batistuta, l'ultimo centravanti, di Andrea Romano, edito da 66thand2nd.

Cammini verso la tua metà campo stando attento a non guardare mai verso l’arbitro. Anche se sai benissimo quello che hai combinato. Anche se sei consapevole che non te la caverai facilmente. Non sono passati neanche due minuti che già sei entrato in scivolata su Dixon. I tuoi tacchetti contro la cartilagine della sua caviglia sinistra. Il tuo stinco che picchia forte contro la sua tibia. Tu ti sei rialzato subito, ma lui è rimasto per terra per qualche secondo. Con la faccia nell’erba verde e le mani strette intorno alla gamba. Ti giri all’improvviso verso il signor Michel, giusto in tempo per vederlo armeggiare con il suo taccuino. Sai già che sarà clemente, eppure aspetti il verdetto con le mani sui fianchi e con il respiro pesante. Inspiri. Espiri. Inspiri. Espiri. Fino a quando lo slovacco non tira fuori dalla tasca il cartellino giallo. Tutto Wembley esplode in un rumoroso «olé», ma a te non interessa. Hai detto che avreste giocato a testa alta, che non vi sareste fatti intimorire dall’avversario. Ed è quello che stai dimostrando ai tuoi compagni. Sai che per tutta la partita dovrai pressare, recuperare, ripartire. In attesa che ti capiti il pallone buono da schiaffare dentro.

Lo scorrere del tempo erode le tue speranze. L’Arsenal brucia un’occasione dietro l’altra, ma stavolta non sbandate, non andate a fondo. A un quarto d’ora dalla fine Firicano soffia il pallone a Viera, poi dopo un paio di scambi Heinrich spinge il contropiede centralmente. Lo vedi avanzare fino alla trequarti, mentre tu ti allarghi sulla destra per ricevere il passaggio. È una questione di attimi. E di centimetri. Te lo ripeti anche quando vedi il pallone che rotola verso di te. Sei quasi al vertice destro dell’area di rigore, con i difensori in maglia rossa e bianca che stanno tornando per fare densità all’altezza del dischetto. Stoppi con il tuo piede naturale e te la porti in avanti col sinistro. Winterburn prova a chiudere con una scivolata, ma prima che possa avvicinarsi al pallone tu hai già calciato in porta. Il pallone si infila in un corridoio che nessuno avrebbe potuto vedere. Decolla dal tuo piede per superare le mani di Seaman, poi si abbassa proprio sotto la traversa. È un gol meraviglioso. È il gol che vi qualifica alla fase successiva. Anche perché poco più tardi Ljungberg centra il palo e quando la sfera torna in mezzo all’area Toldo compie una parata mostruosa su in tiro da dentro l’area piccola di Kanu. A fine partita rivedi la tua prodezza davanti alle telecamere. «È proprio un grande gol,» dici «mi auguro che questa vittoria sia importante per il futuro». E mentre ti allontani tutti sembrano essersi convinti della stessa idea. Tu sembri fatto per dominare la Champions League.

Il successo contro l’Arsenal rende ininfluente il ritorno contro il Barcellona. Al Franchi, senza Bati, la Fiorentina pareggia per 3-3. Poi l’urna stabilisce che la banda del Trap dovrà affrontare Valencia, Manchester United e Bordeaux nel secondo girone. È un verdetto pesante, ma la prova di Wembley è comunque cibo per l’autostima. Alla vigilia della partita contro lo United Trapattoni sorprende tutti. In conferenza stampa se ne esce ripescando una frase di Pier Capponi: «Voi suonate le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane». È una frase altamente simbolica, che richiama la Firenze che nel 1494 si ribellò all’assedio dei soldati francesi di Carlo VIII, ma è anche un pensiero in perfetto stile Trap. In effetti quella della Fiorentina è una piccola ribellione. Davanti si trova lo United campione d’Europa e che qualche giorno dopo potrebbe diventare campione del mondo. Ma questo non significa per forza partire sfavoriti.

Non fanno altro che ripetertelo. E anche con una certa insistenza. È un mese che non segni, è un mese che non sei determinante. Perché dopo Wembley non sei più riuscito a centrare la porta avversaria. Te lo sei sentito dire anche qualche minuto fa, prima di scendere in campo. Così ora te ne stai lì davanti a cercare di mandare in tilt il giropalla della squadra di Ferguson. Trapattoni è stato chiaro. Dovete aspettare e ripartire. Per tutta la partita. Al venticinquesimo vedi Roy Keane passare la palla all’indietro. È un suggerimento insensato. Perché taglia tutta la difesa del Manchester United senza trovare destinatario. Tu scatti avanti immediatamente. In cinque passi sei sul pallone, poi appena prima dell’area di rigore colpisci con il destro. È un tiro da videogioco, con il pallone che si allarga fino a uscire dallo specchio della porta per poi rientrare e insaccarsi vicino al palo. Mentre corri in avanti ti porti l’indice davanti alla bocca. Una volta. Due volte. Tre volte. Fino a quando non sei sicuro che tutti abbiano capito.

Il vantaggio non cambia molto la storia della partita. Voi costruite occasioni da gol. Lo United costruisce occasioni di gol. Osservi un pallone carambolare sui piedi di Repka e poi alzarsi fino a centrare l’incrocio dei pali della vostra porta. È il rischio più grande che correte. Poi nella ripresa vedi che la palla finisce fra i piedi di Berg, vicino alla linea del fallo laterale. È allora che corri veloce verso di lui. Prima che riesca ad accorgersene gli hai già sfilato il pallone. Mentre avanzi verso la linea di fondo vedi Balbo che taglia verso il centro. Non devi far altro che passargli il pallone e correre ad abbracciarlo. Perché con il destro ha appena segnato il gol che ha annichilito i campioni d’Europa.

Un estratto del libro Batistuta, l’ultimo centravantidi Andrea Romano, edito da 66thand2nd