Jack Grealish è molto più utile e molto più forte di quanto pensate

È diventato imprescindibile nel Manchester City di Guardiola senza rinunciare mai alla sua identità fuori dal campo.

Nel profilo Instagram di Jack Grealish due post su tre sono foto di partite o allenamenti, con le solite frasi motivazionali e un po’ di circostanza. Ci sono dei repost di BeReal scattati in spogliatoio al fianco di Phil Foden, di Erling Haaland, di Declan Rice in Nazionale. Non sembra un profilo molto diverso da quello di tanti altri calciatori. Poi però ci sono gli altri contenuti, quelli che contestualizzano la vita di Grealish fuori dal campo e dal calcio, la parte più interessante, quella che racconta molto bene il ragazzo accusato dagli haters di scarsa professionalità, di eccessi nella vita notturna, di atteggiamenti da clubber che stonano con l’immagine del calciatore devoto solo al dio pallone. Il 4 maggio Grealish ha pubblicato un breve reel, nella didascalia c’è scritto «DJ Grealo’s debut», nel video lui è alla console al fianco del DJ olandese Oliver Heldens: deve essere un piccolo sogno che si realizza per uno che ha ammesso di aver avuto come unico piano b – nel caso fosse andata male con il calcio – una vita da PR a Ibiza. La partnership l’ha messa su la società di scambio di criptovalute Okx, sponsor del kit di allenamento del Manchester City, con lo stesso Heldens: ne è venuto fuori un DJ set di 15 minuti nel metaverso di Okx, ambientato in uno stadio futuristico. 

Il Grealish che si vede in campo deve per forza essere una proiezione dell’uomo che esiste e vive nelle ore in cui non lavora, quindi di DJ Grealo. Jack è come se emanasse Beckham vibes in ogni situazione, sempre con il sorriso luccicante, i calzettoni abbassati e l’elastico che tira indietro i capelli esageratamente ingellati. E poi sembra vivere le partite di calcio come un ragazzino, sente l’aria aspettando il momento buono per affrontare il terzino avversario, saltella e porta a spasso il pallone trottando come un elegante cavallo da dressage, un Hannover purosangue. In un video di fine aprile pubblicato in collaborazione con l’account del Manchester City, Grealish dà la maglia a una tifosa sugli spalti, lei si gira verso la famiglia emozionata, in sottofondo John Fogerty canta “Proud Mary”, in un commento uno dei follower riconosce che Grealish sta finalmente giocando come uno che vale cento milioni di sterline, la cifra sborsata per portarlo all’Ethiad. La più alta di sempre per un giocatore inglese.

La realtà non deve essere molto distante dalla valutazione di quel tifoso: qui, per esempio, The Athletic ha scritto che Grealish è il vero MVP della stagione del City, anche più di Haaland. Dopo i Mondiali in Qatar, l’ex Aston Villa si è preso la scena, è diventato un titolare inamovibile nell’undici del City che ha recuperato tutto lo svantaggio sull’Arsenal e si avvicina alla vittoria dell’ennesima Premier League. La crescita rispetto al giocatore estroso ma poco incisivo della scorsa è evidente e non può avere una sola motivazione. Certamente ci sono aspetti tattici dietro questa trasformazione, deve aver aiutato il passaggio di João Cancelo al Bayern Monaco, che ha tolto un catalizzatore di palloni sulla fascia sinistra. Ma è solo una piccola parte del discorso. Per una fonte interna del Manchester City che ha parlato con il Telegraph la chiave sta nella gestione dei momenti cruciali, delle grandi partite: «Ha imparato a governare l’ansia e la pressione dei big match, una delle cose più difficili e più importanti quando arrivi in un club come questo».

Lo stesso Guardiola è entrato in quella fase in cui si innamora di un giocatore e non vuole più fare a meno di lui, non solo per quella innata capacità di attrarre due o tre avversari su di sé per creare spazio per sé e per i compagni – che Grealish potrebbe avere in qualsiasi contesto, anche tra vent’anni – ma perché ha aggiunto una disciplina tattica che sembrava impossibile da installare su quel software pieno di estro e fantasia. Il recupero su Salah che trovate qui sotto dovrebbe bastare come sintesi di un intero paragrafo speso a parlare della crescita delle sue statistiche difensive e di un’attenzione al posizionamento che prima non c’era – ma pure questo tackle su Son, tra l’altro dopo una corsa di qualche decina di metri, non è da meno.


