Dovremmo parlare dei grossi problemi dei Giochi di Parigi 2024

Arresti, scandali e violenze: le Olimpiadi del prossimo anno hanno gettato benzina sul fuoco di alcuni dei problemi più gravi della capitale francese.

Mancano meno di quattrocento giorni alle prossime Olimpiadi, e per ora il flusso di notizie racconta di inchieste per corruzione, senzatetto deportati, misure draconiane per la sicurezza, lavoratori in  nero che costruiscono palazzetti e impianti. Eppure le prossime Olimpiadi non si terranno in Qatar né in un’altra monarchia esotica: le ospita Parigi. Per la Francia è un appuntamento speciale dopo tante candidature finite male e, soprattutto, un’ultima edizione – quella del 2020 poi posticipata al 2021 – chiusa nella bolla di Tokyo a causa della pandemia. Ma all’inizio della settimana scorsa le principali agenzie di stampa internazionali hanno fatto sapere che la polizia francese ha disposto delle perquisizioni nella sede del comitato organizzatore dei Giochi, nell’ambito di un’inchiesta – aperta nel 2017 – per corruzione, potenziali conflitti di interesse, appropriazione indebita e favoritismi legati ai contratti pubblici.

La notizia non ha avuto la risonanza attesa, perché ormai è un refrain che ritorna puntualmente avvicinandosi alle Olimpiadi. Era successo a Tokyo, era successo a Rio, e in vista di Los Angeles 2028 sono già stati incriminati per corruzione quattro dei funzionari che avevano promosso e approvato la candidatura della città californiana. C’era stato anche uno scandalo relativo ai sistemi di sicurezza acquistati per Atene 2004, e ovviamente un occhio chiuso, o forse due, da parte del Comitato Olimpico Internazionale sul rispetto dei diritti umani in Russia e Cina, Paesi che hanno organizzato altre tre edizioni tra il 2008 e il 2022, considerando anche i Giochi invernali. Quindi è stato sufficiente aggiungere Parigi all’elenco per stare nel campo del been there, done that. Poi però l’Afp ha aggiunto che la perquisizione ha interessato anche gli uffici di Solideo, società incaricata delle costruzioni necessarie a ospitare alcune competizioni olimpiche. E mentre si svolgevano le indagini, proprio lo stesso giorno, dieci operai hanno portato in tribunale quattro colossi dell’edilizia per averli fatti lavorare in nero nei cantieri delle Olimpiadi.

Nel caso di Parigi l’intreccio tra problemi antichi e nuove criticità genera la tempesta perfetta nel capitolo su sicurezza e ordine pubblico. La cerimonia d’apertura sarà sulla Senna, non in uno stadio come da prassi. Ci si aspetta un pubblico di circa 600mila persone – 100mila con biglietto pagato e in prima linea, mezzo milione in secondo piano – e quindi questa folla andrà gestita insieme all’apprensione che può portare in un Paese più volte vittima di attacchi terroristici nella sua storia recente. Intanto il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha già fatto sapere che le spese per la sicurezza supereranno i 200 milioni di euro e che saranno mobilitati 40mila agenti di polizia.

Il punto è che il dispiegamento di forze dell’ordine, di per sé, non è sufficiente a garantire l’ordine pubblico: proprio la Francia lo ha dimostrato, suo malgrado, in occasione di un evento piuttosto recente. Poco più di un anno fa, infatti, il presidente francese Emmanuel Macron aveva approfittato dell’invasione russa dell’Ucraina per far riassegnare la sede della finale di Champions League, portandola da San Pietroburgo allo Stade de France di Saint-Denis. Doveva essere una prova generale in vista dei Giochi, ma è stata un disastro: alcuni spettatori inglesi con biglietto pagato sono rimasti all’esterno dello stadio e allontanati da nubi di gas lacrimogeno, altri senza biglietto hanno scavalcato i cancelli e bypassato ogni dispositivo di sicurezza, l’antisommossa ha sfoderato il meglio del suo arsenale repressivo sfruttando dei provvedimenti introdotti dopo gli attentati del 2015 (i poteri eccezionali alla polizia amministrativa sono stati prolungati e poi convertiti in legge). In più, poche settimane fa. il governo ha inasprito le pene per chi interrompe una manifestazione sportiva e permesso l’installazione in strada di telecamere in grado di riconoscere “situazioni pericolose” e “comportamenti sospetti” – anche se non si capisce cosa rientri in queste categorie.

