La fragilità è il vero problema di Marco Verratti

Avrebbe avuto una carriera diversa senza i suoi frequenti problemi fisici?

Marco Verratti veleggia verso i 31 anni, li compirà il prossimo 5 novembre. Secondo le indiscrezioni di calciomercato, è possibile che la sua prossima festa di compleanno sarà ambientata in Arabia Saudita: pare che l’Al-Hilal gli abbia fatto un’offerta faraonica, di quelle che non si possono rifiutare (più di 50 milioni l’anno di ingaggio), ma il suo trasferimento nella Saudi Pro League non è ancora sicuro. In ogni caso, come scrive L’Équipe, pare che Verratti abbia già accettato la proposta arrivata dall’Arabia. Una notizia che, in qualche modo, ha aperto l’ennesimo forum internazionale – che coinvolge, cioè, Italia e Francia – sull’andamento e quindi sulla consistenza della sua carriera. Insomma, per dirla brutalmente: Marco Verratti ha dato e ottenuto tutto quello che poteva dare? Il suo palmarés e la valutazione che ne faranno i posteri sarà proporzionata alla sua qualità? A quanto ci aspettavamo da lui?

Ognuno di noi, che sia un analista, un fan di Verratti, un suo hater o un semplice appassionato di calcio, ha diritto ad avere una sua opinione personale sul calciatore. E sulle sue scelte professionali, prima tra tutte quella di emigrare al PSG senza aver disputato una sola partita di Serie A – Verratti si è trasferito in Francia nell’estate 2012, quando non aveva compiuto ancora vent’anni, all’indomani della bellissima promozione colta col suo Pescara. Anche in virtù di questa decisione così particolare, che in qualche modo l’ha reso subito uno dei talenti italiani più riconoscibili su scala internazionale, le aspettative su Verratti sono cresciute a dismisura. Fino a diventare pretese di grandezza assoluta. C’erano – e ci sono ancora – delle basi solide, per questa attesa: pochi calciatori, soprattutto italiani, hanno manifestato una qualità nello stretto, un’intelligenza tattica e un tempismo difensivo così elevati, così evidenti, fin dagli esordi. Insomma: Verratti sembrava avere tutto ciò che serviva per diventare il leader del PSG o anche di una squadra di livello ancora superiore, per diventare il padrone della Nazionale. E per vincere tanto. Anzi: tutto.

Non è andata proprio così, lo dice la storia. O meglio: Macro Verratti in effetti è diventato un uomo-simbolo del PSG e dei suoi trionfi ininterrotti nel calcio francese, è sempre stato titolare della Nazionale e ha vinto un Europeo da protagonista. Gli manca la Champions, sfumata solo in finale nel 2020; gli manca vissuto un Mondiale da protagonista, ma l’Italia non accede alla fase finale dal 2014, quindi solo in parte è colpa sua. E, soprattutto, gli è mancata una reale continuità di rendimento ai massimi livelli. Proprio da qui, però, bisogna partire per giudicare davvero Verratti. Perché questo tipo continuità si ottiene soltanto in un modo: giocando sempre. E invece Verratti è sempre stato un calciatore molto fragile. Ecco una grafica pubblicata da L’Équipe sul minutaggio accumulato da quando si è trasferito al PSG:

Basta leggere questi dati per rendersi conto che Verratti ha un evidente problema di fragilità fisica. Nella stagione in cui ha avuto meno problemi fisici, 2014/15, non è riuscito a toccare il 70% del minutaggio disponibile. E, tra il 2020 e il 2022, la situazione è come se fosse “precipitata”. Al di là dell’analisi puramente quantitativa, anche quella qualitativa – riferita, cioè, a quali partite ha saltato – chiarisce che Verratti non ha potuto dare il suo reale contributo, a causa dei frequenti infortuni. Se guardiamo alla Champions, per esempio, scopriamo che Verratti si è perso un ottavo ed entrambi i quarti di finale dell’edizione 2015/16, con il PSG eliminato proprio ai quarti dal Manchester City; il ritorno degli ottavi e il match dei quarti (in gara singola causa Covid) dell’edizione 2020, e poi è rientrato a mezzo servizio per la semifinale e la finale. Se invece guardiamo alla Nazionale, la sua presenza è stata ancora più intermittente: Verratti si è perso tutto l’Europeo 2016 a causa di un infortunio all’inguine, le prime due partite di Euro 2020 e le gare che hanno condannato gli Azzurri agli spareggi per qualificarsi a Qatar 2022 (Italia-Svizzera 1-1 e Nord Irlanda-Italia 0-0).

Tutto questo, solo per rimanere alle partite interamente perse per infortunio, quindi senza contare quelle disputate solo in parte, in condizioni fisiche deficitarie, o in ritardo di condizione a causa di problemi fisici. Se torniamo solo per un attimo ai numeri bruti, Transfermarkt dice che Verratti ha saltato un totale di 103 partite del PSG – ovviamente spalmate dal 2011 a oggi – per infortuni di varia natura. Si tratta di un numero importante. Certo, certe cifre non cambiano le cose: il giudizio sulla carriera di Verratti resta e resterà  sospeso, la storia non si scrive con i se e i ma. Allo stesso tempo, però, è chiaro che il suo fisico e la sfortuna hanno tolto delle occasioni al centrocampista italiano più rappresentativo degli ultimi dieci anni, hanno diminuito la sua possibilità di incidere in alcune grandi sfide e di essere sempre in condizione, e quindi di mostrare il suo (enorme) talento in modo continuo, quindi completo. Come dire: prima di emettere un giudizio definitivo sulla storia calcistica di Verratti, bisogna tener conto anche della sua fragilità. Sarebbe giusto, ecco.