L’evoluzione di Riccardo Calafiori è una novità assoluta in Serie A

A Bologna, e grazie a Thiago Motta, un giovane terzino è diventato uno dei difensori centrali più forti e più moderni della Serie A.

Nel calcio di oggi il difensore si è tolto le vesti da distruttore e si è trasformato in costruttore. Persino chi fa il centrale non gioca più in modo passivo, non vive più di reazione, non è l’ombra dell’attaccante: è forza scatenante, va alla ricerca del controllo anche in marcatura. In questo momento, se guardiamo alla Serie A e all’Italia in generale, nessuno incarna questo cambiamento meglio di Riccardo Calafiori, un classe 2002 che con la maglia del Bologna – la squadra a cui si è unito ad agosto scorso – sta reinterpretando in modo magistrale, e soprattutto moderno, il ruolo di difensore centrale. Per capire cosa intendiamo, basta guardare una partita qualsiasi della squadra di Thiago Motta. Ed ecco un suggerimento specifico: il 9 gennaio 2024, all’inizio dei supplementari dei quarti di finale di Coppa Italia, in casa della Fiorentina, una delle azioni più pericolose della gara nasce da un duello tra Bonaventura e Calafiori. Un duello in cui il difensore del Bologna sovrasta l’avversario in tutti i modi possibili: lo sovrasta fisicamente, dall’alto dei suoi 188 centimetri; lo sovrasta mentalmente, anticipando le sue intenzioni; e infine lo sovrasta nel puro duello fisico, nella sfida diretta tra i due corpi.

Nel suo modo di difendere, Calafiori sembra muoversi a partire da una percezione pessimistica dell’azione, nel senso che pensa sempre al peggio – un atteggiamento che secondo Giorgio Chiellini, tra gli altri, è una caratteristica fondamentale per chi gioca dietro. Lo fa anche in occasione del duello con Bonaventura, e alla fine recupera il possesso. Un attimo dopo, però, tutto cambia: Calafiori parte in una progressione esplosiva, manifesta una leggerezza e un’eleganza che non dovrebbero appartenergli, si lascia Bonaventura alle proprie spalle dopo il primo passo e intanto Arthur non può fare altro che crollare a terra, nel disperato tentativo di fare fallo. Calafiori poi percorre qualche altro passo, con la testa alta e la schiena dritta, e taglia le linee della Fiorentina con i capelli lunghi, scompigliati, lisciati dal vento, che quasi sembrano spingerlo più veloce. Finché, con un esterno delicato, rigorosamente mancino, innesca una combinazione tra Saelemaekers e Zirkzee che si stampa sul palo.

Difesa, impostazione, ripartenza

Riccardo Calafiori è arrivato a Bologna in silenzio, teoricamente era un’alternativa ai titolari: poteva giocare sia terzino sinistro che difensore centrale, e nelle gerarchie partiva dietro Lucumi, Beukema e Kristiansen. Ma in poche settimane si è guadagnato un posto da titolare, diventando uno dei protagonisti assoluti della stagione. Non solo quella della squadra rossoblu. Thiago Motta ha fatto subito il suo nome quando gli hanno chiesto qual è il giocatore che finora lo ha impressionato di più: «Calafiori sta vivendo un momento fantastico», ha detto il tecnico. «Anche l’altra sera è entrato e gli abbiamo chiesto qualcosa di diverso. Lui non chiede il perché, lui è convinto. E appena gli dici qualcosa, la fa». Calafiori ha nell’aggressività e nel controllo i suoi punti di forza, e quindi è un portavoce perfetto per la rivoluzione copernicana della difesa: il compito del centrale, secondo lui, non termina subito dopo una chiusura, ma contempla anche l’inizio di una nuova azione. «Calafiori gioca da terzino, e lo fa bene; da centrale, e lo fa bene. Scommetto che anche a centrocampo potrebbe far bene. È un ragazzo serio, fantastico», ha aggiunto Motta. 

Calafiori, cresciuto ai piedi del Vaticano, aveva solo 14 anni e già sfrecciava sulla fascia sinistra con la maglia delle giovanili della Roma. Erano ancora gli anni in cui il tessuto socio-calcistico della Capitale, ovviamente quello giallorosso, coltivava l’ambizione di una Roma fatta di romani e romanisti. Ma quel tempo, da cui in realtà ci separano solo sette anni, sembra lontano tre vite. Anche perché Calafiori ha vissuto un momento terribile nell’ottobre del 2018: aveva 16 anni, e in una partita di Youth League contro il Viktoria Plzen il giovane esterno della Roma riportava la rottura di tutti i legamenti del ginocchio sinistro, dei menischi e della capsula, con l’inevitabile e oscuro pensiero di smettere col calcio. Anche se sembra un paradosso, quell’infortunio catastrofico l’ha aiutato: «È stato lo step che mi ha fatto capire che potevo diventare calciatore a livelli alti, soprattutto mentalmente. A ogni difficoltà penso sempre a ciò che ho vissuto. E vado avanti più forte di prima».

