I tifosi del Napoli, o per lo meno quelli che sono iscritti a X/Twitter, TikTok e alle altre piattaforme social, e le utilizzano per informarsi sulla loro squadra del cuore, sono reduci da una pessima nottata. È successo tutto in poche ore: più o meno alle undici di sera del 26 settembre, l’agente italiano di Victor Osimhen, Roberto Calenda, ha pubblicato un post su X – una volta si chiamavano tweet, ma vabbè – in cui ha definito «inaccettabili» alcuni dei contenuti pubblicati dal Napoli sul suo profilo ufficiale TikTok. Dei contenuti che riguardavano il suo assistito, chiaramente. Nello stesso post, ha minacciato «azioni legali» nei confronti della società azzurra a causa del «danno serissimo» che questi contenuti avrebbero creato al giocatore. Da lì si è scatenata una vera e propria tempesta che ha travolto il club di De Laurentiis.
Per onor di cronaca, Calenda e Osimhen se la sarebbero presa a causa di due montaggi video usciti negli ultimi tre giorni: nel primo, Osimhen viene paragonato a una noce di cocco, in sottofondo c’è la canzone già diffusa su TikTok “I’m a Coconut”; nel secondo, si vede Osimhen che protesta con l’arbitro, chiede il rigore nel corso della partita contro il Bologna, lo ottiene e poi lo sbaglia. Nel secondo video, c’è una vocina – alterata chiaramente con un effetto da mixer – che chiede il rigore, in inglese, come se il Napoli volesse prendere in giro Osimhen per la protesta nei confronti dell’arbitro. E poi il montaggio si conclude con una risata isterica mentre Osimhen tira fuori dagli undici metri. Trovate entrambi i video in questo post:
Victor #Osimhen pourrait faire un procès à Naples et a supprimé sur son #Instagram quasiment toutes les photos et vidéos comportant un maillot de #Naples.
Le Nigérian pourrait aller au clash .
Un départ pourrait avoir lieu, très prochainement.
Le #PSG a essayé de le… pic.twitter.com/y1Qfvq7rCS
— Paris Saint-Germain Actualités 🇨🇵🗼🥇 (@PSGInside_Actus) September 27, 2023
Nel post sopra, trovate anche la testimonianza di una delle conseguenze di tutta questa storia: si tratta del video di uno scroll del profilo Instagram di Osimhen, che avrebbe – usiamo il condizionale perché non sappiamo se sia stato lui in persona, o qualche membro del suo entourage – cancellato la stragrande maggioranza delle fotografie che lo ritraggono con la maglia del Napoli. Nel nostro tempo calcistico, non può esistere un gesto di strappo più significativo, per un giocatore professionista.
Anche questo punto spinge a una riflessione: oggi il calcio e il calciomercato si fanno sui social. Ed è una cosa che riguarda chiunque, a iniziare dalle società fino ad arrivare ai giornalisti. È un paradosso, è assurdo se vogliamo, ma quello che succede su X, su Instagram e anche su TikTok ha un’importanza pari – se non superiore, quando parliamo di mercato – a ciò che avviene in campo. Basti pensare a un altro caso che ha investito il Napoli quest’estate: Fabrizio Romano aveva dato per fatto l’arrivo di Gabri Veiga alla squadra azzurra, e quando c’è il suo Here We Go l’affare viene considerato definito, quasi non serve più l’ufficialità da parte dei club interessati. Quasi, però. E infatti il Napoli non aveva comunicato nulla. Quando alla fine il trasferimento è saltato, i tifosi se la sono presa con De Laurentiis e i suoi uomini-mercato per non aver chiuso la trattativa, senza avere la certezza – ma non ce n’è bisogno, e il punto è proprio questo – che stessero davvero ultimando l’affare. Eh, ma l’aveva detto Romano…
Tornando al caso Osimhen-TikTok: è evidente che il Napoli sia stato incauto nella creazione e nella pubblicazione dei due contenuti che hanno determinato lo strappo. Per dirla brutalmente: non è proprio opportuno dare del “cocco” a un calciatore nero. Coconut, in gergo, è un termine dispregiativo per i neri che sono “bianchi dentro” e hanno rinnegato la propria cultura. Così come non è una grande idea prendere in giro il tuo miglior centravanti per un rigore sbagliato. Detto questo, però, tutto va ricostruito tenendo conto del luogo in cui è avvenuto, anche se si tratta di un luogo virtuale. Insomma, bisogna capire cos’è e come funziona TikTok, quali sono il tone of voice e quindi anche il senso di quella piattaforma, come viene utilizzata dai creator – quindi dal Napoli e dalle altre società di calcio – e come viene vissuta dagli utenti.
