In un mare sterminato di acquisti, Cole Palmer si è preso il Chelsea

Pochettino non rinuncia mai a lui, che ha lasciato il City proprio per essere protagonista. Così è arrivata anche la convocazione in Nazionale.

Più o meno tre mesi fa, era fine estate, il Chelsea sembrava fosse impegnato in un’asta del fantacalcio: i Blues erano in tutte le notizie di mercato, si diceva facessero offerte per tantissimi giocatori, molti dei quali sono effettivamente arrivati a Stamford Bridge. Tra questi c’era anche Cole Palmer, e per molti fu una sorpresa. Non perché fosse finito al Chelsea, figuriamoci, ma perché tutti pensavano che il Manchester City avrebbe puntato forte su di lui, soprattutto dopo gli addii di Gundogan e Mahrez. In realtà era già andata così: nel Community Shield perso contro l’Arsenal, Guardiola lo aveva fatto entrare al minuto 64′, e Palmer aveva reagito segnando il gol del vantaggio – i Gunners avrebbero pareggiato nel recupero e poi avrebbero vinto ai rigori. Nonostante tutto questo, pochi giorni dopo è arrivato l’annuncio: Palmer al Chelsea per 47 milioni di euro. Poche ore fa, è stato proprio Guardiola a raccontare come sono andate davvero le cose: «Cole a un certo punto mi ha detto che voleva andare via. Io gli ho detto che quest’anno avrebbe avuto più spazio, ma lui è sembrato davvero deciso. E allora io gli ho detto: ok, vai pure».

Il nuovo inizio di Palmer è stato esaltante, soprattutto se pensiamo che il ragazzo si sta imponendo nel caos tecnico-tattico del Chelsea di Pochettino: non proprio il contesto migliore per un ragazzo di 21 anni che non era mai stato davvero titolare in Premier League, che non era mai andato fuori in prestito – il City e Guardiola hanno sempre preferito seguirlo da vicino, poi un anno fa l’hanno aggregato stabilmente alla squadra senior – e che in realtà non aveva un ruolo ben definito, visto che Pep l’ha utilizzato in diversi slot tra centrocampo e attacco. Proprio questo aspetto, paradossalmente, ha finito per aiutarlo: il Chelsea è una squadra ancora alla ricerca di una propria fisionomia, è inevitabile vista la quantità di operazioni di mercato finalizzate quest’estate, eppure Pochettino non rinuncia mai a Palmer, l’ha schierato una volta come esterno offensivo, un’altra come trequartista, un’altra ancora come mezzala. La risposta è sempre stata positiva, a livello numerico – siamo già a cinque gol e quattro assist in dieci partite – come a livello di prestazioni: il Guardian ha scritto che Palmer «è diventato rapidamente uno dei simboli del Chelsea, una squadra che vuole fare una rivoluzione fondata sui giovani».

L’aspetto di Palmer che colpisce di più è la sua personalità: indipendentemente dalla posizione in cui viene utilizzato, e questa è una prerogativa inevitabilmente connessa al percorso di formazione vissuto con Guardiola, è sempre nel vivo del gioco, si muove in modo da ricevere il pallone ogni volta che può, e in output restituisce sempre una giocata importante. Contro il Manchester City, per dire, ha accumulato ben sette passaggi riusciti nell’ultimo terzo di campo, quota record tra tutti i calciatori in campo a Stamford Bridge. Lui ne fa un discorso di talento, di qualità naturali: «Credo molto nelle mie capacità», ha detto dopo la gara a Sky Sports, e in fondo questo è lo stesso identico atteggiamento che l’ha portato a chiedere il trasferimento in una squadra dove avrebbe potuto avere più spazio. Da questo punto di vista, anche la presenza di Pochettino si sta rivelando fondamentale: come raccontato da The Athletic in questo articolo, tra lui e Palmer è nata una grande sintonia, il tecnico argentino gli concede ampia libertà interpretativa, lo segue molto dal punto di vista tecnico, lo allena nel senso più profondo del termine. E poi, ovviamente, gli dà grande fiducia nelle partite vere, proprio quello di cui Palmer aveva bisogno.

Il grande avvio di Palmer ha portato anche alla prima chiamata in Nazionale: Southgate potrà “approfittare” dell’assenza di Maddison, della qualificazione già raggiunta e di due gare morbide – contro Malta e Macedonia del Nord – per testarlo nel suo gruppo, ma è chiaro che il suo inserimento stabile nella lista dei convocati è solo questione di tempo – se manterrà certi standard di rendimento, ovviamente. In Inghilterra più o meno tutti si aspettavano che finisse così, solo che pensavano a un percorso già scritto e più lineare, più simile a quello di Phil Foden: Guardiola che lo cresce e lo coccola e infine lo lancia in modo definitivo, lui che si impone nel City e poi anche in Nazionale. Ecco, non è andata così: Palmer ha deciso di percorrere un’altra strada e si è preso il Chelsea dall’interno. Ha avuto e sta avendo ragione, si può dire. Ora dovrà solo continuare così. Non è semplice immaginare che il Chelsea possa concedergli l’ambiente giusto per un’evoluzione serena, ma magari potrebbe essere proprio lui a dare una forma, una stabilità, una coerenza, alla squadra di Pochettino. Sarebbe davvero una bella storia.