A 27 anni Grealish ha raggiunto il picco della maturazione, è evidente che non diventerà un giocatore molto migliore di quanto non sia già ora. Ma al tempo stesso sta iniziando a esplorare parti del suo gioco che hanno più senso all’interno di un sistema complesso di altissimo livello. Lui stesso ha ammesso di percepire un cambiamento rispetto al primo anno a Manchester: una vita al Villa, dalle giovanili alla fascia da capitano, in una galassia eliocentrica in cui lui è il Sole, poi il trasferimento e il downgrade al ruolo di satellite nella squadra di De Bruyne e Bernardo Silva, di Gündogan e di Rodri, e poi anche di Haaland. Deve aver pesato anche lo stigma di uno che è stato pagato tutti quei soldi, in un mercato in cui i pari ruolo – o meglio, quelli che occupano la stessa posizione in campo, che è un’altra cosa – sono sempre spesso calciatori davvero eccezionali, campioni affermati come Kylian Mbappé e Vinícius Júnior, giocatori dal talento raffinato come Luis Díaz, Rafael Leao e Marcus Rashford, o giovanissimi con prospettive brillanti come Gabriel Martinelli e Kvicha Kvaratskhelia. 

In un’intervista di settembre rilasciata al Guardian, Grealish aveva dovuto specificare di sentirsi «un ragazzo normale», una frase così normale, appunto, da fare il giro e diventare originale, tant’è vero che è anche il titolo dell’articolo. Era appena iniziata la stagione, di Grealish si parlava soprattutto per le sue foto in vacanza, i cocktail, le serate – tutte cose che sarebbero normali per qualunque suo coetaneo in ferie. «Mi sento come se stessi facendo quello che fanno molti altri calciatori, ma a volte ricevo più attenzione quando sono in vacanza a Ibiza o Las Vegas», aveva detto. Più di recente l’ex Aston Villa ha raccontato un aneddoto che coinvolge Haaland: «Erling è il miglior professionista che io abbia mai visto. Fa di tutto, recupero, va in palestra, dieci ore di cure al giorno, bagni di ghiaccio, dieta. Giuro che non potrei mai essere così. Dopo una partita mi indica e mi dice “Ehi, non uscire stasera a fare festa”. Io gli rispondo di stare zitto e di andarsi a sedere nella sua vasca piena di ghiaccio. Siamo fatti così. Due persone diverse che stanno bene a modo loro».

Dopo aver vinto la Premier League un anno fa, in questa stagione Grealish ha messo insieme cinque gol. e11 assist decisivi in tutte le competizioni (Laurence Griffiths/Getty Images)

Finalmente nel 2023 Grealish ha trovato un modo per stare bene, a modo suo, nella squadra di Guardiola. Forse non sarà mai decisivo come Mbappé, Vinícius e gli altri esterni offensivi, ma questo è il miglior momento della carriera di Grealish e non ha dovuto barattare nulla di quell’aria da perenne ragazzino che lo ha reso il calciatore più commerciabile del Regno Unito dai tempi di Beckham. Nel frattempo, mentre si avvicinava a questo punto della carriera, Grealish si è fatto notare parecchio per le sue nuove collaborazioni con i brand. Ha lasciato la Nike per firmare con Puma, poi ha iniziato a lavorare con i marchi che gli permettono di sfruttare la sua immagine e divertirsi di più. Con Gucci ha iniziato una partnership poco più di un anno fa, un accordo a sette cifre, e a gennaio la maison lo ha portato su Roblox – il metaverso deve piacergli parecchio, anche se pare stia andando fuori moda – anzi, a Gucci Town, dove l’ala del City in formato avatar, sempre con la fascetta tra i capelli, interagisce con gli utenti e partecipa ad alcuni mini-giochi (provate a batterlo ai rigori). 

Grealish è l’esempio migliore dell’evoluzione del rapporto sempre più stretto tra calcio e moda. Per Gucci era un profilo perfetto anche l’anno scorso, quando le cose in campo non andavano benissimo, perché ha una tridimensionalità che gli permette di uscire dalla cornice dei novanta minuti di partita. E da qualche anno i brand della moda cercano un nuovo Beckham, ammesso che possa esistere, per costruire un personaggio sofisticato ed elegante, lontano dallo stereotipo del calciatore. È il percorso già tracciato da altre star di questa generazione, da Marcus Rashford con Burberry e Kylian Mbappé con Dior, attivi con iniziative sociali e politiche. Grealish, come Rashford e Mbappé, è la dimostrazione che se un calciatore ha una vita anche fuori dal campo, e non vive ogni giorno come un automa ossessionato dal pallone, in fondo, non è poi tanto male.