Il Milan si è adattato al PSG, e ha vinto per questo

Il 4-2-3-1, Loftus-Cheek, una difesa che aspetta: gli ingredienti della grande vittoria contro il PSG.

C’è stato un momento di Milan-Psg, all’inizio del secondo tempo, in cui la squadra di Pioli sembrava padrona del campo e della partita. In verità ce ne sono stati anche altri, il Milan non è mai stato inferiore alla squadra di Luis Enrique, ma quel segmento – che poi, non a caso, è coinciso con il gol decisivo di Giroud – ha mostrato le grandi potenzialità dei rossoneri. Potenzialità che si erano un po’ perse nelle ultime settimane, nascoste sotto una coltre di negatività e di problemi oggettivi: gli infortuni di diversi giocatori fondamentali, un po’ di integralismo tattico da parte di Pioli, una tensione manifesta da parte di alcuni leader della squadra, la narrazione apocalittica da parte dei media al perdurare delle difficoltà. Ecco, tutto questo ci aveva fatto dimenticare, o comunque mettere in secondo piano, i valori del Milan: una squadra che soltanto pochi mesi fa ha disputato una semifinale di Champions League, che in estate si è rinforzata e che fino al 21 ottobre era al primo posto in classifica. Questo non cancella ciò che è stato nelle ultime settimane, ma esistono altri punti di vista. Altre chiavi di lettura. E Milan-Psg l’ha mostrato in modo chiaro.

Prendiamo Ruben Lotfus-Cheek, per esempio: il centrocampista inglese, sempre titolare e sempre decisivo nella primissima parte di stagione, si è fermato (problema agli adduttori) a inizio ottobre. Proprio quando è cominciato il periodo negativo del Milan. Ieri è tornato disponibile dal primo minuto, e la sua presenza si è sentita in modo netto: schierato nell’antico 4-2-3-1 – anche questo è un argomento importante, tra poco ne parleremo – alle spalle di Giroud, Loftus è stato un meraviglioso equilibratore, un riferimento costante per le palle a scavalcare il centrocampo del PSG, un’intelligente guida del pressing avanzato, il regista neanche tanto occulto della manovra offensiva. Con lui, grazie a lui, il Milan ha cambiato volto. O meglio: ha ritrovato le misure di inizio stagione, un certo dinamismo e anche una certa qualità in diverse fasi di gioco. Basta guardare questo video, per misurare l’importanza di Lofrus-Cheek nella gara contro il PSG:

Ecco, lo schema. Per quanto sia giusto ripetere che le interpretazioni sono più importanti, alla fine, del nome che diamo alle tattiche, possiamo chiaramente dire che il Milan è tornato a una forma di gioco che aveva completamente abbandonato nel corso della stagione 2023/24, e che gli aveva permesso di giocare alcune delle migliori partite nel complicato 2022/23 nonché, naturalmente, di conquistare lo scudetto l’anno precedente. Ovvero: un centrocampo a due aiutato da un trequartista in grado di alzarsi e abbassarsi a seconda delle fasi. Dal passing network e posizionamento medio è evidente quanto questo sia stato possibile dalla partita difensiva di Rafael Leão e di Olivier Giroud, che hanno passato la maggior parte della partita addirittura più bassi di Loftus-Cheek e Pulisic, ma che hanno per questo creato, in fase offensiva, una trama di passaggi che ha spostato il baricentro del Milan quasi completamente a sinistra, mentre l’americano ex Chelsea dialogava perlopiù in verticale con Calabria – il quale è rimasto ben bloccato dietro, firmando un’altra grande prestazione difensiva.

In fase offensiva, l’utilizzo di un “dieci” come Loftus-Cheek – molto diverso dal vecchio Diaz – ha permesso al Milan di avere una presenza costante vicino all’area del PSG, proprio quello che era mancato nelle ultime uscite: riempire quella parte di campo, anziché lasciare sulle spalle del solo Leão la responsabilità di surfare lungo tutto il campo. In fase difensiva, finalmente, il Milan ha saputo aspettare. Nessuna situazione di uno contro uno, raddoppi continui e baricentro finalmente basso per seguire gli attaccanti anziché provare ad anticiparli. Adattarsi, insomma, come si chiedeva a Pioli da tempo.

Che il Milan sia una squadra dalle individualità inferiori, rispetto al PSG, quello è un dato di fatto. Ieri sera, però, questa distanza non si è percepita. Non è stata così ampia, ecco. Certo, in alcuni momenti Mbappé e anche Dembélé hanno bruciato i loro avversari diretti e hanno messo a rischio prima l’1-1 e poi il 2-1, in fondo la squadra di Luis Enrique è passata in vantaggio per prima, mettendo paura a tutto San Siro. A parte questi momenti isolati, che però possono anche starci in una serata di Champions League, il Milan ha dato l’impressione di tenere, di reggere il confronto. Oltre il numero otto ex Chelsea, meritano una citazione più approfondita anche Maignan, Calabria, e Rafa Leão. Per tutti questi tre c’erano dei bei confronti con i loro avversari, diretti o a distanza: Maignan non ha fatto interventi destinati a passare alla storia, Donnarumma dall’altra parte del campo – per altro Gigio è andato al di là di una serata emotivamente difficile – ha dovuto compiere parate ben più difficili, ma è stato sempre attento, puntuale, sicuro. Lo stesso discorso vale per Calabria, praticamente perfetto – per quanto umanamente possibile – nel contenere Mbappé, nel chiamare costantemente il raddoppio di Musah e/o Reijnders, nel capire quando e come affondare l’intervento in tackle.

E poi c’è Rafa Leão. Che ha segnato, prima cosa importante – un gol in rovesciata resta sempre un gol in rovesciata, anche se un po’ sporco. Ma che ha dimostrato di essere all’altezza di un possibile accostamento con Mbappé, di un duello a distanza – fatte le dovute proporzioni di status e qualità assoluta, ci mancherebbe. Il portoghese è stato costantemente pericoloso, aiutato anche dall’atteggiamento e dal piano partita della sua squadra, e ha anche saputo rinculare e aiutare i compagni nei momenti difficili, quando il PSG è riuscito a portare molti uomini in avanti grazie al suo possesso insistito e sofisticato. In un momento della stagione in cui gli si rimproverava una certa abulia egoistica, soprattutto in fase difensiva, Leão ha saputo rispondere nel modo migliore. Con l’atteggiamento giusto. E mettendo le sue (enormi) qualità al servizio della squadra, mentre la squadra si metteva al suo servizio.

Questo Milan ha ricordato quello visto in campo contro il Newcastle nello 0-0 casalingo del 19 settembre, forse l’ultima partita veramente ottima giocata da Pioli e dai rossoneri prima del 7 novembre. Anche in quell’occasione c’era un Loftus-Cheek schierato in una posizione simile, ma quella volta, per fortuna e per caso, le reti segnate furono zero. Certo, c’è da pensare guardando al futuro, non si potrà giocare sempre contro una squadra aperta e offensiva come il Paris. Ieri il Milan ha dimostrato di essere squadra che sa tenere testa alle avversarie in scontri aperti e senza pietà, ma paradossalmente, la sfida con il Lecce sarà comunque complicata. Perché la verticalità messa in campo contro il PSG, in Serie A, va adattata a qualcosa d’altro.