L’arrivo di milioni di persone in un periodo di tempo ristretto non è solo un problema relativo alla sicurezza. Per Parigi vuol dire anche trovare una sistemazione a queste persone, posti letto che non ci sono: un enigma forse irrisolvibile in una città che vive una perenne emergenza abitativa, una delle più costose al mondo per i suoi residenti. L’avvicinarsi delle Olimpiadi preoccupa l’amministrazione cittadina e il comitato organizzatore, costringendoli a trovare disperatamente posti letto per chi vuole assistere dal vivo agli eventi. La prima idea sono state le residenze per studenti. Oltre tremila universitari sono già stati avvertiti che dovranno lasciare le loro stanze per i mesi estivi del 2024 – gli è stato detto che sarà trovato un alloggio sostitutivo, chissà se è vero. E secondo Le Monde molti proprietari di stanze messe in affitto su Airbnb hanno già triplicato la tariffa, perché tanto «francesi, svizzeri e americani vengono qui incuranti della spesa».

Se a qualcuno è venuto in mente di spostare gli studenti, qualcun altro deve aver pensato di spostare anche le persone migranti e senza fissa dimora, perché c’è sempre una categoria più fragile da colpire. Alcuni proprietari delle strutture ricettive dell’Île-de-France – la regione di Parigi – che venivano usate dal governo per ospitare senzatetto e migranti hanno chiesto al ministero delle Città e dell’Edilizia abitativa di liberare i posti letto per poter accogliere i turisti – perché garantiscono entrate maggiori. In risposta, il governo ha annunciato di volersi organizzare per spostare queste persone creando nuovi centri di accoglienza, temporanei e non. Pascal Brice, capo della Fédération des acteurs de la solidarité, un ente di beneficenza per i senzatetto, ha detto che «in linea di principio è bene distribuire l’accoglienza in tutta la Francia piuttosto che nelle strade della sola regione parigina». Poi però ha aggiunto che il rischio è quello di mettere le persone su un autobus solo per non prendersi più cura di loro. Non sarebbe la prima volta nella storia delle Olimpiadi.

«Il trasferimento sistemico degli “indesiderabili” è diventato parte dei Giochi tanto quanto le ridicole mascotte e il mucchio di enormi stadi che rimangono relativamente vuoti una volta che le loro due settimane di fama sono terminate», ha scritto Julie DiCaro su Deadspin. Nel 2008 Pechino ha deportato 1,5 milioni di persone; nei cinque anni precedenti alle Olimpiadi di Rio del 2016 il Brasile ha sgomberato circa 77mila residenti a basso reddito, e ha costretto i senzatetto a lasciare le zone turistiche. Nella sua newsletter S-Print, Emanuela Audisio ha ricordato che già nel 1996, ad Atlanta, si prevedeva come soluzione quella di offrire ai senzatetto un biglietto di autobus per una qualsiasi destinazione negli Stati Uniti. One way, solo andata, niente ritorno. Una deportazione gratuita, che in questi casi vuol dire a spese dei contribuenti. È un altro leitmotiv delle Olimpiadi: può assumere la forma di uno sgombero, a volte ha i tratti apparentemente più gentili della gentrificazione, ma la sostanza è che organizzare i Giochi senza una programmazione attenta e assennata della questione abitativa significa generare ricchezza a spese di categorie più deboli, creando emarginazione.

