Perché la Premier League sta prendendosi i migliori giovani calciatori del mondo

Il campionato più ricco e più glamour si sta trasformando in un laboratorio per i campioni del futuro.

Le sessioni di mercato della Premier League sono diventate come le vecchie gare di Usain Bolt o Michael Phelps alle Olimpiadi: abbiamo smesso di chiederci chi sarebbe arrivato primo, ma solo come e di quanto. Con le squadre inglesi è più o meno lo stesso: sappiamo che spenderanno molto più degli altri campionati, lo sfizio è diventato scoprire quanto spenderanno più degli altri, quali record aggiorneranno, chi farà gli acquisti più rischiosi, più assurdi o semplicemente più costosi. La Premier sfrutta un vantaggio economico strutturale, tutti i club hanno dei ricavi – televisivi, commerciali, al botteghino – che permettono trattative con numeri impossibili per le squadre italiane, spagnole o tedesche. Le finanze dei club sono così in salute che concedono ai dirigenti il lusso di dimenticare in fretta eventuali operazioni sbagliate, e anzi possono permettersi di comprare senza proteggere le economie del club nel lungo periodo.

L’ultimo grande acquisto del campionato è Josko Gvardiol, andato al Manchester City per una cifra vicina ai cento milioni di euro – è il record di spesa per un difensore nella storia del calcio. In questo caso, però, l’acquisto del centrale croato è anche indicativo di una nuova tendenza di mercato della Premier: le squadre inglesi stanno acquistando i giocatori più forti in assoluto, come sempre negli ultimi anni, ma stanno soprattutto investendo nei migliori giovani d’Europa. E del mondo. In fondo, Gvardiol è nato nel 2002, ha 21 anni, potenzialmente ha davanti ancora un decennio abbondante di carriera ad altissimi livelli. Di conseguenza, il Manchester City potrebbe rinnovargli il contratto un paio di volte prima di lasciarlo andare.

Al momento le venti squadre di Premier hanno acquistato 27 giocatori under-23 da altri campionati (non inglesi), esclusi i rientranti dai prestiti, per una spesa aggregata che supera il muro dei 700 milioni di euro. Per avere un termine di paragone: la Serie A, cioè il secondo campionato ad aver speso di più in questa sessione, ha investito finora 646 milioni. Però per tutti i trasferimenti, da quelli dei minorenni fino agli over-35. In Premier League, inoltre l’età media dei giocatori acquistati da ogni squadra è più bassa di quella dei giocatori venduti. Solo Brighton, Everton e Manchester United sfuggono a questa statistica, ma sono dati condizionati da outlier come James Milner, passato al Brighton a 37 anni, o il ritorno di Jonny Evans allo United a 35 anni.

Se analizziamo chi sono questi giocatori, scopriamo che si tratta sempre, o quasi, di talenti che hanno già un’esperienza significativa alle spalle, pronti per affrontare un campionato competitivo come la Premier League. Ecco qualche esempio: dopo l’ottima scorsa stagione in cui ha sfiorato il titolo, l’Arsenal ha rafforzato la difesa con Jurriën Timber dell’Ajax, ventiduenne con 121 presenze in prima squadra e 15 nella Nazionale maggiore olandese; il Liveprool, dopo una brutta stagione, sta cambiando tanto, sta provando a svecchiare una rosa arrivata a fine ciclo, e allora è logico l’acquisto di Dominik Szoboszlai, uno che da anni sembra destinato a diventare uno dei migliori al mondo e adesso – che di anni ne ha ancora solo 22 – può mettersi alla prova in una delle squadre più importanti d’Europa.

Dall’Italia sono partiti diversi giocatori con destinazione Inghilterra, ma Tonali (Newcastle) e Højlund (Manchester United) sono quelli che hanno fatto più rumore. Perché sono ancora giovani e avremmo voluto vederli di più in Serie A, perché sono stati pagati molto dalle loro nuove squadre, e perché in fondo adesso c’è anche molta curiosità di scoprire che piega prenderà il loro sviluppo in un campionato come la Premier. Ma di casi ce ne sono moltissimi altri, in ogni angolo della classifica: il Bournemouth ha comprato Milos Kerkez, terzino sinistro dell’AZ Alkmaar, per 18 milioni: uno dei più promettenti nel ruolo, appena 19enne e già otto presenze in nazionale maggiore con l’Ungheria. Anche il Burnley per soli tre milioni ha comprato dall’Espanyol Luca Koleosho, l’esterno offensivo che ha fatto vedere ottime cose con la Nazionale italiana under-19 che ha vinto gli Europei a luglio.

