Nella bellissima notte di Napoli, Luis Alberto ha segnato un gol di tacco e ha servito un assist visionario – è assurdo ma non gli è stato conteggiato, visto che in realtà non ha toccato la palla, visto che in realtà l’ha fatta passare tra le gambe e così l’ha passata a Kamada: questa regola andrebbe senz’altro rivista. Con queste due giocate, il numero dieci della Lazio ha sistemato il tabellino suo e quello della sua squadra, cioè ha determinato il punteggio della partita, ha firmato in proprio la prima vittoria stagionale della Lazio. Chi ha visto la partita, però, sa benissimo che il gol di tacco e l’assist visionario di Luis Alberto sono solo una parte della sua prestazione scintillante. Dell’impatto gigantesco che ha avuto su Napoli-Lazio.
Per comprendere bene l’importanza di Luis Alberto nell’economia del gioco di Sarri, in Napoli-Lazio 1-2 e in assoluto, ha senso partire proprio dalle due giocate di cui abbiamo parlato finora, quelle che hanno deciso la gara. Il gol di tacco, ad esempio, non è arrivato per vezzo, per una preferenza estetica, ma è stata una scelta di pura funzionalità: Luis Alberto, infatti, era a pochi centimetri – centimetri, non metri – da Meret e l’assist di Felipe Anderson in realtà era molto corto, era indirizzato nei pressi del primo palo; di conseguenza, Luis Alberto non avrebbe avuto l’angolo, tantomeno il tempo, di stoppare la palla, di sistemarsela, di calciare col destro – e neanche col sinistro – sul palo lungo. Colpire e indirizzare la sfera col tacco, quindi, era l’unico modo per cercare di sorprendere il portiere del Napoli, per bruciarlo sul tempo e fregarlo sul primo palo. Poi ci vuole qualità per pensare e per fare bene una cosa del genere, ed è ciò che rende speciale Luis Alberto. Non a caso, viene da dire, era andata allo stesso modo anche qualche mese fa, con un altro colpo di tacco a dir poco geniale per Zaccagni.
Un gol da cineteca, avremmo scritto una volta
A riguardarlo bene, anche il velo – che bel nome per una giocata calcistica, forse il più bello in assoluto, anni luce meglio di “rovesciata” o “sforbiciata” – per Kamada ha un’anima pratica, razionale, tutt’altro che barocca: su un capovolgimento di fronte, Felipe Anderson e compagni attaccano l’area in inferiorità numerica, Immobile è isolato sul secondo palo e quindi il tocco dietro sul rimorchio di Luis Alberto è l’unica soluzione attuabile; Luis Alberto, però, è un giocatore superiore, e allora sente – oppure vede con il suo occhio dietro la testa – il rimorchio del rimorchio di Kamada. Come premiare l’inserimento intelligente della mezzala giapponese? Semplice: facendo scorrere la palla senza toccarla, aprendo le gambe, mandando a vuoto l’intervento di un difensore attento e rapido come Di Lorenzo. Stesso discorso del colpo di tacco: ci vuole qualità per pensare e per fare bene una cosa del genere, ma Luis Alberto questa qualità ce l’ha. Il fatto che i suoi movimenti – così come i suoi tocchi di palla – siano anche eleganti è un dolcissimo surplus.
Questo è un assist. Deve esserlo.
Chi ha visto Napoli-Lazio 1-2 è andato sicuramente oltre questi due momenti. E si è reso conto che quasi ogni pallone giocato da Luis Alberto è stato lavorato in questo modo, con lo stesso approccio, con gli stessi risultati: lo spagnolo si è messo nella posizione migliore per ricevere la palla, l’ha ripulita, con le sue finte di corpo ha mandato in tilt il pressing del Napoli e infine l’ha mosso in moda razionale ma anche ambizioso, da solo o servendosi dell’aiuto dei compagni. Nella notte del Maradona, quindi, Luis Alberto non ha solo determinato il punteggio della partita: ha anche indirizzato la sfida tattica, ha permesso alla Lazio di superare indenne la sfuriata iniziale degli avversari e di prendere il comando del gioco nella ripresa. Il numero dieci spagnolo ha fatto tutto questo appagando gli occhi e la mente di chi ha seguito la gara, mescolando semplicità e bellezza, intelligenza e classe, efficienza e arte. Come avviene da anni a questa parte, dopotutto. Sì, magari avviene in modo intermittente, ma quando Luis Alberto accende a luce non si può fare altro che ammirarlo, per poi battergli le mani.