Il Brasile è arrivato ai Mondiali femminili con un aereo che supporta le proteste in Iran

Sull'apparecchio ci sono i volti di Masha Amiri e Amir Nasr Azadani.

Manca sempre meno all’inizio del Mondiale femminile di calcio 2023, in programma dal 20 luglio al 20 agosto in Australia e Nuova Zelanda. Diverse Nazionali stanno già arrivando in Oceania per prendere confidenza e adattarsi alle condizioni locali, e per continuare in loco la preparazione. Tra queste squadre c’è il Brasile, che avrà il suo quartier generale a Brisbane. L’atterraggio della Seleção ha fatto notizia: la Federcalcio brasiliana ha deciso di lanciare un messaggio di solidarietà nei confronti delle proteste scoppiate in Iran nell’ultimo anno. Sull’aereo utilizzato per il volo, infatti, erano impresse due scritte che recitavano «Nessuna donna dovrebbe essere costretta a coprirsi la testa» e «Nessun uomo dovrebbe essere impiccato per aver detto questo»; in coda, poi, c’erano le immagini di Masha Amini e Amir Nasr Azadani. Le due persone a cui facevano riferimento le frasi.

Diamo un po’ di contesto: Masha Amini era una ragazza di 22 anni, morta lo scorso anno in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato il velo nella maniera corretta. Dopo la sua morte, in tutto l’Iran si sono scatenate proteste e scontri piuttosto violenti con le forze dell’ordine, creando una sorta di movimento a cui hanno aderito anche diversi sportivi del paese. Tra questi c’era e c’è l’ex calciatore Amir Nasr Azadani, che si è schierato apertamente contro il governo iraniano e per questo è stato arrestato e successivamente condannato a 26 anni di carcere. Azadani, però, non è stato l’unico a schierarsi contro il regime dell’Iran dopo la morte di Masha Amini: anche Sardar Azmoun, calciatore del Bayern Leverkusen e leader della nazionale iraniana, ha espresso tutta la sua indignazione sui propri profili social, appena prima dell’inizio dell’ultimo Mondiale in Qatar. In un post su Instagram ha scritto: «Noi giocatori non possiamo esprimerci prima della fine di questo ritiro per via del regolamento interno della Nazionale, ma personalmente non sono più in grado di tollerare il silenzio. Possono anche escludermi dalla squadra: è un sacrificio che farei anche per una sola ciocca di capelli di una donna iraniana. Vergognatevi per la facilità con cui uccidete le persone. Lunga vita alle donne iraniane». Il post è stato rimosso quasi subito dopo la pubblicazione e l’account Instagram di Azmoun risultava svuotato di tutti i contenuti.

Tornando al Brasile, la squadra guidata da Pia Sundhage ha deciso di fare questo gesto – piuttosto eclatante, va detto – dopo che la FIFA non ha permesso ai capitani di indossare fasce arcobaleno o OneLove a sostegno dei diritti LGBTQ+. L’organo calcistico mondiale, infatti, ha concesso ai capitani delle squadre di poter portare una fascia diversa da quella standard per trasmettere messaggi sociali, ma non quella specifica per i diritti LGBTQ+. Il Brasile, però, ci teneva a dare un messaggio di forte impatto. L’ha spiegato Marta, simbolo della rappresentativa: «Dobbiamo renderci conto di quanto siamo fortunate a giocare un Mondiale, per me il sesto, e dell’enorme possibilità di trasmettere a tutto il mondo dei messaggi d’impatto sociale. Occorre capire che per noi è arrivato il momento di dar priorità ad altre cose più importanti, rispetto alle solite».