Nel video che trovate qualche riga più in basso, pubblicato dal canale della Serie A ma con titolo in inglese, il colpo di tacco di Muriel viene definito “Outrageous”. Il significato di questa parola è “oltraggioso”, un termine che rimanda immediatamente all’immagine di Muriel, quantomeno a quella che ci siamo costruiti nel corso dei suoi dieci anni di carriera, ma in realtà “Outrageous” è una false friend calcistica: nell’ambito di internet e dei social, viene utilizzata per definire tutte quelle giocate che sorprendono gli avversari, che fanno fare ooooh al pubblico; solo dopo, in un secondo momento, i colpi definiti “Outrageous” sono anche oltraggiosi, quindi umilianti, nei confronti degli avversari.
Ecco, probabilmente il tacco di Muriel va visto e letto proprio in questo modo: è una giocata bellissima e sorprendente, innanzitutto; e diventa insolente solo perché la leghiamo a ciò che sappiamo – o meglio: a ciò che pensiamo di sapere – rispetto alle abitudini e alle attitudini di Luis Muriel, al suo modo di allenarsi, di giocare, di essere un calciatore professionista. Nel senso: più o meno da un decennio, quindi da sempre, ci diciamo che Muriel è un attaccante che ha intuizioni geniali, una tecnica accecante e un fisico potenzialmente eccezionale ma non sempre levigato da una spiccata tendenza alla cosiddetta vita d’atleta, o almeno queste sono le indicazioni arrivate dai suoi allenatori, filtrate dai giornalisti; negli ultimi anni Gasperini lo ha sempre utilizzato a intermittenza, soprattutto come arma tattica da sfoderare a gara iniziata, e anche questo è un ulteriore elemento che ci porta a vederlo come un giocatore indolente e tendenzialmente anarchico, perciò inadatto a giocare un’intera partita dentro un sistema sofisticato come quello dell’Atalanta. E poi c’è quel retaggio – molto cristiano, molto italiano – per cui un calciatore di qualità, di quelli che segnano diversi gol belli ma poi vanno spesso in letargo, appartengono inevitabilmente alla categoria genio e sregolatezza, talento e follia, insomma quella roba là. Il che potrebbe anche essere vero, ma a pensarci bene non si hanno notizie di comportamenti inappropriati, di dichiarazioni disturbanti, da parte di Luis Muriel.
Da tutte le angolazioni
Adesso, dopo averlo visto, è giusto tornare al tocco di tacco che ha deciso Atalanta-Milan 3-2. E allora guardiamolo per quello che è: un colpo che è l’esatto contrario dell’insolenza. Perché l’attaccante colombiano, semplicemente, ha utilizzato una delle soluzioni che appartengono al suo campionario per risolvere un problema: liberato solo davanti a Maignan da un assist visionario di Miranchuk, altra intuizione che meriterebbe un articolo a parte, Muriel non aveva molte altre alternative; lo stop a seguire era difficilissimo e non è stato perfetto, la palla gli è rimasta un po’ sotto, come dicono i telecronisti, e a quel punto era impossibile spostarla sul sinistro e aprire lo specchio della porta; Muriel avrebbe potuto portarla avanti col destro e poi sparare forte sul primo palo, sempre col destro, ma a quel punto Maignan – forse non l’avete mai visto dal vivo, perciò fidatevi: è un uomo gigantesco – gli avrebbe coperto la luce, lo avrebbe costretto ad alzare la traiettoria verso l’alto.
Insomma, Muriel ha fatto passare il pallone dietro la sua gamba sinistra, toccandolo con il tacco, perché era la strada più facile e più sicura per raggiungere il suo scopo: fare gol. Non ha fatto nient’altro che questo, cioè segnare la differenza che esiste tra lui e gli altri, tra un fenomeno tecnico che gioca in Serie A, che da dieci anni dimostra di saper spostare il pallone con i piedi come se fossero delle mani, e tutti gli altri. Non c’erano volontà di umiliazione o un atteggiamento di tracotanza, nell’idea e nell’esecuzione di quel tocco: non è innaturale anche se arriva in contro-tempo, non è irriverente nella postura anche se arriva di spalle, Muriel poi esulta fortissimo e la sua gioia risulta quasi infantile per quanto è genuina, nei suoi gesti e sul suo volto non c’è traccia di tracotanza, non c’è derisione, non c’è arroganza. Muriel, per dirla in poche parole, ha fatto un gran gol, ne era cosciente e ha sfogato la sua felicità. Tutto lì: l’inventiva calcistica diventa qualcosa di diverso solo negli occhi di chi la guarda e non la sa praticare. Per Muriel, un genio del gioco, certi colpi non sono la normalità, non lo sarebbe per nessuno. Ma non sono così assurdi.