C’è un rito che i tifosi italiani fanno prima delle grandi competizioni internazionali: una grafica che evidenzia la qualità e la profondità delle rose delle big europee diventa virale e noi, che non viviamo un Mondiale da tifosi da quasi dieci anni, ci ritroviamo a scuotere la testa e a invidiare gli altri. Che sembrano avere sempre i giocatori più forti, più pronti, soprattutto più giovani, con un futuro che appare già assicurato ancor prima che si esaurisca il presente.
L’errore che si fa in questi casi è pensare che le golden generation siano frutto di una fortunata congiuntura temporale, del talento che si concentra tutto in una certa fase storica. La realtà, invece, racconta che il talento può essere “costruito”, ed è ciò che accade nei centri di formazione. Il più famoso – per via delle tre finali raggiunte dalla Francia nelle ultime quattro edizioni di Mondiali ed Europei – è quello di Clairefontaine, gestito direttamente dalla Federcalcio francese, che avviò il suo programma per Under 13, 14 e 15 nel 1988, alla vigilia di due mancate qualificazioni mondiali consecutive: il sistema mette il talento al centro di tutto, sia nella fase di scouting che in quella dell’allenamento vero e proprio, dove il lavoro sui fondamentali è sempre accompagnato dalla massima libertà espressiva e creativa.
Si tratta di un metodo applicato anche in Germania, dove i 366 centri regionali sono stati la base su cui ricostruire dopo il difficile quinquennio 2000-2004: la squadra che nel 2014 ha vinto i Mondiali in Brasile è il risultato di una filosofia per cui i ragazzini devono prima di tutto divertirsi, senza vincoli di ruolo, tattici o di risultato. In Inghilterra, il St George’s Park National Football Centre è il risultato dell’applicazione dell’Elite Player Performance Plan che dal 2012 lavora per tre fasce d’età fino all’Under 23, trasformando le Academy in strutture pensate per la formazione a tempo pieno dei giocatori dentro e fuori dal campo.
A Tubize si trova invece il centro da 10 milioni di euro della Federazione Belga, vertice di una sistema radicato nel territorio attraverso otto scuole d’élite in cui si lavora prima di tutto sul dribbling, sulla tecnica, sulla qualità del gesto tecnico. Il fatto che la generazione dei Lukaku e dei De Bruyne abbia raccolto poco rispetto a quanto prometteva non ha fermato il processo: del resto è dal talento che si deve ripartire dopo gli insuccessi.