The Athletic ha raccontato la storia di Kravchuk, il calciatore ucraino accolto come rifugiato dal Manchester City

All'inizio dell'invasione russa giocava a Mosca, con la Torpedo. Ad aiutarlo è stato Zinchenko, che gli ha permesso di trasferirsi in Inghilterra.

All’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la situazione di Andriy Kravchuk era davvero difficile: lui, calciatore ucraino cresciuto nella Dinamo Kiev e poi nello Shakhtar, i club più prestigiosi del suo Paese, si trovava in Russia, perché sotto contratto con la Torpedo Mosca. La sua storia è stata raccontata da The Athletic, che l’ha intervistato a un anno e mezzo dal primo attacco da parte dell’esercito russo. E, ve lo anticipiamo, si tratta di una testimonianza cruda, toccante, difficile da digerire ma che in diversi punti trasuda umanità e bellezza, grazie soprattutto all’interessamento di Oleksandr Zinchenko, calciatore-simbolo della Nazionale ucraina. Come spiega Kravchuk, lui e Zinchenko si erano conosciuti nelle squadre giovanili dello Shakhtar, poi ovviamente le loro carriere avevano preso strade diverse: come detto, Kravchuk si era trasferito a Mosca; Zinchenko, invece, era emigrato in Inghilterra ed era un calciatore del Manchester City. Proprio grazie all’interessamento di Zinchenko e del suo club, Kravchuk è stato accolto come rifugiato: «Non lo dimenticherò mai», spiega il calciatore ucraino. «Fin dall’inizio della guerra, Zinchenko mi ha contattato per sapere come stavo, per chiedermi se e come poteva aiutarmi».

La data in cui tutto ha avuto inizio è tristemente famosa, ormai: il 24 febbraio 2022, l’esercito russo ha iniziato l’invasione dell’Ucraina mentre Kravchuk e i suoi compagni di squadra erano in Turchia, impegnati nel mini-ritiro che le società russe organizzano nella pausa invernale del campionato. Fu sua madre a chiamarlo, erano le cinque del mattino, per dirgli che la Russia stava bombardando il suo Paese. «Ancora non riesco a trovare le parole per descriverlo», ricorda Kravchuk. «In quel momento, quindi subito, ho capito che non avrei potuto restare con la Torpedo Mosca». In certi casi non si pensa alle conseguenze indirette della guerra: come Kravchuk, moltissime persone non coinvolte nel conflitto hanno dovuto costruirsi una nuova vita professionale da un giorno all’altro. Dopo, però, aver messo al riparo i propri cari: «Ora la mia famiglia è al sicuro, ma quando li chiamo posso sentire gli attacchi dei droni in sottofondo. Mio cugino Oleksandr si è arruolato nell’esercito e sta cercando di fermare l’avanzata russa».

A quel punto, Kravchuk ha sfruttato una sentenza Fifa, che voleva creare una scappatoia per gli stranieri desiderosi di lasciare la Russia, per rescindere il suo contratto con la Torpedo. È allora che è entrato in scena Zinchenko: attraverso Arty Ryabov, un membro del suo entourage, ha offerto a Kravchuk la possibilità di rifugiarsi in Inghilterra. E di allenarsi con il Manchester City, in attesa di trovare un nuovo club in cui continuare la sua carriera. «Ho ricevuto la notizia che potevo andare a Manchester due settimane dopo il primo contatto. Mi allenavo con la squadra di sviluppo, una o due volte al giorno. Mi hanno dato tutto ciò di cui avevo bisogno, a partire dal vitto e da una stanza per dormire. Mi hanno accolto in un luogo meraviglioso». Difficile trovare altre parole per descrivere il centro di allenamento in cui si trovava, anche perché accanto a lui passavano tutti i giorni i vari De Bruyne, Grealish e Foden, guidati da Guardiola. «Per me è stata un’esperienza incredibile», racconta Kravchuk. «Non solo perché mi hanno salvato la vita: allenarmi col City mi ha dato fiducia, mi ha mostrato che anch’io posso giocare quel tipo di calcio».

In seguito, Kravchuk si è trasferito al Vorskla, club ucraino di prima divisione con cui ha firmato un contratto di due anni. Dopo un buon inizio, è stato escluso dalla squadra per motivi politici: un gruppo di ultras diventati soldati, affiliati a una cellula militare chiamata Centuria Poltava, ha registrato un videomessaggio in cui ha chiesto la rimozione del giocatore, vista la sua militanza in una squadra di Mosca. Il Vorskla, nonostante Kravchuk avesse dimostrato di sostenere sempre il suo Paese, ha deciso di non proteggere il suo investimento e di cedere al ricatto – e anche alle minacce – di una parte dei suoi tifosi. «Questo gruppo di ultras», dice Kravchuk, «diceva al club di rompere il mio contratto altrimenti avrebbero distrutto lo stadio».

Siamo ormai ai giorni nostri: Kravchuk oggi è un calciatore del Cork City, club irlandese con cui qualche settimana fa ha firmato un contratto annuale. «Sono qui per continuare a giocare, per aiutare il Cork a raggiungere la salvezza e la finale di FAI Cup, per il momento siamo in semifinale. Per me è un’esperienza nuova, qui si gioca un calcio diverso: più veloce e più duro rispetto al mio Paese, si corre tantissimo». Ancora oggi, quando va all’allenamento, mette le sue cose in uno zaino con lo stemma del Manchester City.

Foto tratta dal profilo Twitter @RisingBallers