Il calcio messicano sta vivendo una rivoluzione, finalmente

Il commissario federale Juan Carlos Rodríguez vuole cambiare moltissime cose, sia per i club che per la Nazionale.

Da anni, ormai, la Nazionale e tutto il movimento calcistico del Messico è come se fossero entrati in una palude di sabbie mobili in cui è difficilissimo muoversi, figuriamoci camminare in avanti, andare verso il futuro. Certo, la superiorità dei club della Liga MX sul subcontinente Nord e Centro-americano resta inscalfibile, ma anche in quell’ambito si è iniziata a vedere qualche crepa: poche settimane fa il León ha vinto l’edizione 2023 della Concacaf Champions League, ma l’anno scorso i Seattle Sounders erano riusciti a interrompere un dominio assoluto che durava dai tempi dal 2005, l’ultimo anno in cui vinse un club non messicano – il Saprissa. La stagnazione del calcio messicano si evince anche dal fatto che i nomi di punta del movimento, negli ultimi anni, sono sempre gli stessi: se guardiamo alla rosa convocata per gli ultimi Mondiali maschili, le stelle più riconoscibili erano quelle di Memo Ochoa (38 anni), Raúl Jiménez (32), Héctor Herrera (33), Andrea Guardado (36); se invece guardiamo alla Liga MX e alla Champions League Concacaf, a fare la differenza negli ultimi anni è stato soprattutto André-Pierre Gignac, uno straniero non proprio giovanissimo. Il resto dei numeri e dei giocatori, quindi il resto delle storie, è francamente trascurabile.

Un sussulto si è avuto pochi giorni fa, quando è arrivata la vittoria della Gold Cup, praticamente il Campionato Europeo Nord e Centro-americano per Nazionali: il Messico ha vinto in modo inatteso, visto che si è presentato al torneo con un ct a interim e senza i favori del pronostico, ma su questo risultato ha pesato anche la clamorosa sconfitta degli Stati Uniti nella semifinale contro Panama – in precedenza, poi, gli USA avevano eliminato il Canada, l’altro grande candidato alla vittoria finale. Il successo in Gold Cup è stato accolto come un segnale importante, anche perché in realtà era già iniziata la lotta contro l’evidente stagnazione del movimento. E il merito è di Juan Carlos Rodríguez, commissario della Federcalcio di Città del Messico. La scelta di presentarsi al torneo continentale con un selezionatore a interim è stata sua, ed è stata fatta poche settimane prima dell’inizio della manifestazione: il Messico era stato sconfitto dagli Stati Uniti in modo netto (3-0) nella semifinale di un’altra competizione, la Nations League, e questo era bastato per varare il ribaltone sulla panchina, prima occupata da Diego Cocca e poi passata nelle mani di Jaime Lozano. La scommessa vinta da Rodríguez ha aumentato il suo credito politico, e ha in qualche modo benedetto una rivoluzione molto più profonda, che si esprimerà a tutti i livelli. E che farà certamente discutere, anche perché all’orizzonte ci sono i Mondiali 2026 – organizzati da Canada, USA e Messico.

Cosa prevede il nuovo manifesto del calcio messicano? L’ha spiegato ESPN in questo articolo: intanto le Nazionali e tutto il sistema sarà gestito coinvolgendo di più allenatori ed ex giocatori con trascorsi importanti nel calcio Nord e Centro-americano. Secondo Rodríguez, questi consulenti «ci aiuteranno nell’intero processo, dalla selezione dei direttori sportivi alla formazione dei nuovi allenatori». Un altro aspetto importante riguarderà l’apertura di due centri federali negli Stati Uniti, uno sulla costa orientale e uno sulla costa occidentale: «Avremo campi migliori, palestre migliori, dei veri e propri poli attrattivi per i nostri giocatori negli USA», ha detto Rodríguez. La scelta è stata già giudicata in maniera controversa, vista la profonda rivalità tra le due nazioni, non solo in ambito calcistico, ma logisticamente ha un suo senso: il Messico, infatti, gioca molte più partite a Nord del confine. E lo fa per via di accordi contrattuali vincolanti con Soccer United Marketing (SUM). Insomma, la possibilità di lavorare laddove gioca la Nazionale potrebbe facilitare lo scouting e l’identificazione di talenti con doppia nazionalità da arruolare nelle varie rappresentative federali. In realtà, poi, questi centri non saranno costruiti ex-novo, ma sfrutteranno strutture già presenti nelle università, nei club privati o in altri enti in cui si fa sport.

E poi, ma non in ultimo, Rodríguez vuole puntare tantissimo su due aspetti che riguardano la competitività dei giocatori messicani, e quindi della Nazionale: le gare amichevoli della rappresentativa senior e l’emigrazione di calciatori in Europa. In merito alle amichevoli, la nuova idea sembra essere quella di organizzare delle gare contro club sudamericani prestigiosi, piuttosto che affrontare le deboli Nazionali del Nord e Centro-America – al netto di Stati Uniti e Canada, ovviamente. Sul mercato e sulla creazione di nuove rotte per l’Europa, invece, Rodriguez sta lavorando a delle partnership con delle Federazioni che potrebbero dar vita a una sorta di progetto-Erasmus per i talenti messicani più promettenti: «I nostri migliori 18enni», ha dichiarato, «avranno accesso preferenziale ai passaporti e saranno mandati in Europa in modo da competere fin da subito nei campionati più difficili al mondo». Certo, per avviare un’operazione di questo tipo servirà ottenere il benestare delle società di Liga MX, e infatti nelle prossime settimane è prevista una riunione nella quale verrà presentato il progetto. Non sarà facile cambiare le cose, ma da qualche parte bisognerà pure iniziare.