L’Atalanta di Gasperini è una fabbrica di trequartisti

Una volta erano Gómez e Ilicic, oggi è il tempo di Koopmeiners e De Ketelaere: giocatori diversissimi tra loro, eppure tutti decisivi.

Nei giorni in cui la maggioranza dei governi europei impose il cosiddetto lockdown duro, reazione inevitabile allo scoppio della pandemia da Coronavirus, l’Atalanta era tra le squadre più brillanti del calcio internazionale. Anzi, si può dire fosse la più brillante in assoluto. Ecco un piccolo refresh, qualora non ricordaste: la Champions League 2019/20 fu messa in stand-by a cavallo dei return match degli ottavi, subito dopo la notte magica di Josip Ilicic, autore di quattro gol in casa del Valencia; anche all’andata la squadra bergamasca aveva segnato quattro gol, firmati ancora da Ilicic, da Hateboer (doppietta) e da Freuler. Nel maggio seguente, con le coppe e i campionati ancora fermi, a Gian Piero Gasperini venne concessa una ribalta piuttosto prestigiosa: fu intervistato dal Guardian, uno dei giornali più autorevoli della civiltà occidentale, e all’interno dell’articolo la sua squadra venne definita «una delle più divertenti al mondo». Una delle dichiarazioni più significative del tecnico dell’Atalanta riguardava la posizione che devono assumere i suoi calciatori, per la precisione quelli più creativi, quelli che lui utilizza sulla trequarti: «Per me è fondamentale che i giocatori leggano e trovino lo spazio tra le linee. Quando devo spiegare questa cosa ai miei ragazzi, gli dico sempre: “Guardate l’arbitro! È sempre smarcato, è sempre nella posizione migliore rispetto agli altri uomini che sono in campo!”. Papu Gómez, in particolare, ha fatto tesoro di questi consigli. E così è migliorato tantissimo».

Quando si parla del gioco di Gasperini, quindi del gioco dell’Atalanta, i primi concetti tattici a cui si fa riferimento sono sempre gli stessi: la marcatura a uomo a tutto campo e l’enorme impatto offensivo dei quinti, cioè degli esterni di centrocampo del 3-4-2-1 – o del 3-4-1-2, la sostanza è la stessa. Anche le costanti azioni in avanti dei cosiddetti braccetti, cioè dei difensori laterali della linea a tre, sono state analizzate – e copiate – un po’ dappertutto. E poi c’è un aspetto di cui si parla meno, ma che di fatto ha cambiato la carriera di tanti giocatori passati da Bergamo: la capacità, da parte di Gasperini, di esaltare le doti dei suoi centrocampisti offensivi. E non importa che si tratti di trequartisti puri o di mezzi esterni o di mezzali d’assalto: l’allenatore dell’Atalanta sa come renderli decisivi, sia in fase di rifinitura che nella finalizzazione del gioco.

Per capire di cosa parliamo, bisogna partire proprio dalle parole dette da Gasperini al Guardian: nell’assetto tattico che ormai è impresso nel codice genetico dell’Atalanta, l’aggressività militare e la precisione millimetrica della fase difensiva determinano una grande fluidità posizionale una volta riconquistato il possesso. E allora la manovra offensiva deve basarsi per forza su una specifica abilità, da parte di chi deve costruirla: quella di muoversi – e di muovere la palla – in situazioni e in condizioni sempre diverse. Ecco, in questo senso la metamorfosi e l’esplosione di Papu Gómez sono una sorta di bignami: arrivato a Bergamo come esterno tecnico ma fumoso, come un talento fondamentalmente incompiuto, Gasperini l’ha trasformato in un regista offensivo in grado di creare gioco con una continuità impressionante, attraverso azioni personali ma anche con passaggi illuminanti, sul lungo e sul corto.

