«Licenziamento dovuto all’impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro», questa la spiegazione fornita dall’AS Roma in un comunicato stampa diffuso venerdì 15 marzo. Il licenziamento al quale si fa riferimento nel comunicato stampa è quello di una dipendente della società, diventato un fatto di cronaca nazionale dopo la pubblicazione della notizia da parte del Fatto Quotidiano. Un riassunto dell’accaduto: il Fatto ha raccontato, sempre il 15 marzo, del licenziamento di una dipendente della Roma avvenuto durante lo scorso autunno, nel mese di novembre 2023. Stando alla ricostruzione del giornale, la donna sarebbe stata licenziata a causa della diffusione tra calciatori, dirigenti, staff e addetti ai lavori giallorossi di un video che le era stato “rubato” dal telefono. La donna avrebbe prestato il telefono a un giocatore della Primavera della Roma per permettere a quest’ultimo di fare una telefonata apparentemente urgente al suo procuratore. Una volta entrato in possesso del telefono, il giocatore ne avrebbe spiato l’archivio di foto e video, avrebbe trovato un video di un rapporto sessuale tra la donna e il fidanzato e lo avrebbe inviato ai suoi compagni di squadra. Da lì in poi la diffusione rapidissima e inevitabile, ingranaggio centrale di una macchina che abbiamo imparato a conoscere in tutti i casi di revenge porn negli ultimi anni diventati cronaca nera.
Questo non è un caso di revenge porn, ovviamente. Ma resta un tratto d’unione con questi casi che tanti, nelle ore e nei giorni successivi alla notizia pubblicata dal Fatto, hanno sottolineato: alla fine a pagare le conseguenze di una violenza sono state le persone che quella violenza l’hanno subita, non la persona che l’ha perpetrata. Non solo la donna alla quale il video è stato rubato, ma anche il suo compagno, licenziato pure lui – la Roma sta portando questo fatto per dimostrare che non c’è stata nessuna discriminazione di genere nella gestione del caso: donna e uomo sono stati licenziati per lo stesso motivo, nello stesso giorno, alla stessa ora – perché secondo il club era oggettiva «l’impossibilità di proseguire il rapporto lavorativo», anche e soprattutto per il fatto che tra le mansioni degli ormai due ex dipendenti c’erano anche attività di «coordinamento diretto con i minorenni». La diffusione del video tra tesserati e dipendenti di Trigoria, secondo la società, renderebbe di fatto impossibile la prosecuzione del rapporto lavorativo con quelle che, vale la pena ripeterlo ancora una volta, sono le vittime di tutta questa storia.
Con il passare dei giorni la storia è diventata oggetto prima dei quotidiani nazionali e poi della Procura della Federcalcio, che avrebbe già fatto partire interrogatori e acquisizioni degli atti al fine di verificare se effettivamente si è trattato di un caso di discriminazione. Nel comunicato stampa diffuso dalla Roma si parla di violazioni del codice etico della società – questa la ragione “oggettiva” che avrebbe portato al licenziamento dei due dipendenti –, di mistificazioni diffuse a mezzo stampa e attraverso i social e di forze oscure che starebbero tramando per «destabilizzare la Società e il suo Gruppo in un momento cruciale della stagione sportiva». Il compito di stabilire la veridicità di queste affermazioni e delle accuse mosse alla società dalla donna attraverso il suo avvocato Francesco Bronzini, spetta adesso alla Procura federale. E forse, in futuro, alla magistratura ordinaria, se sarà chiamata a decidere del caso. Nel frattempo, quello che sicuramente ancora non c’è stato è una condanna da parte della Roma del giovane calciatore che ha rubato e diffuso il video. Il quale, stando a quello che sappiamo al momento, non avrebbe subìto ancora nessun provvedimento disciplinare. A differenza della vittima di questa storia.