Il calcio in Groenlandia è una cosa seria

L'isola più grande del mondo è fredda e inospitale. Eppure ha un campionato nazionale, una cultura calcistica e delle ambizioni di crescita

C’è un luogo della Terra in cui il calcio viene giocato in una cornice spettacolare: i campi sono immersi nella natura, sono circondati da montagne innevate, da distese di ghiaccio e dalle acque gelide dell’Oceano Atlantico del Nord. In diversi punti, talvolta, è possibile avvistare anche delle balene. Si tratta della Groenlandia, un territorio del Regno di Danimarca che però gode di ampia autonomia. E che dal 1978 detiene l’hjemmestyre, vale a dire l’autogoverno rispetto a Copenaghen. Sì, certo: il clima groenlandese è chiaramente estremo e le condizioni ambientali sono a dir poco ostili alla pratica di qualsiasi sport, ma anche sull’isola più vasta del pianeta – con i suoi 2.130.800 chilometri quadrati – il calcio ha delle radici profonde. Fa parte della cultura inuit e negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale.

La configurazione è ancora amatoriale, ma questo non ha impedito la creazione di un campionato nazionale. Che esiste dal 1954 è estremamente peculiare: si gioca solo in estate, tendenzialmente tra giugno e agosto, vale a dire l’unico momento dell’anno in cui è possibile svolgere attività all’aperto in condizioni climatiche accettabili. La Grønlandsbanken Final 6, fase finale a cui accedono solo i campioni regionali, viene condensata in una sola settimana nella quale le sei squadre finaliste si sfidano giorno dopo giorno per conquistare il titolo. Nell’albo d’oro il nome più presente è quello del Boldklubben af 1967, una delle squadre della capitale Nuuk e più comunemente nota come B-67: i campionati vinti sono 14.

L’Angutit Inersimasut GM – questo è il nome ufficiale del torneo – è l’unico evento sportivo che si tiene annualmente in Groenlandia, e allora deve essere considerata una sorta di festa: attira l’attenzione di tutta la popolazione e viene trasmessa in televisione sui canali locali. Le squadre sono formate dai membri delle comunità presenti sul territorio, quindi da pescatori, cacciatori, parrucchieri, maestri, adulti o giovani appassionati. Tutte persone che, al di là dei loro lavori quotidiani, si ritrovano per allenarsi. E così contribuiscono alla crescita del movimento calcistico in senso assoluto. Spesso sono membri di famiglie storicamente legate allo sport che tramandano la loro passione di generazione in generazione. Tutta la popolazione che prende parte all’evento ha un ruolo centrale nell’organizzazione del torneo: c’è chi si occupa di cucinare e servire a bordo campo un pasto caldo a giocatori e allenatori, chi contribuisce ad attrezzare le palestre locali che ospiteranno le squadre in trasferta durante la permanenza in città, ci sono i medici pronti a intervenire in caso di infortuni più gravi – che non mancano mai a causa delle partite giocate consecutivamente senza giorni di riposo. Nel frattempo i più giovani si radunano con le famiglie a bordo campo, o sulle colline circostanti, e tifano la loro squadra preferita accompagnati da risate, musica e balli. Qui non si gioca per guadagnarsi da vivere, il torneo è un momento di unione che fortifica i legami interni alla comunità.

Il calcio ha una grande importanza per la vita sociale delle comunità inuit. Non solo in estate, non solo in occasione del campionato: durante l’inverno, la popolazione si raduna nei piccoli centri abitati e attraverso lo sport trova la forza per combattere la malinconia causata della Notte Polare. Si tratta del periodo di buio che dura circa sei mesi consecutivi, tra settembre e marzo, caratteristico dei paesi nordici. In questi mesi di freddo rigidissimo, molte persone tendono a riunirsi nelle palestre dei villaggi per riscaldarsi, stare in compagnia e continuare a vivere in società. In passato, a dimostrazione del profondo legame con il calcio, quando gli edifici che oggi ospitano le palestre non erano ancora stati costruiti, in inverno si continuava a giocare all’esterno, sulla neve, con temperature che spesso raggiungevano anche i -30 gradi. Come raccontato da Nukannguaq Zeeb, allenatore della nazionale groenlandese, nel cortometraggio Playing On The Edge, opera prodotta da Drumkit Productions per Copa90, «Il calcio qui aiuta davvero le persone. Allenandosi e giocando con gli amici, si sentono più leggere durante il buio invernale. Può essere molto difficile vivere la Notte Polare, specialmente quando nevica o c’è nebbia, e allora non si possono vedere la luna o le stelle. Questo è il momento in cui ti manca la luce».