Possono esserci diversi motivi dietro questa nuova strategia di mercato. Uno dei fattori potrebbe essere l’evoluzione dello scouting, che ha perfezionato tecniche e metodologie, e permette a chiunque di sviscerare enormi database e intercettare i profili più interessanti – ma anche quelli più giusti per rafforzare la propria squadra. Lo scouting risponde soprattutto a una necessità: ogni squadra inglese, per sopravvivere nella vasca di squali della Premier League, ha bisogno di costruire una formazione che vada oltre il valore dei singoli, deve avere un’identità, una coerenza tecnica e tattica, perché chiunque in quel campionato può comprare – e compra, banalmente – giocatori forti in senso assoluto. Per lo stesso motivo, da qualche anno, le squadre inglesi investono molto su allenatori e staff tecnici, a cui chiedono di costruire una squadra nel senso più ampio del termine. Allora c’è bisogno di acquistare i giocatori che si incastrano meglio nell’undici titolare e nel sistema tattico di riferimento, quelli che possono portare un valore aggiunto ma anche specifico. Insomma: l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto. E se non si può comprare un giocatore già pronto all’uso – come sta facendo l’Aston Villa comprando i giocatori già allenati da Unai Emery in passato – l’opzione migliore è quella di sviluppare il talento, modularlo per creare il fit perfetto in squadra, e in questo caso è più facile e anche più logico selezionare giocatori giovani.

Gvardiol e Nkunku sono stati due dei colpi più importanti del mercato estivo di quest’anno: il primo è andato al City, il secondo si è unito al Chelsea (Alexander Hassenstein/Getty Images)

C’è da considerare anche una dinamica interna alla Premier League, che riguarda l’ascensore tra i diversi livelli di classifica, al momento piuttosto bloccato. Quale squadra può pensare di mettere in pericolo l’egemonia del Manchester City solo acquistando giocatori forti? Il Chelsea ci ha provato e ha trapanato l’acqua, l’Arsenal è stato più paziente, ha costruito pezzo dopo pezzo la sua squadra, lavorando negli anni, fidandosi delle idee di Arteta, e l’anno scorso ha quantomeno impensierito Guardiola. E vale per tutti: difficilmente una squadra della zona salvezza potrebbe puntare l’Europa semplicemente comprando un attaccante fortissimo o una nuova coppia di terzini. In questo senso il Newcastle è un esempio virtuoso di come si possa scalare la classifica, anche con una certa rapidità, se si ha un’idea concreta e valida. Se si segue un percorso tattico, tecnico e societario.

E poi la scorsa stagione insegna che, in fondo, se i giovani acquistati sono forti, ma veramente forti, i migliori in assoluto, possono fare la differenza anche nell’immediato. Il Manchester City ha vinto la sua prima Champions League grazie a un centravanti norvegese nato nel 2000. L’Arsenal ha sistemato la difesa scegliendo di puntare su William Saliba dopo qualche giro in prestito. Lo stesso Newcastle aveva aggiunto una pedina fondamentale al centrocampo prendendo a gennaio Anthony Gordon dall’Everton.

Ed è per questo che probabilmente quest’anno vedremo, oltre a tanti giovani volti nuovi della Premier League, anche l’esplosione di ragazzini che hanno già una stagione o due nel campionato più competitivo del mondo: Curtis Jones e Stefan Bajcetic potrebbero essere i nuovi protagonisti nel centrocampo del Liverpool insieme al neoacquisto Mac Allister; Rico Lewis potrebbe finalmente giocare con continuità nel Manchester City, ed è arrivato il momento di vedere se Mykhailo Mudryk riuscirà a ripagare il Chelsea per i soldi spesi a gennaio – stesso discorso per Badiashile e Levi Colwill, che dovranno tenere in piedi difesa al fianco di Thiago Silva, specialmente dopo l’infortunio di Fofana e la cessione di Koulibaly. Poi ovviamente anche Udogie al Tottenham potrebbe finalmente convincere Roberto Mancini a trovargli un posto nella Nazionale italiana. Ed Evan Ferguson, attaccante classe 2004, potrebbe essere il terminale offensivo definitivo per il Brighton di Roberto De Zerbi dopo l’antipasto dell’anno scorso – sei gol in 20 partite giocate con la prima squadra.

Questo mercato che guarda ai giovani non cambia la realtà della Premier League: un campionato che era, è e sarà ancora a lungo un tritacarne di talento calcistico, un luogo in cui puntare sui giocatori sbagliati può costare una stagione. Ma quest’anno, per la prima volta in maniera evidente, si vede un cambio di visione, l’idea che per non far girare a vuoto il motore di un club va costruito  qualcosa guardando oltre il presente. È il primo passo di un comportamento virtuoso. Poi che i club, i dirigenti e gli allenatori siano davvero disposti ad aspettare il tempo necessario, ecco, quello è un altro discorso.