Nel corso della partita tra Inter e Bologna, Thiago Motta si è rivolto più volte a Joshua Zirkzee dicendogli di giocare «a testa alta». È evidente che l’allenatore del Bologna conosca bene le doti del suo attaccante: pochi minuti dopo, non a caso viene da dire, è arrivato un gol che Zirkzee ha segnato proprio perché ha seguito il consiglio di Motta, perché ha alzato la testa dopo aver raccolto un lancio geniale di Ferguson, e così ha scannerizzato lo spazio intorno a sé, cioè l’area di rigore dell’Inter, ha valutato tutte le soluzioni disponibili e poi ha scelto quella più efficace.
Il gol di Zirkzee contro l’Inter, come avviene non molto frequentemente su un campo da calcio, è astuto ma anche elegantissimo: il centravanti del Bologna, infatti, ha utilizzato la sua stazza per creare spazio intorno a sé, solo che lo ha fatto senza sgomitare davvero con gli avversari, prima con un controllo orientato e poi con una sterzata, come se stesse danzando su un palcoscenico e avesse un occhio di bue puntato addosso; a quel punto i difendenti dell’Inter hanno fatto l’errore di sparpagliarsi e rinculare, l’avevano chiuso in una gabbia – erano tre contro uno – ma dovevano anche coprire su chi arrivava da dietro, allora Zirkzee si è ritrovato solo al centro di uno spazio molto largo, troppo largo, la porta a pochi passi, un giocatore in maglia nerazzurra davanti a Sommer, il portiere svizzero già sbilanciato per smanacciare il tiro a giro sul secondo palo. E allora ecco il colpo di biliardo, rasoterra, beffardo, sul lato corto della porta:
Un gol da vedere e rivedere
La calma manifestata dentro l’area di rigore dell’Inter è la stessa calma che Joshua Zirkzee riesce a mantenere in qualsiasi situazione di gioco. È la cifra stilistica del suo gioco, e non importa in quale zona di campo si trovi: ogni volta che riceve il pallone, il centravanti del Bologna lo stoppa e lo lavora con un misto di classe e tranquillità che dà l’impressione di tracimare, fino a diventare supponenza. In realtà è pura padronanza tecnica, è sicurezza totale e assoluta nei propri mezzi: Zirkzee ha un fisico che gli permetterebbe e gli permette di reggere l’urto con qualsiasi difensore avversario (secondo Wikipedia e Transfermarkt, che a volte non concordano su certi dati, è alto 193 centimetri), eppure non ha bisogno di di fare leva sulla sua prestanza, per esempio di giocare alzando la palla. A Zirkzee, Thiago Motta docet, basta alzare la testa: il resto lo fanno dei piedi sensibilissimi che gli permettono di trattare la sfera in modo sempre delicato, sempre dosato, sempre preciso, e non importa che si tratti di passaggi o tocchi propedeutici al dribbling.
Su X, negli ultimi giorni, sta girando un video – è legato a un presunto interessamento del Milan, ma è una cosa che ci interessa il giusto – in cui Zirkzee passa attraverso gli avversari a metà campo, nella sua trequarti, nell’area avversaria: la sensazione è che si muova come un regista brasiliano degli anni Ottanta o Novanta, infatti nasconde la palla e assorbe e respinge le ancate di chi lo affronta, poi la smista ai compagni vicini. Insomma, fa cose diverse da quelle che hanno sempre fatto gli attaccanti, è un prototipo di prima punta ancora più moderno rispetto a quelli che si sono affermati negli ultimi anni. Si può dire: un centravanti così, con un profilo così atipico, non si era mai vista. Di certo non a questi livelli.
