Che fine ha fatto Khvicha Kvaratskhelia?

Il talento più luccicante della scorsa stagione non riesce più a incidere.

C’è una data che segna prima e un dopo in questo 2023 del Napoli. E non si tratta del 4 maggio, della notte che ha fatto la storia, che ha portato il terzo scudetto nella storia del club. La data di cui stiamo parlando è quella del 2 aprile: 28esima giornata di Serie A, Napoli-Milan 0-4. Una sconfitta rovinosa, e non perché abbia avuto chissà quale peso sull’esito di un campionato che era già deciso. Ma perché, dopo quella sconfitta, non si è più rivisto il Napoli che aveva cannibalizzato la Serie A e incantato l’Europa. E perché, da quella partita in avanti, e le cose sono inevitabilmente collegate, non si è più visto il nome di Khvicha Kvaratskhelia sul tabellino dei marcatori. 

Kvaratskhelia non segna, con la maglia del Napoli, da diciotto partite ufficiali. E solo nello spezzone giocato col Sassuolo, lo scorso 27 agosto, ha interrotto un altro digiuno: quello degli assist che durava dal 19 marzo, dall’ultima partita giocata prima di quel Napoli-Milan 0-4, vale a dire Torino-Napoli (anche quella finita 0-4). Nel frattempo, Kvara ha messo a referto un rigore procurato contro la Fiorentina, poi trasformato da Osimhen, e poco altro. Si tratta di dati impietosi, specie se li confrontiamo con quelli di inizio stagione: nelle 18 gare giocate prima del 2 aprile tra campionato e Champions, Kvara aveva messo insieme otto gol e dieci assist. In pratica, aveva propiziato una rete ogni 90 minuti. Senza contare tutti i dribbling, tutte le azioni pericolose nate dalle sue accelerazioni. Dal 2 aprile a oggi, invece, ha giocato per millecinquecento minuti e, come detto, ha totalizzato soltanto un assist. Insomma, la crisi e la latitanza di Kvaratskhelia si sono materializzate davanti agli occhi di tutti. E anche il Napoli, ovviamente, ne è stato travolto: prima del 2 aprile 2023, quando Kvara andava in campo, gli azzurri avevano una media di 2,53 gol a partita; dal 2 aprile a oggi, lo stesso dato è sceso fino a un gol per match. 

Le statistiche nel calcio non sono mai tutto, ma certi numeri sono fin troppo chiari. E suggeriscono che qualcosa deve essere successo. Il vero tema è riuscire a capire che cosa, al di là delle semplificazioni e dei luoghi comuni. Il problema è davvero il cambio in panchina tra Luciano Spalletti e Rudi Garcia? Negli ultimi mesi è cambiato qualcosa nel modo di giocare di Kvaratskhelia o nel modo in cui il Napoli cerca di sfruttare il talento di Kvaratskhelia? Oppure i difensori hanno davvero imparato a conoscerlo fino al punto da renderlo sostanzialmente inoffensivo?

Tra Kvara e Rudi Garcia non sembra essere scattata la stessa scintilla che era scattata con Spalletti. Questo sembra innegabile, e lo stesso Kvaratskhelia non ha fatto niente per nasconderlo – basta rivedere la reazione alla discussa sostituzione con Zerbin dopo l’opaca prestazione di Genova. Anche i fatti, d’altronde, parlano chiaro: all’inizio della scorsa stagione, Kvara era un vero e proprio asteroide che impattò sul pianeta Serie A e lo sconvolse completamente, trasformandolo nel suo giardino di casa. All’inizio di questa seconda annata in Italia, invece, Kvara ha saltato la prima partita e non ha iniziato da titolare la seconda – peraltro le uniche due vittorie del Napoli in questo campionato – a causa di un problema fisico accusato nel corso della preparazione estiva, un piccolo infortunio cui Rudi Garcia ha fatto riferimento nei post partita ogni volta che l’ha sostituito. Ebbene, per quel poco che ha giocato, se c’è una cosa che risalta del Kvara versione-Garcia è che è particolarmente impiegato anche nella fase difensiva: non che con Spalletti non lo fosse, ma nella partita col Bologna, ad esempio, è il calciatore del Napoli che ha messo insieme più eventi difensivi, sette. Chissà che questo sacrificio per la squadra in fase di copertura non contribuisca a togliergli qualcosa, almeno in termini di lucidità, nella fase di rifinitura e di conclusione. 

Ma si può ridurre tutto al cambio di allenatore? Ovviamente no, anche perché ci sono diverse argomentazioni che fanno pensare il contrario. La più evidente, come detto, è che la crisi realizzativa di Kvara non inizia quest’anno, ma riguarda anche l’ultimo segmento del percorso di Spalletti sulla panchina del Napoli. Nell’ultima parte della scorsa stagione, si riteneva che il calo di rendimento di Kvara potesse dipendere da un Osimhen a mezzo servizio. Ricorderete, il centravanti nigeriano si infortunò in Nazionale in un momento chiave, ovvero proprio prima di Napoli-Milan 0-4, alla vigilia della doppia sfida di Champions contro i rossoneri. Privato dei movimenti e dei contro-movimenti del suo partner, Kvaratskhelia sembrò a tutti più statico, meno fluido e vario nei movimenti. E anche più isolato, in verità. Si pensi proprio alle partite contro il Milan: senza Osimhen, andare da Kvara sempre largo a sinistra sembrava essere l’unica soluzione possibile per il Napoli di Spalletti. Pioli, però, prese Calabria e Krunic e gli costruì intorno una vera e propria gabbia, da cui il georgiano riuscì solo raramente a liberarsi. 

