Pochi sport sono seguiti e sofisticati, allo stesso tempo, come la Formula Uno. Quando diciamo “sofisticati”, parliamo ovviamente delle auto che vanno in pista, modelli che sono dei veri e propri gioielli ingegneristici, ma anche dell’enorme universo che gira intorno alle macchine. Sia a livello di persone che di materiali. Ecco, consideriamo proprio questo enorme carrozzone: vi siete mai posti qualche domanda su come lavorano i team di Formula Uno per spostarsi costantemente da un Paese all’altro? Va bene trasportare le macchine, ma tutto il resto delle attrezzature e del materiale? Come fa a viaggiare dall’Azerbaigian al Messico all’Australia? E i piloti? E i meccanici? La risposta a queste domande è semplice: la Formula Uno è un incubo logistico. E per capire cosa intendiamo, vi consigliamo questo thread pubblicato su X da Joe Pompliano, giornalista specializzato nel racconto dello sport dal punto di vista economico e geopolitico. Noi abbiamo preparato un piccolo riassunto.
Cominciamo dai numeri: il calendario del Mondiale di Formula Uno 2024 prevede che i team disputino 24 gare in 21 Paesi diversi; la distanza da coprire in linea d’aria è superiore ai 110mila chilometri, per oltre 180 ore complessive di volo; infine, la quantità di materiale/attrezzature da spostare ogni volta è superiore alle 1500 tonnellate. Ora capite perché abbiamo parlato di incubo logistico? Il vero problema, a pensarci bene, non va ricercato nemmeno in questi dati: sta nel tempo a disposizione per spostare 1500 tonnellate su certe distanze. Nel caso delle gare europee, cominciamo dai casi più semplici, questo enorme trasloco viene fatto utilizzando dei camion – per la precisione si tratta di 27 convogli – molto grandi che viaggiano in modo da arrivare alla pista al mercoledì prima della gara.
Le cose si complicano, e non di poco, quando le gare in Europa sono una dietro l’altra, cioè si svolgono in due weekend consecutivi: agli attrezzisti e ai driver dei camion vengono concessi soltanto tre giorni per smontare, trasportare e rimontare le strutture che danno vita ai paddock dei team. È inevitabile che i turni di lavoro siano massacranti. In questo senso, Pompliano fa l’esempio del Gran Premio di Ungheria e del Gran Premio del Belgio, rispettivamente in programma per il 21 e per il 28 luglio 2024: «Gli operai saranno costretti a lavorare la notte tra il 21 e il 22 luglio per smontare tutte le strutture e metterle in sicurezza per il trasporto. Entro le 6 del mattino deve essere tutto pronto. A quel punto toccherà agli autisti dei camion, due o tre per team che si smazzeranno i 1162 km di strada tra l’Hungaroring e il circuito di Spa. All’arrivo in Belgio, 50 uomini per ogni team avranno due giorni di tempo per scaricare e rimontare tutto: per farlo, arrivano a essere in servizio per 15 ore consecutive».
The 2024 Formula 1 calendar is insane:
• 24 races
• 21 countries
• 5 continents
• 180+ hours of flightsTeams will travel 75,000 miles & transport 1,500 tons of equipment.
This makes it a logistical nightmare, so here’s a breakdown of how Formula 1 pulls it off.
THREAD 👇 pic.twitter.com/Z9HyvOaYT7
— Joe Pompliano (@JoePompliano) March 1, 2024
E per i Gran Premi che si svolgono in continenti diversi? Come diavolo funziona? I team sono costretti a creare quattro o cinque enormi scatole, ognuna delle quali contiene un minimo di tre container, che viaggiano via mare tra i Paesi più “vicini”: Australia e Giappone, Azerbagian, Qatar ed Emirati Arabi e così via. Pompliano parla di «approccio leapfrog», che permette di utilizzare delle navi – al posto degli aerei – e di ridurre così i costi di trasporto.
Ma in certi casi il problema più grosso non riguarda tanto i materiali, piuttosto le persone. I meccanici, gli operatori addetti alle attrezzature ma anche gli stessi piloti, tanto per dirne una, saranno impegnati per i Gran Premi di Las Vegas (23 novembre) e del Qatar (primo dicembre) uno dopo l’altro. Di conseguenza, inevitabilmente, dovranno prendere dei voli della durata di 20 ore e poi dovranno anche assorbire un jet lag pari a undici ore. Ecco, forse ora la definizione incubo logistico è addirittura riduttiva.