E allora ha senso intraprendere un viaggio dentroil profilo TikTok del Napoli. Per dire: qui c’è un video in cui Khvicha Kvaratskhelia viene ripreso con un gelato in mano, il gelato ufficiale del club per altro, e l’immagine del giocatore georgiano viene sovrapposta al mare, al sole, mentre in sottofondo si sente “Light“, un pezzo dei Wave to Earth; in quest’altro video, c’è sempre Kvara che gioca contro il Sassuolo e si sente la canzone “Bellissimissima” di Alfa, solo che però le parole bela e bellissimissima sono storpiate, nel senso modificate con la voce di un altro fenomeno di TikTok, ovvero Angela Bela Fisica, la proprietaria cinese di un megastore romano. E ancora: qui c’è un video i follower devono scegliere tra pizza e hamburger, tra Curva A e Curva B dello stadio Maradona, tra il difensore Amir Rrahmani e un capibara, ovvero in grosso roditore originario del Sud America, il più grande roditore vivente al mondo.
Ne volete ancora? Ma sì. Qui, per esempio, il Napoli cita la storica frase “Frosinone Culone” dopo che Osimhen ha sfiorato il gol durante la prima partita di questo campionato di Serie A. In quest’altro video, invece, il nuovo acquisto degli azzurri Jens Cajuste viene definito «il vostro nuovo malessere», e torna ancora la voce di Angela Bela Fisica. Anche le interazioni tra gli utenti e gli admin del profilo SSC Napoli seguono questa linea: qui trovate lo screen di alcuni commenti in cui viene chiesto a bro, cioè a chi gestisce l’account del Napoli, di fare un video contro il Lens, e bro gli risponde che lo farà, devono solo dargli tempo, deve capire chi è questo Lens; stessa cosa anche qui, al bro chiedono se preferisca Osimhen o il capibara, e il bro risponde Osimhen, ma «solo perché il capibara non mi ha fatto ancora vincere uno scudetto».
Se non lo sapeste, se ve lo steste chiedendo: non è solo il Napoli che lavora così, su TikTok. Potremmo citare e linkarvi milioni di contenuti, ne abbiamo selezionato solo uno: il profilo ufficiale dell’Atalanta che utilizza lo spezzone di una pallonata occorsa a De Roon per fare una battuta scema sul fatto che De Roon viene dai Paesi Bassi. E allora, in virtù di tutto questo, il caso Osimhen assume una connotazione diversa, una dimensione diversa: quello che una società di calcio pubblica sul proprio profilo TikTok è ovviamente importante, deve essere concepito bene, confezionato bene, condiviso bene. Ma non può essere considerata la voce ufficiale del club.
TikTok è una piattaforma che ha una natura e quindi un target differenti rispetto a Facebook, X/Twitter, Instagram: è un luna park scherzoso e autoironico, gestito da professionisti necessariamente giovani, che interpretano i codici degli adolescenti e provano a coinvolgerli. Victor Osimhen, ma vale per qualsiasi altro calciatore, ha tutto il diritto di criticare un video pubblicato dal suo club, di ritenerlo di cattivo gusto: nella fattispecie, l’accostamento di Osimhen al concetto di “coconut” è decisamente offensivo (razzista? Più difficile: il termine è solitamente usato in modo “intra-racial”). Ma, allo stesso tempo, non può non tener conto del contesto, vale a dire dell’essenza tutt’altro che istituzionale di TikTok. L’impressione è che i problemi tra lui e il Napoli siano molto più profondi, che la loro crisi vada al di là di qualche contenuto pubblicati sui social, che i video in questione siano stati un assist sconveniente e perfetto perché il giocatore e il suo agente sancissero la rottura. Un giorno, forse, racconteremo che l’addio di Osimhen al Napoli è iniziato su TikTok. Laddove di solito ci si diverte e si scherza, probabilmente il Napoli non ha saputo farlo al migliore dei modi, ok, ma al tempo stesso anche Osimhen avrebbe potuto – dovuto? – tenerne conto.