In Italia, il calcio femminile sta entrando in una nuova era

Un campionato dai valori più alti, tre squadre in Champions League e prospettive economiche sempre più intriganti.

Quello che ci siamo lasciati alle spalle è stato il primo campionato di calcio femminile professionistico e con dieci squadre, non più dodici. In Europa, la Serie A è la massima divisione col minor numero di squadre. È una scelta di pura praticità: il passaggio al professionismo ha quasi raddoppiato i costi per i club, non tutti sono state in grado di supportarli. Anche perché qui da noi i ricavi sono ancora minimi, se non inesistenti. Ed è questo il punto nodale del nuovo calcio femminile: manca ancora una reale sostenibilità, siamo ancora lontani da un sistema che si regge in piedi senza andare in perdita. La diminuzione del numero di squadre di Serie A ha anche cancellato le squadre-cuscinetto, lasciando solo quelle degne della categoria: mai come quest’anno, nonostante una Roma nettamente superiore a tutte le avversarie, abbiamo visto un campionato caratterizzato da partite aperte fino all’ultimo minuto.

A questo punto è lecito aspettarsi che i broadcaster siano finalmente attratti dal campionato. Proprio quest’estate ci sarà il nuovo bando per i diritti televisivi: gli introiti del futuro non dovrebbero essere alti come quelli dei club tedeschi e inglesi, ma saranno comunque un primo passo verso la tanto agognata sostenibilità. Al di là del professionismo, è da almeno cinque anni che tutto il sistema lavora per ottimizzare le infrastrutture in base alle linee guida richieste dalle “licenze nazionali”, quei requisiti che la Federazione richiede per l’iscrizione al campionato. E che riguardano, fra le altre cose, una qualità sempre più alta dei campi da gioco e la completezza degli staff.

Un altro segnale positivo si può anche ravvisare nella prima reale patrimonializzazione dei cartellini del calcio femminile: lo racconta il passaggio della giocatrice della Juventus Lina Hurtig all’Arsenal per 125 mila euro. Una cifra lontana anni luce da quelle a cui siamo abituati nel calcio maschile, ma che ci parla di mobilità e di desiderio di investimenti da parte delle società. Che, esattamente come quelle maschili, vogliono prendersi tutti gli spazi possibili: Vinai Venkatesham, Ceo dell’Arsenal Women, ha dichiarato che l’obiettivo futuro della sua squadra è arrivare a giocare tutte le partite, di Women Super League e di Champions, all’Emirates. Un obiettivo ambizioso ma non troppo distaccato dalla realtà, se si considera che nella stagione appena conclusasi la squadra londinese ha giocato otto partite di WSL proprio nello stadio dei colleghi uomini.

La dichiarazione di Venkatesham si basa anche sul fatto che l’Arsenal è anche stata la prima squadra a livello europeo arrivata a sostenersi economicamente in maniera autonoma, grazie in particolare agli introiti delle partite di Champions – generato un incasso vicino al milione di euro. Si tratta di eccezioni virtuose, molto lontane dagli ingressi gratuiti o a prezzi irrisori proposti dalle squadre italiane. A parte alcune eccezioni: la Roma, per esempio, ha un pubblico che già oggi è molto nutrito, quindi le prospettive potrebbero davvero portare la società a camminare sulle proprie gambe. La Serie A, è evidente, deve diventare un prodotto appetibile per i broadcaster sportivi. Visibilità significa investimenti, quindi crescita del movimento.

Un’occasione in più potrebbe arrivare dalla Champions League: per la prima volta nella storia, tre squadre italiane parteciperanno alla coppa europea più importante. Nel caso in cui la Roma campione d’Italia e le altre due formazioni dovessero qualificarsi al tabellone principale, si muoverebbe una maggiore quantità di denaro sotto forma di premi, e questi soldi potrebbero essere reinvestiti sul mercato. Per quello che ha fatto vedere in questa stagione, alla Roma basterebbero pochi aggiustamenti per fare davvero bene a livello europeo. Questo è uno dei temi più caldi per il futuro del calcio femminile italiano: la possibilità che le giallorosse aprano una nuova stagione di egemonia calcistica (come quella della Juventus degli ultimi anni), in grado di apportare nuova linfa anche alla Nazionale.

Da Undici n° 50