La prerogativa delle grandi squadre di calcio è la capacità di reagire ai momenti di difficoltà. Se sono davvero grandi, poi, reagiscono mostrando quello che hanno e che sanno fare, esaltando le loro caratteristiche, i loro uomini migliori. Tutto questo è successo all’Inter di Simone Inzaghi nella sfida contro la Juventus. Non era un Derby d’Italia qualunque: i nerazzurri arrivavano a Torino da primi in classifica, da aspiranti dominatori del campionato, per affrontare una Juventus in forma, quadratissima e agile nelle ripartenze; non a caso i bianconeri erano passati in vantaggio con uno dei primi duetti stagionali tra Chiesa e Vlahovic all’apice di un’azione di ribaltamento, in quel momento si erano presi il primo posto, per altro dopo anni passati a rincorrere. L’entusiasmo, allo Stadium, aveva un volume altissimo. Pochi minuti dopo, però, l’Inter ha pareggiato. E l’ha fatto proprio come ci aspetteremmo da una grande squadra: mostrando quello che ha e che sa fare meglio, esaltando le caratteristiche dei suoi giocatori.
Guardando e riguardando il gol di Lautaro Martínez, non è esagerato parlare di azione perfetta. Non solo perché parte da Sommer e arriva fino all’altra porta, quello oramai accade spessissimo e non solo all’Inter, ma per il modo in cui la squadra di Inzaghi è riuscita a costruire la manovra. È un discorso di fluidità che diventa velocità, di meccanismi evidentemente allenati e quindi funzionanti. Dicevamo di Sommer, prima: è stato proprio il portiere svizzero a dare il via all’azione, con un passaggio rapido, preciso, verso Denzel Dumfries. La Juventus, forse ingolosita dall’entusiasmo di cui sopra, ha alzato molto il suo pressing, così tutto è andato velocissimo: mentre il pallone stava ancora rotolando verso Dumfries, Barella aveva già dettato il passaggio successivo agitando il braccio mentre aggrediva uno spazio rimasto sguarnito, come fa spesso quando la sfera passa tra i piedi del quinto di destra del centrocampo dell’Inter. Dumfries ha servito il suo compagno di prima e un attimo dopo anche Thuram ha fatto la stessa cosa che aveva appena fatto Barella, solo senza muovere braccio per indicare il passaggio – non ce n’era bisogno. Altro tocco in verticale di prima e primo duello dell’azione: Thuram contro Bremer, sfida ad altissima velocità, occhi negli occhi, col pallone tra i piedi dell’attaccante francese.
A quel punto, i meccanismi tattici sono andati a farsi benedire. O meglio: avevano già fatto il loro, hanno portato a quell’uno contro uno, l’hanno determinato, però toccava a Thuram fare qualcosa che potesse rendere pericolosa l’azione, fare male alla Juventus era diventata una questione di tecnica e/o di fisicità. Non c’è niente di male, anzi in verità il compito degli allenatori è proprio questo: creare le condizioni affinché Thuram, una specie di levriero con un fisico da culturista, possa di sfidare un difensore avversario in quelle esatte condizioni. Thuram l’ha fatto benissimo: tocco col sinistro per allungarsi la palla, scatto bruciante, cross sullo slancio; Bremer non ha sbagliato niente eppure è stato completamente bypassato, è tra i difensori più veloci della Serie A eppure il numero 9 dell’Inter non ha avuto alcuna difficoltà (apparente) nel superarlo, nel servire Lautaro a centro area.
Quello che è successo nel duello tra Lautaro e Gatti merita un capitolo a parte. Perché è stata la chiusura perfetta per e di un’azione perfetta. Dopo una corsa spalla a spalla, l’attaccante argentino si è staccato dalla marcatura e sembrava voler aggredire la porta passando dall’esterno, sfilando alla sinistra del difensore della Juventus; poi però a un certo punto è scattato nella direzione opposta, ha tagliato alla destra di Gatti e così lo ha incenerito letteralmente, come succede in un Gran Premio di Formula Uno quando una macchina più veloce vuole sorpassare una più lenta, come succede quasi sempre ai difensori – anche i migliori – quando un attaccante così forte ha uno spazio così ampio in cui far valere le sue doti. Tocco finale in diagonale, palla in porta.
Tutto velocissimo
L’Inter ci ha messo poco più di 12 secondi per risalire tutto il campo, per andare dal passaggio di Sommer al tocco sotto misura di Lautaro. È un tempo ridicolo, eppure è bastato per costruire una delle azioni più belle della stagione. Lo abbiamo detto tra le righe, forse la Juventus è stata troppo aggressiva, troppo precipitosa nel pressing, se i bianconeri fossero stati più conservativi Barella e Thuram non avrebbero avuto tutto quel campo da attaccare senza essere marcati da vicino. Eppure la squadra di Allegri non ha tanto da rimproverarsi, i meriti per questo gol vanno ascritti soprattutto all’Inter, al lavoro di Simone Inzaghi, alla capacità di assemblare una squadra che sa sempre cosa fare col pallone tra i piedi, che sa gestirlo con qualità ma poi sa anche annusare il momento buono e prendersi i corridoi verticali, gli spazi lasciati liberi anche solo per un attimo. La squadra nerazzurra non segna sempre gol così belli e così perfetti, come potrebbe, però ha la qualità e l’esperienza e la preparazione che serve per farli. E allora gli avversari di turno, che siano la Juventus o il Benfica o il Frosinone, devono sempre stare attenti, non devono scoprirsi mai, ed è per questo che l’Inter è una grande squadra che sa reagire alle difficoltà, una delle candidate più autorevoli alla vittoria dello scudetto.