Ma allora Kvaratskhelia funziona solo con le praterie che, potenzialmente, gli libera Osimhen? Anche questa ipotesi non è del tutto convincente: una delle migliori versioni di Kvaratskhelia s’è vista proprio nel periodo in cui Osimhen, infortunatosi nel corso della partita contro il Liverpool, la prima della Champions League dello scorso anno, fu costretto a saltare sette partite. Era settembre, era proprio un anno fa: Kvara, schierato con Raspadori (o Simeone) e Lozano, fu l’assoluto protagonista di quel periodo. Basta ricordare la meravigliosa vittoria per 6-1 colta ad Amsterdam contro l’Ajax. 

Tutto, allora, lascerebbe pensare che quelle partite giocate un anno fa, quando il georgiano dal nome impronunciabile era essenzialmente sconosciuto alle difese d’Italia e d’Europa, fossero frutto del suo impatto incredibile: passato lo shock e trovate le contromisure, è finito il fenomeno Kvaratskhelia, che è diventato qualcosa di più normale, di più gestibile. È una lettura che ci può stare. Eppure, anche qui, c’è più di un’obiezione. La più immediata è che, seppur dentro una conclamata crisi realizzativa, è complicato parlare di un Kvaratskhelia in crisi d’identità. L’ha detto, per esempio, proprio l’ultima partita del Napoli, giocata contro il Bologna: Kvara viene costantemente coinvolto nelle manovre offensive della squadra di Garcia, imbastisce l’azione che porta al rigore poi fallito da Osimhen, cerca costantemente il tiro e l’uno contro uno. E va più o meno così proprio da aprile, nel senso che è difficile rintracciare una prestazione assolutamente negativa, in tutto e per tutto negativa, di Kvaratskhelia. Volessimo fare il giochino dei voti, Kvara non gioca più da sette e mezzo o da otto, perché quei voti si riservano solo a chi segna o fa degli assist; allo stesso tempo, però, il georgiano non gioca mai da quattro. Anzi, è quasi sempre tra i calciatori più creativi e pericolosi del Napoli. 

L’idea sarebbe che Kvaratskhelia torni a fare QUESTO

E allora probabilmente è troppo presto per annunciare la fine del fenomeno-Kvaratskhelia. Forse, semplicemente, Kvara sta vivendo il primo periodo negativo da quando è arrivato a Napoli. In fondo le carriere dei calciatori sono fatte, per forza di cose, di momenti diversi tra loro: alcuni gloriosi, altri complicati. E a pensarci bene, era davvero improbabile che un ragazzo nato nel 2001 potesse riuscire a mantenere gli standard elevatissimi dello scorso anno. È la storia a dirlo: nella sua prima stagione nel grande calcio europeo, Kvaratskhelia ha riportato lo scudetto a Napoli dopo 33 anni, ha vinto il premio come miglior giocatore assoluto della Serie A e quello come miglior giovane della Champions League. Insomma, è stato pressoché perfetto. Ma la perfezione non esiste, oppure è a tempo: i periodi di digiuno dal gol arrivano, Kvara non è il primo e non sarà l’ultimo a viverne uno. Certo, lui non la sta vivendo benissimo, a Bologna è stato chiaro come stia tentando di forzare alcune giocate, di “strafare”, alla ricerca del gol. Ci sta anche questo, per un calciatore di 22 anni.

Intanto, però, il Napoli – e in particolare chi guida il Napoli – deve preoccuparsi di trovare delle contromisure, di aiutare il suo gioiello a superare questa crisi realizzativa. Perché la crisi realizzativa di Kvara è uno dei motivi principali della crisi realizzativa degli azzurri, nei numeri e nei fatti. In fondo i momenti difficili, per l’essere umano, sono pur sempre un’opportunità di crescita e cambiamento. E spesso, per reagire alla rottura di un equilibrio precedentemente acquisito, bisogna aprirsi a strade e cose nuove. In questo caso, può trattarsi anche di nuove soluzioni tattiche, che lo avvicinino di più alla porta, che esaltino la sua innata dote di tagliare verso il centro e creare scompiglio tra i difensori avversari. E allora ben venga un Kvara con vedute più ampie, con nuovi compiti, che punti a migliorare il ventaglio di cose che può fare. D’altronde, una delle qualità che ha reso da subito grande il 77 del Napoli è la capacità di migliorarsi, di apprendere velocemente, di rispondere positivamente alle sollecitazioni dei suoi compagni e del suo allenatore. Anche a quelle degli avversari.

In una video-intervista concessa a Dazn poco prima dei Mondiali, fu il primo a riconoscerlo: «Lavoro molto su me stesso, cerco e provo sempre nuove giocate e soluzioni per diventare ancora più imprevedibile. Tutto ciò che studieranno e analizzeranno di me, non gli potrà mai essere utile: i dribbling non si imparano guardando i video, né in allenamento». E allora non c’è momento migliore di questo per esplorare davvero soluzioni nuove, che possano misurare la sua consistenza reale. Anche perché il talento, quel talento così cristallino, così unico, non può davvero essere messo in discussione. E non può essere sparito del tutto.