Il documentario Playing On The Edge

Lo sport prediletto nel periodo invernale è il futsal, variante indoor del calcio tradizionale che viene giocato in palestra. È proprio in questo momento dell’anno che i giocatori perfezionano la tecnica, concentrandosi soprattutto nel migliorare gli scambi veloci in aree di campo molto ristrette. È uno sport che permette alle squadre di calcio di mantenersi in allenamento più o meno tutto l’anno, senza smettere mai completamente di praticare attività fisica a causa del clima. Ma il fretto e la Notte Polare non sono gli unici fattori che impediscono la creazione di un campionato nazionale più lungo, a cui venga riconosciuto lo status professionistico dalle federazioni internazionali: anche la mancanza di fondi ha avuto e ha un grosso impatto. Le squadre sono dilettantistiche, i giocatori non solo non vengono pagati, anzi a volte sono loro stessi a investire soldi per permettere lo svolgimento delle trasferte. D’altronde in Groenlandia ogni viaggio è un’avventura: le tratte aere sono pochissime, molto costose e subordinate alle condizione atmosferiche. Se non si può volare, allora bisogna muoversi via mare. Questi viaggi possono durare giorni e costano tanto. Sia in quanto a denaro che per energie profuse.

La comunità groenlandese sogna da sempre la partecipazione a eventi calcistici internazionali, ma negli ultimi anni questi sogni sono un po’ più intensi. I desideri e le aspirazioni sono stati alimentati dai risultati ottenuti dall’Islanda negli ultimi anni: la qualificazione ai quarti degli Europei e poi la partecipazione ai Mondiali hanno fissato un precedente, hanno dimostrato ai giocatori della Groenlandia che anche le piccole nazioni insulari assediate dal ghiaccio possono competere al massimo livello. Tuttavia, la strada verso un riconoscimento a livello internazionale è piuttosto complicata: nel 2022 la Federazione calcistica groenlandese – denominata KAK, acronimo di Kalaallit Arsaattartut Kattuffiat – ha avviato il processo per entrare a far parte della CONCACAF, la Confederazione calcistica del Nord e Centro America, ma i requisiti per ottenere l’accesso sono ostacoli significativi. Tra i più complessi da superare c’è la mancanza di strutture adatte allo svolgimento dell’attività calcistica durante l’intero anno solare.

La vastità del territorio e le piccole dimensioni degli insediamenti limitano la costruzione ma anche la manutenzione delle strutture sportive: oggi come oggi non sono presenti stadi adatti per ospitare eventi internazionali, né per permettere lo svolgimento degli allenamenti su erba durante il periodo invernale. Gli unici campi in erba sintetica presenti sono stati realizzati con l’aiuto di finanziamenti dalla FIFA e sono privi di spalti. Nel 2017, gli architetti della compagnia BIG (Bjarke Ingels Group) hanno realizzato un piano per la costruzione di un nuovo stadio coperto che permettesse alla Groenlandia di avere un impianto nazionale che potesse rispettare i requisiti imposti da FIFA, UEFA e CONCACAF. Al momento, però, il progetto non è stato ancora realizzato per mancanza di fondi e di investitori disposti a collaborare con il Parlamento groenlandese. L’unica competizione internazionale a cui la Groenlandia attualmente partecipa, e che permette un confronto sul campo con altre nazionali, sono gli Island Games, evento dedicato a tutte le maggiori isole del mondo che permette loro di sfidarsi in varie discipline sportive. È