Il Napoli può ripetersi?

Dopo il meritato scudetto dello scorso anno, gli azzurri hanno le carte giuste per centrare il bis?

L’incertezza è una delle virtù di un campionato. In estate, quando le storie dei campionati sono solo al prologo e tutto è ancora un po’ fumoso, l’incertezza può accendere le aspettative e rendere tutto più interessante. La Serie A si muove su questo binario da qualche anno ormai: un torneo senza vere superpotenze, senza squadre di proprietà di Stati sovrani né corazzate di altro tipo, negli ultimi quattro anni ha visto vincere quattro squadre diverse. Qualche volta c’è stata la complicità di una concorrenza non proprio agguerrita (2021, 2023), altre volte la quota punti necessaria per arrivare allo scudetto non è stata altissima (2020, 2022), ma per un motivo o per un altro vincere due titoli in back-to-back non è mai facile per le big della Serie A. Negli ultimi quattro anni la scudettata si è presentata alla prima partita come la favorita, o comunque una delle principali pretendenti, per scoprire giornata dopo giornata che rispetto alla stagione precedente aveva perso qualcosa, c’era un pezzo mancante o una carica emotiva più fiacca. Quest’anno l’attenzione va prima di tutto sul Napoli, che somiglia molto alla squadra da battere eppure si trascina dietro qualche interrogativo – alcuni dalla scorsa stagione, altri nuovi e ancora da pesare.

Il Napoli è stato la miglior squadra dell’ultimo campionato con ampio margine, ha giocato il calcio più divertente d’Europa per lunghi tratti della stagione, quindi ha fatto e sta facendo di tutto – o quasi – per conservare il vantaggio competitivo rispetto alle altre grandi del campionato. Un vantaggio che per comodità si potrebbe quantificare nei 16 punti di vantaggio con cui gli azzurri hanno vinto lo scudetto sulla Lazio seconda, i 18 sull’Inter e i 20 sul Milan. Ci sarebbe anche la Juventus, che senza penalizzazione avrebbe avuto gli stessi punti dell’Inter e quest’anno non avrà l’impegno delle coppe europee. Ma in ogni caso si tratta di distanze molto ampie, difficili da colmare in una sola estate.

Con una delle formazioni più forti del campionato, se non la più forte, il Napoli ha vissuto un’estate di basso profilo, senza stravolgere la squadra e muovendo il minor numero possibile di pedine. Allora le operazioni più importanti sono i rinnovi contrattuali di Mario Rui, Di Lorenzo, Rrahmani e Osimhen. L’attaccante nigeriano, in particolare, è quello che fa la differenza – almeno nella percezione di inizio campionato – tra un Napoli che parte da favorito e un Napoli in versione underdog. L’unica uscita rilevante è quella di Kim, a cui si aggiunge quella più marginale di Ndombele: per rimpiazzarli il Napoli ha proseguito con la politica di acquisti di sempre, pescando tra nomi di prospettiva e con un potenziale alto nel medio periodo. Dal mercato sono arrivati il giovane difensore brasiliano Natan, con il compito quasi impossibile di coprire il buco lasciato in difesa da Kim, e Cajuste, che avrà l’obiettivo di fare un passo in più rispetto al contributo minimo di Ndombele. È chiaro che in difesa qualcosa sembra essersi perso in valore assoluto, almeno nell’immediato, ma sembra una svalutazione ben ponderata. Soprattutto se dovessero esserci movimenti migliorativi in altri reparti: da settimane si parla di Gabri Veiga del Celta Vigo o di Koopmeiners dell’Atalanta per il centrocampo, così come di Johan Bakayoko del Psv per la fascia destra.

