Negli Usa c’è un assurdo campionato di ormeggio di barche

I protagonisti si fanno chiamare Chesapeake Cowboys, e la faccenda sta diventando seria.
di Redazione Undici

Se dovessimo a un posto iconico o comunque famoso degli Stati Uniti, ecco, faremmo fatica a indicare subito il Maryland o la Virginia. Probabilmente l’attrazione più conosciuta in quella zona, costa orientale degli Stati Uniti, è… Washington DC, che si trova a 130 km da alcune delle città più popolose. Ad agosto e settembre, però, le cose cambiano: da più di cinquant’anni, proprio sulle coste del Maryland e della Virginia si tiene un particolare – diciamo pure assurdo – torneo sportivo che si tiene in mare. E che, praticamente, è un campionato di ormeggio di barche. Tutto comincia nel 1971, e l’idea in sé è estremamente semplice: come spiega il New York Times, che a sua volta cita un documentario tratto dal sito ChesapeakeStory.com, i «marinai avevano un disperato bisogno di trasformare tutto in una competizione». E quindi si sono inventati delle gare a chi ormeggiava prima la propria imbarcazione.

Alla fine è tutto qui, ma per la gente del posto è moltissimo: le tantissime persone che raggiungono la costa – qualche migliaio – seguono queste gare contro il tempo e finiscono inevitabilmente per bagnarsi. Certo, da queste parti in agosto si toccano i 40°, quindi non è questa gran seccatura. Però resta il fatto che delle persone arrivano dalle cittadine intorno per vedere dei marinai che fanno il loro lavoro. O meglio: che hanno trasformato il loro lavoro in una gara. E che per questo si fanno chiamare Chesapeake Cowboys: Chesapeake è il nome di una delle baie più importanti della zona; per capire la scelta dell’appellativo Cowboys, ecco un video piuttosto eloquente:

Ecco cosa succese

Insomma, la cosa è molto più semplice a farsi che a dirsi, che a spiegarsi: in pratica le barche a motore devono ormeggiare nei loro dock, e per farlo devono andare a marcia indietro. E il più velocmente possibile, perché c’è un cronometro visibile a tutti che determinerà la classifica finale. Qualche volta succede che gli scafi tocchino i piloni, anzi Jake Jacobs – comandante di una delle imbarcazioni – ha detto al New York Times che «ci schiantiamo continuamente, le barche si graffiano, non è la gara giusta per chi crede che il proprio scafo debba essere perfetto».

Tutto questo, naturalmente, genera degli introiti. Proprio Jacobs ha detto che «in una stagione possiamo ottenere premi fino a 10mila dollari». Alcune barche sono anche sponsorizzate, e spesso si tratta di imprese edili. Alcuni eventi della stagione determinano incassi che poi vengono devoluti in beneficenza – in particolare, la gara di St. Micheals ha permesso di raccogliere 22mila dollari, donati in seguito a un ex concorrente malato di tumore ai testicoli. Anche i social hanno un peso, in questa crescita: per quanto si tratti ancora di gare radicate solo e soltanto in un certo tratto della East Coast, e ai marinai della zona va benissimo così, esiste una sorta di fanbase – composta soprattutto di appassionati di nautica – che fa schizzare le views fino al milione. E oltre.  Il bello è che gli equipaggi, in pratica, non hanno limiti. Ci sono uomini adulti, come ci si aspetterebbe in un contesto del genere, ma non mancano donne, bambini, animali che fanno parte delle famiglie impegnate nelle gare. Sono tutti lì, a godersi il mare e le loro barche. E uno sport che sembra non avere senso, ma solo se non vieni dal Maryland o dalla Virginia.

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