Infatti, in soli undici mesi è tornato in campo, e ha esordito con la Roma nell’inquietante atmosfera degli stadi vuoti durante la pandemia. Probabilmente, tra i vostri ricordi potrete ancora trovare le immagini di Calafiori che segna questo gol in Europa League con il numero 61 sulle spalle,  un gol dedicato al suo idolo Daniele De Rossi. De Rossi, appunto: è stato la Pallade Atena di Calafiori, spirito e guida nella sua Odissea, amico fidato durante l’infortunio e mentore nelle scelte più importanti. Eppure, dopo una vita nel settore giovanile giallorosso, l’esperienza di Calafiori nella prima squadra della Roma termina amaramente nella carneficina dell’Aspmyra Stadion, dopo una dozzina di presenze: fa parte del gruppetto di giovani silurati da José Mourinho, quelli considerati responsabili del glaciale 1-6 incassato in casa del Bodø/Glimt.

Quel ragazzo che indossava la maglia giallorossa, rigorosamente stretta al corpo a ridefinire la sua figura longilinea, appena tornato da un infortunio gravissimo, oggi si è trasformato. Si è fatto crescere i capelli, una scelta estetica che lo ha accompagnato nella sua metamorfosi da laterale a centrale, come se fosse un rituale necessario per iniziarsi al ruolo, un tributo al culto dei grandi difensori italiani, magari ricordando le lunghe ciocche sui volti di Maldini, Nesta, Cannavaro. E poi da lungo e smilzo, rapido e leggero, ora sembra insormontabile, i bicipiti che sembrano esplodere e i pettorali gonfi, abbondanti, come a ricordarci che la sua carriera è stata una tempesta ma lui l’ha guardata in faccia, senza intimorirsi, e le ha urlato: «Avanti, fa presto. Io saprò difendermi».

E infatti dopo la Roma, e dopo aver vissuto una piccola parentesi infelice al Genoa, Riccardo Calafiori nell’estate 2022 si è trasferito al Basilea, in Svizzera. Una decisione apparentemente illogica, una scelta con cui Calafiori sembrava volersi tirare fuori dal tritacarne di talento che è il sistema calcistico italiano, anche a rischio di essere tagliato per sempre dalla Serie A. Invece la mossa di Calafiori è stata più che azzeccata, anche perché l’ha indirizzato verso una competizione in grande crescita: il campionato svizzero, per quanto distante anni luce dalla Serie A in termini di qualità, sta creando un legame sempre più profondo con le giovani promesse del calcio italiano, non a caso è proprio in Svizzera che si sono rivelati i vari Dimarco, Gnonto ed Esposito – sperando che anche Pafundi, ora al Losanna, trovi la propria strada partendo dalla Super League. «Qui abbiamo un’età media di 23-24 anni. Si punta quasi esclusivamente sui giovani ed è un campionato perfetto per crescere e avere continuità», ha raccontato Calafiori l’anno scorso. In Svizzera, come se non bastasse, inizia ad indossare la fascetta per tenere compatti i capelli e comincia a giocare in un ruolo diverso: braccetto di sinistra in una difesa a tre. 

Così, al termine di un’ottima stagione al Basilea, in estate sono arrivati il Bologna e il direttore sportivo Sartori. Che lo hanno riportato in Italia per soli quattro milioni di euro. Poche settimane dopo, Motta ha scelto di spostare Riccardo Calafiori al centro di una difesa a quattro, nel cuore della propria squadra. Una scelta inevitabile, per tanti motivi: Calafiori ha un’innata comprensione del gioco, che lo porta quasi sempre a fare scelte giuste quando c’è da scalare o da accorciare, ma sa essere anche frenetico, infatti è eccezionale negli anticipi. E poi risulta fondamentale anche quando c’è da controllare il gioco, specialmente nella prima costruzione: grazie alla sua abilità nel palleggio, la squadra di Motta può gestire con tranquillità lo spazio e il tempo, mentre con le progressioni palla al piede e i movimenti senza palla sa inventare la superiorità numerica e mandare in tilt le linee difensive avversarie. Proprio come ha fatto in occasione del gol dell’1-1 in Milan-Bologna, quando ha iniziato l’azione nella propria area per poi concluderla, poco dopo, con un tocco in quella dei rossoneri, un tocco decisivo prima del tiro vincente di Zirkzee.

Difesa, impostazione, ripartenza/2

Il Bologna è la sorpresa della Serie A 23/24 ed è una squadra che convive magnificamente di opposti: l’eleganza ondulante di Zirkzee e la strapotere fisico di Ferguson, un gioco ordinato – quasi scientifico – e una rabbia agonistica che spesso sembra irrazionale. Anche in Calafiori coesistono due dimensioni: è abile in rottura, estremamente aggressivo, quindi un uomo chiave per un gioco come quello di Thiago Motta, che richiede il recupero istantaneo della palla; ma è anche un creativo, un giocatore in grado di assecondare perfettamente l’ambizione di dominio del tecnico italo-brasiliano. E allora forse anche Luciano Spalletti sta pensando a Calafiori in vista dell’Europeo: un difensore così moderno, e così forte, potrebbe fare comodo al nostro commissario tecnico.