Uno dei segreti del Manchester City è che sa cedere i giocatori al momento giusto

Ogni anno Pep Guardiola lascia andare uno dei senatori della sua squadra, senza troppi rimpianti.

Quando si racconta il successo del Manchester City, è inevitabile, si finisce per parlare sempre di calciomercato. Anzi, per la precisione: si finisce per parlare sempre di calciomercato in entrata, di soldi investiti per acquistare giocatori, di talento comprato a prezzi elevati. Non c’è nulla di sbagliato o di esagerato, lo dicono i numeri: dal 2008 a oggi, secondo le rilevazioni di Transfermarkt, i Citizens hanno speso 1,45 miliardi di euro al netto delle cessioni. Il fatto che sia la cifra più alta in assoluto, cioè tra tutti i club del mondo, dovrebbe avvalorare la tesi per cui il City ha costruito i suoi trionfi su un plafond enorme, per non dire infinito. La realtà, ovviamente, è più sfumata: dietro tutti questi acquisti c’è un grande lavoro di scouting e di pianificazione. Per esempio, basti pensare che, da quando è arrivato Guardiola (2016) fino alla sessione invernale 2023, il Manchester City ha comprato soltanto due giocatori che avevano già vinto la Champions League, ovvero Claudio Bravo e Danilo. Entrambi, nel frattempo, hanno lasciato l’Inghilterra.

Un altro aspetto interessante riguarda le cessioni, più precisamente il timing delle operazioni in uscita. L’ultimo caso è quello di Ilkay Gundogan, capitano e uomo-simbolo che ha accettato l’offerta del Barcellona dopo sette (meravigliose) stagioni a Manchester. Prima di lui, tanti altri grandi calciatori hanno lasciato Etihad Stadium quando il club ha deciso che fosse arrivato il momento, e a pensarci bene il momento è sempre stato quello giusto. Anche in questo caso i numeri e la storia sono piuttosto eloquenti: dal 2016 a oggi, ovvero sempre dall’inizio dell’era-Guardiola, ogni estate c’è stato un addio importante. Eccoli, i nomi: Joe Hart (2016), Pablo Zabaleta (2017), Yaya Touré (2018), Vincent Kompany (2019), David Silva (2020), Sergio Agüero (2021) e Fernandinho (2022). Ovviamente l’età è un fattore che ha un certo peso in certe decisioni: a parte Hart, 29 anni al momento del suo addio, tutti gli altri calciatori di questo elenco avevano superato i trent’anni quando hanno lasciato Manchester. Il punto, riflettendoci bene, è proprio questo: il City non si fa problemi a lasciare andare i suoi senatori. Anzi, in questo caso il termine senatori è addirittura riduttivo: esattamente come Gündogan, tre dei giocatori di cui abbiamo detto (Kompany, David Silva e Fernandinho) erano capitani al momento del loro addio.

Insomma, quando Pep Guardiola, il suo staff o anche gli stessi giocatori comprendono – e quindi decidono – che è il momento di cambiare, non c’è status e non c’è riconoscenza che tenga. Guardando com’è andata la carriera di tutti i calciatori che hanno lasciato il City, è chiaro che la scelta di separarsi sia stata quella giusta. Al netto del caso-limite di Agüero, fermato da gravi problemi di salute subito dopo il suo trasferimento al Barcellona, i vari Hart, Touré, Kompany, David Silva e Fernandinho hanno ridimensionato il loro status, le loro ambizioni. Gündogan continuerà a giocare ad alto livello nel Barcellona, quantomeno ci proverà. Il Manchester City, intanto, è già passato al talento successivo, ha già dato inizio a una nuova era. Dopo il primo Treble e la prima Champions, il centrocampista tedesco sarà sostituito da Mateo Kovacic. Un calciatore di quattro anni più giovane.