La scuola italiana ha ricominciato a produrre grandi portieri

Vicario, Meret, Carnesecchi, Falcone, Provedel: dietro Donnarumma, c'è l'imbarazzo della scelta.

«In questi ultimi due anni il serbatoio dei portieri italiani ha ricominciato a riempirsi: ci sono ragazzi che hanno veramente grande qualità». A pronunciare queste parole è stato Gianluigi Buffon, e forse c’è da fidarsi. Per chi è davvero pretenzioso e vuole toccare con mano, per chi vuol vedere con i propri occhi, allora basta riavvolgere il nastro del campionato che è appena finito. Nell’ordine: abbiamo di nuovo un portiere italiano titolare nella squadra che ha vinto il campionato (Alex Meret), un evento che non si verificava proprio dai tempi di Buffon; l’estremo difensore con la maggior percentuale di parate in rapporto ai tiri fronteggiati è ancora un italiano (Ivan Provedel, che supera il 77%); i portieri che hanno impressionato di più per il loro rendimento e per le loro qualità – l’istinto, i riflessi, la tendenza all’intervento acrobatico, l’autorità nella gestione della difesa, persino la disinvoltura palla al piede – sono sempre e comunque italiani, e si tratta di Guglielmo Vicario, Wladimiro Falcone, Michele Di Gregorio e Marco Carnesecchi – in ordine assolutamente sparso.

Insomma, ci sono delle buone notizie per Mancini. E non solo per lui: anche chi erediterà – tra uno, cinque, dieci anni – la panchina della Nazionale potrà contare su Donnarumma, che resta comunque un classe 1999 e il titolare di una delle squadre di club più forti del mondo, e su una batteria di alternative di grande valore. Sì perché magari Provedel (29 anni) e Falcone (28) non saranno più giovanissimi, ma tutti gli altri sono nati dopo il 1995; Carnesecchi è addirittura più giovane di Donnarumma, essendo nato il primo luglio del 2000.

La cosa più bella e più interessante in questa scuola di portieri è che non esiste un prototipo, parliamo di calciatori fisicamente e pure tecnicamente diversi, per come parano e per come approcciano al ruolo: Guglielmo Vicario, indicato da Buffon come «un portiere destinato a una big, e a un luminoso futuro in Nazionale», è forse quello più esplosivo e quindi più spettacolare nei pali, alcune suoi interventi hanno qualcosa di selvaggio o di paranormale, tanto sono impensabili al momento del tiro; Meret e Carnesecchi sono i più freddi e solidi, sanno usare i riflessi ma sono prodigiosi soprattutto nel posizionamento, nel comprendere come e dove mettersi per poter bloccare i tiri avversari; Di Gregorio e Falcone restituiscono l’impressione di essere grossi, ingombranti e quindi potenti, occupano la porta in larghezza ma sanno anche volare sui lati con grande rapidità; Provedel, infine, ha movenze da gatto ma ha anche grande qualità nell’anticipo lungo, nelle uscite e nella distribuzione del pallone, tutte caratteristiche tecniche – ma anche concettuali, viene da dire culturali – che l’hanno reso un fit perfetto nella Lazio di Maurizio Sarri.

Ognuno può scegliere il suo preferito, ma la scuola dei portieri italiani ha ripreso a essere una costellazione più vasta, con tanti punti luce sparsi in zone diverse del cielo. Ora, finalmente, abbiamo i dati e le evidenze e i volti e quindi i nomi che servivano per continuare a esserne sicuri.

Da Undici n° 50