Zirkzee ci sta sorprendendo tutti, ma in realtà avevamo tutti gli elementi per prepararci. Già ai tempi degli esordi a Monaco si percepiva che il ragazzo – per quanto inevitabilmente meno centrale nel gioco, quindi obbligato a muoversi di più per farsi dare la palla – avesse delle qualità rare e sapesse maneggiarle piuttosto bene: il suo terzo gol in Bundesliga, segnato alla prima gara da titolare in assoluto con la maglia del Bayern, arriva dopo un controllo orientato spalle alla porta col piede destro, una giravolta che gli permette di neutralizzare la scivolata del suo marcatore sulla linea bianca dell’area piccola, un’impercettibile finta di corpo che spalanca la superficie della porta, un tiro in diagonale di sinistro su cui il portiere non può intervenire in alcun modo. Tutto fatto con calma, senza alcun tipo di urgenza, come se fosse la cosa più scontata del mondo. Il giorno in cui ha realizzato questo gol, era il 29 febbraio 2020, Joshua Zirkzee non aveva ancora compiuto 19 anni.
La stessa calma del gol realizzato contro l’Inter
Le cose e gli scenari sono cambiati molto, da allora: a Parma, Zirkzee ha una metà stagione praticamente priva di senso, sia per lui che per il club emiliano; poi ha dimostrato di poter fare la differenza in un campionato europeo medio-borghese, la Jupiler Pro League belga, segnando 18 gol con la maglia dell’Anderlecht; infine ha deciso di recidere il cordone ombelicale che lo legava al Bayern, di trasferirsi a titolo definitivo e di mettersi alla prova in una squadra come il Bologna, che non fa grande pressione sui suoi giocatori, ne valorizza le qualità e al tempo stesso gli permette di confrontarsi con la Serie A, un contesto competitivo che richiede grande maturità tattica, prima ancora che emotiva.
Sono tutti passaggi giusti, intelligenti, cercati con convinzione da un uomo-professionista ambizioso, estremamente sicuro di sé, che parla esattamente come gioca: «È difficile mettersi in mostra quando non sei veramente parte della squadra», disse durante la sua stagione in prestito all’Anderlecht, spiegando il motivo per cui aveva deciso di lasciare il Bayern. Poi aggiunse: «Sono la persona che sono. Chi lavora con me può decidere se accettarlo o meno. E se non lo fanno, non è che mi interessi molto». Zirkzee è stato piuttosto aspro e diretto anche con Thiago Motta: a giugno scorso, nell’ambito di un’intervista rilasciata durante il ritiro dell’Olanda Under 21, disse che «in questo momento della mia carriera voglio giocare molto: il primo anno a Bologna non è andata come mi aspettavo, spero che il prossimo possa andare meglio».
È andata meglio, sta andando decisamente meglio: oggi Joshua Zirkzee è uno dei giocatori più appaganti da veder giocare in Serie A, la sua tecnica e la sua fisicità lo rendono un profilo non replicabile, una sorta di unicorno. Thiago Motta non rinuncia mai a lui, fino al punto che gli ha cucito il Bologna addosso. Si può dire che sia il centravanti più tattico dell’intera Serie A, dell’intero calcio italiano, visto che è lui a gestire il ritmo degli attacchi e persino le pause della sua squadra, è lui a proteggere il pallone e a muoverlo su direttrici creative, difficili da difendere, difficili anche da comprendere, per chi deve affrontarlo, è lui a creare spazi, a inclinare il campo nella direzione che preferisce di volta in volta. L’unica cosa che gli manca sono i gol, in questo senso i suoi numeri sono abbastanza deludenti: in questo primissimo scorcio di stagione ha segnato soltanto due volte su 18 conclusioni tentate. Il punto, però, è proprio questo: Zirkzee è diventato un attaccante di culto nel nostro campionato e non ha ancora cominciato a segnare. Non ne ha avuto bisogno. Quando inizierà a farlo in maniera più frequente, e ne ha tutte le potenzialità, si trasformerà in un attaccante troppo grande per restare a Bologna, forse troppo grande anche per restare in Serie A – a meno che non sia lui a decidere di volersi fermare. Fino a quel momento, però, possiamo godercelo. Anzi: dobbiamo godercelo.