La vera novità, quindi anche il punto interrogativo più grande, siede in panchina. Dopo l’addio di Luciano Spalletti il presidente Aurelio De Laurentiis ha chiamato Rudi Garcia, un allenatore quasi sessantenne, non rigido né dogmatico dal punto di vista tattico, già abituato ad allenare e quindi a valorizzare giocatori talentuosi. Una scelta che aveva preso in controtempo un po’ tutti lo scorso giugno, forse per le aspettative su un nome più prestigioso, ma in fondo è semplicemente una scelta conservativa. In campo la formazione titolare potrebbe essere molto simile a quella che ha vinto lo scudetto, negli uomini e nell’organizzazione: il Napoli potrebbe perdere quel pressing aggressivo che aveva schiantato mezza Serie A in cambio di un atteggiamento più paziente, attendista, ma anche più verticale e diretto. La storia e il vissuto di Garcia lasciano immaginare un Napoli con un’impalcatura tattica più leggera dello scorso anno, con un gioco offensivo più libero, meno codificato e, di conseguenza, più dipendente dal genio creativo dei suoi giocatori più brillanti – proprio com’era stato in passato per le squadre esaltate dal talento elettrico di Hazard, Salah, Gervinho. Il trade off è difficile da valutare a priori: con le sue idee e il coinvolgimento di tutta la rosa, Spalletti era chiaramente motore che ha condotto il Napoli alla vittoria del terzo scudetto; con Garcia qualcosa si perderà, ma la squadra potrebbe trarre beneficio da una semplificazione che ne eviti l’appiattimento su schemi e movimenti già visti, quindi più facili da limitare.

La rosa del Napoli è forse la più completa e forte del campionato, ma non è priva di zone d’ombra. Con ancora qualche giorno di calciomercato per limare la rosa e portare a Castelvolturno ancora uno o due acquisti, gli azzurri devono convivere con alcuni dubbi. Due su tutti: l’assenza di un vice Di Lorenzo e quella di un vero vice Lobotka – inteso come un centrocampista con caratteristiche simili a quelle dello slovacco. L’anno scorso sono stati due pilastri dello scudetto e non è detto che quest’anno avranno la stessa continuità. In più ci sarà la Coppa d’Africa, che potrebbe escludere dal campionato due titolari come Osimhen e Anguissa (Camerun ancora non qualificato) per un mese. E poi ci sarà bisogno di avere maggiori certezze da quei giocatori marginali che però possono, e anzi devono avere un ruolo nel corso della stagione: da Ostigard a Olivera, da Politano a Elmas.

Per vincere una competizione lunga 38 partite, spalmata su dieci mesi, bisogna tener conto anche delle avversarie, quindi delle altre possibili candidate allo scudetto. L’Inter ha chiuso lo scorso campionato a 18 punti dal Napoli, ha perso Lukaku, Dzeko, Skriniar, Brozovic e Onana, oltre a qualche pedina minore, e ha portato a Milano Cuadrado, Frattesi, Bisseck, Arnauovic, Carlos Augusto, Sommer e Thuram. Oggi è probabilmente la prima contender, ma è ancora una squadra piena di punti interrogativi, a partire da una difesa che dovrà necessariamente fare affidamento su due veterani come Acerbi e Darmian, provenienti dalla miglior stagione in carriera – o qualcosa di simile – e difficilmente ripetibile.

L’altra potenziale contender è il Milan, vera protagonista del calciomercato estivo dopo il quarto posto e l’addio di Maldini e Massara. I rossoneri hanno fatto la campagna acquisti più interessante d’Italia, forse d’Europa, e di certo si portano dietro un hype enorme per aver acquistato alcuni dei giovani centrocampisti e attaccanti più intriganti in circolazione: una strategia che passa dalla vittoria di molte scommesse, economiche e sportive, nessuna con una vera garanzia di successo nel 2023/24. Poi ci sarebbe la Juventus, che non avrà competizioni europee e deve riscattare una stagione ingarbugliata dentro e fuori dal campo. La certezza dei bianconeri è che la squadra vale più di quanto si è visto negli ultimi due anni, il rovescio della medaglia è che nello stesso periodo Allegri non ha seminato nulla che prometta di sbocciare nei prossimi mesi. Nessuna di queste – e si potrebbe aggiungere anche la Lazio – sembra essere migliorata tanto: tutte hanno il potenziale per fare circa 84-85 punti, nessuna è certa di arrivare nemmeno a 80.

Allora il Napoli può iniziare il 2023/24 con la pretesa di partire almeno mezzo passo avanti alla concorrenza proprio perché ha fatto di tutto – e apparentemente nel modo giusto – per conservare il vantaggio che aveva l’anno scorso. Oggi sembra ancora la squadra assemblata meglio e la Serie A spesso premia semplicemente chi fa meno errori, chi ha più certezze a cui aggrapparsi in un campionato che inizia in estate e finisce in primavera, con tutto quel che può accadere nel mezzo. Poi, è chiaro, sono tutti ragionamenti d’agosto, prima dell’inizio del campionato. Il verdetto lo dà sempre il campo, e magari finisce per scombinare tutto in corso d’opera. Un’altra volta.