Giada Greggi, il calcio prima di ogni cosa

Intervista alla giocatrice della Roma.

Se è vero che Roma è magica e che a un certo punto non sai più se i romani di Roma esistono oppure si sono persi, come i bolognesi di Guccini, è vero anche che può capitare che a Trieste si lamentino perché non capiscono la serie tv di Zerocalcare. È in questi casi che entra in scena Giada Greggi. Centrocampista, lunghi capelli biondi, un metro e 56 di romanità, con l’argento vivo addosso in mezzo al campo e con l’oro al collo quest’anno; due ori al collo per la precisione, lo Scudetto 2022/23 e la Supercoppa italiana. Giada i tratti del romanismo li ha tutti. Innanzitutto non ha mai, di fatto, cambiato maglia. Cresciuta nelle giovanili della Res Roma, forgiata a colpi di campionati Primavera, ha visto la Serie A ad appena 14 anni e nel 2018, quando l’AS Roma ha comprato il titolo della Res Roma, si è consacrata con la maglia della sua squadra del cuore. In cinque anni Giada ha vinto lo European Golden Girl 2019 – il premio per la migliore calciatrice Under 21 dell’anno nei maggiori campionati –, reagito al più classico degli infortuni, affrontando la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, e ha anche trovato il tempo di giocare all’Olimpico, in UEFA Women’s Champions League, contro il Barcellona che poi si sarebbe laureato campione d’Europa. Ora, a 23 anni compiuti, ha il primo grande appuntamento internazionale all’orizzonte.

Ⓤ: Sei nata a Roma nel 2000 e quando la Roma ha vinto il suo ultimo scudetto avevi un anno. Ti saresti mai aspettata di riportare proprio tu lo scudetto a Roma?

In realtà no, devo essere sincera. Infatti quando ho fatto il primo gol nel match-scudetto contro la Fiorentina è stata un’emozione grandissima: ho aperto la partita, abbiamo preso coraggio e alla fine questo ci ha portato alla vittoria.

Ⓤ:  C’è stato un momento in cui hai effettivamente capito che avreste vinto lo scudetto?

A essere sincera lo sentivo da dopo la Juve, quando avevamo fatto quella partitona. È stata una partita tosta che mi ha fatto capire che ce lo meritavamo tantissimo e infatti così è stato.

Ⓤ: Dopo un paio di stagioni di sfide con la Juve, avete ora voi in mano lo scettro della Serie A. Quanto è diventato difficile secondo te come campionato?

Il fatto che siano subentrate delle società professionistiche che hanno acquistato dei titoli ha reso il campionato più competitivo, anche perché sono anche arrivate giocatrici di livello internazionale. Sono venute nel campionato italiano e hanno alzato l’asticella, rendendolo appunto più competitivo. Possiamo dire che adesso, anche quando vai a giocare in casa di una squadra come il Como, che è una squadra giovanissima, è competitiva tanto quanto la prima in classifica. Alla fine direi che questo campionato è molto equilibrato ed è meglio così perché porta tante giocatrici ad alzare ogni anno il livello del torneo. Anche gli interessati alla Serie A sono aumentati.

Ⓤ: In generale il calcio femminile non è mai stato così seguito. Secondo te cosa è successo?

Il calcio femminile è cresciuto soprattutto dalla competizione del 2019 che ci ha dato una grande spinta e soprattutto visibilità. Tutto ciò ha portato anche tante bambine a entrare in questo mondo. Il movimento è cresciuto, soprattutto a livello di infrastrutture. Poi, è importante anche il fatto che sono subentrate società professionistiche. Come dicevo, tante straniere di livello alto hanno deciso di venire a giocare nel campionato italiano e lo hanno migliorato.

Ⓤ: In Italia siete ufficialmente professioniste da un anno. Tu quando hai iniziato a sentirti professionista?

Io ho cominciato a sentirmi professionista già da quando sono entrata nel mondo del calcio femminile, perché, pur essendo ancora una dilettante, consideravo il calcio come un lavoro. Era un impegno in cui mettevo tutta me stessa. Lo consideravo già uno sport professionistico.

Ⓤ: E quindi secondo te dal primo luglio 2022 non è cambiato nulla?

All’esterno è cambiato certamente. È cresciuto molto il calcio femminile. Anche solo dire “calciatrice professionista” è diverso da dire “calciatrice dilettante”. Devo dire però che a livello di mentalità, alla fine, è sempre stato il mio lavoro quindi io quando sono entrata nel mondo del calcio femminile mi sentivo già una giocatrice professionista.

Ⓤ: In questo contesto, secondo te quanto ti ha dato e quanto può dare un partner come Nike a una calciatrice professionista?

Nike è un grandissimo brand che mi ha accolto subito bene. Mi trovo bene su tutto. Poi supporta tantissimo il calcio femminile, non
solo il calcio maschile. È sempre stato a supporto delle donne, non solo nel calcio ma anche negli altri sport, e credo che ogni sportivo vorrebbe collaborare con loro.

Ⓤ: C’è qualcosa di Nike a cui non rinunci mai?

Le sneaker. Le scarpe ci sono sempre nel mio guardaroba. Per quanto riguarda il vestiario cambia molto, alla fine non ho uno stile mio, ma le scarpe ci sono sempre.

Ⓤ: E in campo?

In campo sicuramente gli scarpini.

Ⓤ: Ne hai un paio magari ti piacciono particolarmente o ti portano fortuna?

Le nuove Phantom gialle. Sono gli scarpini che mi hanno fatto vincere lo scudetto, mi hanno fatto fare il gol contro la Fiorentina. Penso che non li toglierò mai!

Ⓤ: Cosa manca ancora alla Giada del futuro?

Manca ancora tutto. Sono una ragazza giovane, ho ancora da imparare. Il mio intento è quello di rimanere sempre tra le titolari, di dare un contributo alla squadra, di portare il gruppo a raggiungere l’obiettivo e la vittoria.

Da Undici n° 51
Foto di Claudia Ferri
Moda di Francesca Crippa
I look di queste foto sono tutti Nike