A Parigi la disperata e brutale ricerca di alloggi in vista delle Olimpiadi si innesta su un tessuto urbano e sociale già stravolto da investimenti immobiliari a scopo speculativo, e au una diffusione capillare di mini-affitti turistici come quelli di Airbnb – che hanno contribuito a sfondare i limiti dell’abitabilità. E, a proposito di Olimpiadi e Airbnb: il più famoso portale online degli affitti brevi nel 2019 ha firmato un accordo di sponsorizzazione di nove anni da 500 milioni di dollari con il Comitato Olimpico Internazionale per garantire il pernottamento di tutte le persone coinvolte, per ridurre i costi per gli organizzatori e degli azionisti, limitare il ricorso a costruzioni nuove e generare introiti diretti per le comunità locali e i cittadini. Solo che è sempre il solito discorso dei cittadini che sono tutti uguali ma qualcuno è più uguale degli altri. Peraltro in molti Paesi Airbnb gode di grosse agevolazioni fiscali – la Francia è uno di questi. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, vorrebbe eliminare questa scappatoia: «Faccio fatica a capire un trattamento così tanto favorevole, riformeremo le regole fiscali e farò delle proposte. Questo trattamento fiscale porta all’eccesso». Eccesso è la parola giusta. La gentrificazione esasperata, senza controllo, senza una direzione, senza regole è arrivata in tante città d’Europa, non solo a Parigi, non solo nelle capitali.

Una foto tratta dal reportage di Undici sulle periferie della capitale francese, intitolato “Parigi: la città del calcio”. Potete leggerlo cliccando qui (Renaud Bouchez)

Nella newsletter Ibérica, Roberta Cavaglià fa parlare una ex abitante italiana del quartiere Graça di Lisbona a proposito della trasformazione della zona: «Un giorno in strada mi è capitato di sentire la conversazione tra due vicine. Una delle due diceva che stavano mandando via tutti e che i prossimi sarebbero stati loro. Con loro intendeva l’altra signora originaria del Bangladesh e la sua famiglia. Anche io avevo la sensazione che da lì se ne sarebbero andati via tutti e che Lisbona sarebbe diventata un enorme Airbnb a cielo aperto». In Appugrundrisse (Minimum Fax, 2022), Paolo Mossetti descrive una Napoli in cui i precari culturali hanno messo a reddito gli appartamenti di famiglia, ma in in quel caso più che di gentrificazione si dovrebbe parlare di «economia della disperazione, dove le esigenze della nuova domanda di mercato vengono soddisfatte da impieghi informali, dequalificanti e sottoremunerati che garantiscono a quelli che fanno affari di mantenere basso il costo del lavoro». E hanno reso i Quartieri Spagnoli una selva di Airbnb in cui i panni stesi delle strade convivono con le insegne “Spritz a un euro”.

Non è un fenomeno esploso con la pandemia. Negli ultimi dieci anni in tutto il continente il prezzo di vendita delle case è aumentato del 30%, quello degli affitti di circa il 15%. A Parigi già nel 2019 l’amministrazione cittadina accusava Airbnb di aver provocato una carenza di affitti a lungo termine facendo aumentare i costi e costringendo la classe media ad andarsene. La sindaca Anne Hidalgo voleva «frenare Airbnb» e ha minacciato di «vietarlo in alcune zone del centro di Parigi». In realtà ha potuto poco: il centro ha visto decuplicarsi le unità attive su Airbnb, da 4mila a 40mila solo tra il 2012 e il 2015, e oggi sono circa 60mila (sul livello dei prezzi lasciamo stare).

La gentrificazione di ex quartieri popolari ha moltiplicato il numero di persone costrette a vivere in condizioni precarie o in convivenze involontarie, spostando sempre più lontano dai centri ampie fasce della popolazione. È successo in quasi tutte le città che hanno avuto un aumento del turismo e allo stesso tempo sono state travolte da investimenti esterni di fondi di speculazione, spesso fuori scala rispetto al mercato immobiliare locale. È accaduto ovunque, da Berlino a Barcellona, da Bologna a Milano, Napoli, Lisbona, Firenze e Amsterdam.

Lo spostamento su larga scala di migranti e senzatetto, così come lo sgombero degli studenti universitari dalle residenze a loro destinate, ci ricorda che le Olimpiadi, ancora per un anno abbondante, contribuiranno a esasperare all’inverosimile la crisi abitativa di Parigi, così come avvenuto a Pechino e Rio. La cerimonia di chiusura dell’11 agosto non si porterà via questi problemi. Nel 2028 i Giochi saranno a Los Angeles, e forse l’emergenza del mattone lì ha già assunto proporzioni che in Europa non sembrano nemmeno possibili.