Non è giusto essere troppo severi con l’Italia di Spalletti

Nonostante la sconfitta e le contingenze, contro l'Inghilterra si è visto qualcosa di incoraggiante.

A Wembley, nella gara tra Inghilterra e Italia, la differenza l’ha fatta Jude Bellingham. L’ha fatta direttamente sul campo, conquistandosi il rigore del pareggio come un veterano, lui che il 29 giugno 2023 ha compiuto vent’anni, e poi grazie al meraviglioso tocco-sombrero con cui ha aperto il campo pochi istanti prima del raddoppio di Rashford. Jude Bellingham, però, è anche un concetto, una rappresentazione fisica della distanza – quindi della differenza – tra le due squadre in campo: l’Inghilterra di Soithgate si è presentata nella miglior versione possibile ed era imbottita di campioni, oltre al fuoriclasse che veste la numero cinque del Real Madrid c’erano il già citato Rashford e poi Rice, Foden, Kane; l’Italia di Spalletti era invece raffazzonata, sperimentale, priva e privata di elementi di spicco.

E qui veniamo/torniamo a Jude Bellingham: un prototipo di calciatore che l’Italia, in questo momento storico, non possiede. Ma non è solo questo: alla nostra Nazionale, ieri sera, mancavano tutti i giocatori che sono stati e/o sono assimilabili a Bellingham, sia dal punto di vista della qualità assoluta che del prestigio internazionale – fatte le dovute proporzioni, ovviamente. Parliamo di Chiesa, Tonali, Zaniolo, Pellegrini: tutti assenti, tutti per motivi diversi. Anche se escludiamo l’alieno-Bellingham, il discorso resta valido: il gol del 3-1, in fondo, nasce dalla differenza di forza e di esperienza e di scaltrezza tra Harry Kane e Giorgio Scalvini, ovvero il 30enne centravanti del Bayern Monaco e il 19enne centrale difensivo dell’Atalanta.

Insomma, tutta questa premessa serve a dire che la partita di Wembley non è completamente da buttare, per l’Italia e per Luciano Spalletti. Nel senso: il risultato è stato negativo e ha sottolineato – con la matita blu, con quella rossa, con quella gialla – lo scarto che esiste tra gli Azzurri e l’Inghilterra. Proprio per questo, però, l’andamento della gara deve essere considerato incoraggiante. L’Italia, infatti, ha iniziato a giocare fin da subito con un certo piglio e un certo coraggio, ha manifestato le sue idee e una chiara identità tattica, si è resa pericolosa in modo coerente con i suoi principi. Ha anche trovato il vantaggio al termine di un’azione costruita in modo ambizioso, sofisticato:

Niente male davvero

La densità e la pressione intensa nel recupero palla, la costruzione da dietro con dribbling annesso di Donnarumma, diversi passaggi rischiosi in orizzontale e in verticale e poi l’apertura di campo sul lato opposto, sul lato diventato debole grazie alla circolazione dal basso. E ancora: la sovrapposizione interna di Di Lorenzo, l’attacco dell’area da parte di Frattesi, la presenza e la freddezza di Scamacca. Se non fosse un po’ cacofonico potremmo parlare di Spalletti-ball, e non si tratterebbe di un’esagerazione: chi ha seguito con attenzione il primo tempo, avrà sicuramente notato come l’Italia abbia saputo riproporre e quindi ripetere azioni di questo tipo, azioni fatte di giocate e movimenti correlati tra loro, atti a disarticolare il pressing e il sistema difensivo dell’Inghilterra.

Il fatto che tutto questo sia passato attraverso i piedi – e la testa – di Giorgio Scalvini (19 anni), Destiny Udogie (20), Davide Frattesi (24), Gianluca Scamacca (24) ha una sua rilevanza. Una rilevanza che cresce se pensiamo che questi giocatori affrontavano l’Inghilterra, una delle Nazionali migliori al mondo, quindi degli avversari con più qualità e più smaliziati rispetto agli Azzurri. Questo delta, mentre il cronometro scorreva, ha finito per manifestarsi in modo netto, ed è così che il vento è cambiato totalmente: l’Inghilterra ha prima ribaltato il risultato e poi ha anche preso possesso della partita, l’ha gestita con la calma e la razionalità di chi è forte e si sente tale, fino a raggiungere il 3-1. I cambi hanno allargato la forbice, in questo senso il confronto diretto tra Grealish e Orsolini è abbastanza eloquente: Spalletti in panchina aveva un ottimo calciatore che però milita nel Bologna, il ct inglese ha potuto affidarsi a uno dei titolari inamovibili della squadra che ha vinto le ultime tre edizioni della Premier League e l’ultima Champions League.

Allora non si può e non si deve essere severi con l’Italia arrivata e vista a Wembley: se consideriamo tutto ciò che è accaduto negli ultimi giorni, ma anche negli ultimi mesi e anni, la Nazionale di Spalletti ha offerto più spunti positivi che negativi. C’è anche un altro aspetto di cui tener conto: il nuovo commissario tecnico si è insediato – per altro all’apice di un altro terremoto tecnico, mediatico, politico – solo da poche settimane, è appena alla quarta partita in carica, e allora era francamente difficile aspettarsi una totale inversione a U rispetto al passato recente. Anzi, il fatto che una squadra in evidente stato di ricomposizione riesca già a esprimere una qualità discreta in alcuni frangenti delle sue partite, persino contro l’Inghilterra, è un segnale importante: significa che l’Italia esiste, non sarà fortissima ma esiste. Insomma, in attesa di capire su chi potrà contare davvero in vista delle gare decisive contro Macedonia del Nord e Ucraina, Luciano Spalletti ha già un nucleo di idee e di calciatori su cui provare a costruire qualcosa di interessante. Non saranno Bellingham, ma è pur vero che non dovranno affrontare di nuovo Bellingham. Anche questa, a pensarci bene, è una notizia incoraggiante.