È chiaro, Gómez ha continuato a preferire un certo tipo di giocate in certe zone di campo: il suo movimento a convergere da sinistra portando palla con il destro, per esempio, era una delle costanti del gioco dell’Atalanta. A pensarci bene, però, il lavoro di Gasperini è servito proprio ad ampliare – o meglio: a completare – il portfolio tecnico del Papu: a Bergamo, Gómez ha continuato a giocare alla grande come laterale offensivo a piede invertito, a impreziosire il possesso sulla catena di sinistra, ma nel frattempo ha imparato a zampettare tra le linee avversarie, a farsi servire in posizione centrale e a puntare la porta in verticale, in modo da sfruttare la sua qualità di calcio e la sua inventiva nell’ultimo passaggio.

Un giocatore decisivo, ma anche bellissimo da vedere

Flash forward veloce ai giorni nostri. L’Atalanta 2023/2024 gioca in modo leggermente diverso, Gasperini infatti schiera spesso due punte di ruolo sostenute da un solo trequartista, ma il fulcro creativo della squadra nerazzurra resta l’uomo che si muove tra le linee, che connette centrocampo e attacco: Teun Koopmeiners. A dirlo sono i numeri: Koopmeiners ha giocato 24 partite da titolare in Serie A sulle 28 disputate dall’Atalanta, più altre cinque (su sette) in Europa League. Insomma, Gasperini non rinuncia mai a lui. Perché negli ultimi anni ha lavorato moltissimo sulle sue caratteristiche, fino a trasformarlo in un altro giocatore: un centrocampista centrale tecnico e dinamico è diventato un formidabile creatore di gioco offensivo, un incursore capace di inserirsi negli spazi aperti dagli attaccanti, un perfetto uomo-sponda in grado di dialogare nello stretto con i suoi compagni, Il tutto senza perdere un grammo delle sue qualità, sia nella battuta a rete che nella ricerca del passaggio decisivo.

Nel frattempo – ed è questo il bello: tra poco ne parleremo – Gasperini ha lavorato anche sull’Atalanta, nel senso che ha adattato il gioco della sua squadra al profilo tecnico e antropometrico di Koopmeiners: nelle ultime stagioni, l’ex allenatore del Genoa ha progressivamente appesantito il suo reparto d’attacco, da Ilicic-Muriel-Gómez-Zapata-Malinovskyi siamo passati a Koop-Lookman-Scamacca-De Ketelaere-Touré, e così la manovra offensiva ha cambiato volto, è diventata meno sofisticata, meno sinuosa, ma anche meno legata all’ispirazione dei singoli.

Una cosa completamente diversa da Gómez

A questo punto, dopo aver parlato di ispirazione e di sinuosità calcistica, è inevitabile tornare su Josip Ilicic. Ecco, Ilicic deve essere considerato un capolavoro assoluto di Gasperini: a Bergamo, sotto la sua guida, un fantasista incostante e spesso scostante si è trasformato in una sorta di unicorno, in atleta bellissimo da vedere ma anche terribilmente efficace, in un risolutore di partite in grado di segnare e fare assist in tutti i modi. Anche i più incredibili. Dal punto di vista puramente tattico, ciò che rendeva unico Ilicic – soprattutto rispetto ai suoi compagni di reparto all’Atalanta – era la capacità di essere decisivo pur giocando a ritmi più blandi, più compassati; anzi, le sue pause e le sue accelerazioni – tecniche, più che atletiche – rendevano l’Atalanta imprevedibile, mandavano in tilt i sistemi difensivi degli avversari. Era anche una questione geografica: rispetto a Gómez, lo sloveno era molto più abile a farsi vedere dentro e dietro le linee avversarie, nonostante le sue leve lunghe aveva bisogno di meno spazio per poter trattare il pallone, e allora Gasperini gli ha offerto il contesto migliore per esaltare queste caratteristiche.

Lo stesso identico discorso è valido per un calciatore con caratteristiche che sono completamente diverse rispetto a quelle di Ilicic, ma anche a quelle di Gómez e Koopmeiners: stiamo parlando di Mario Pasalic, una mezzala solo in potenza, solo negli scouting report che si leggono su internet, perché in realtà il suo vero ruolo è quello di ninja degli inserimenti sotto porta, la sua vera vocazione è la depredazione delle aree di rigore avversarie. Anche in questo caso, come succede quasi sempre, ci sono i numeri a confermare le sensazioni: nelle sei stagioni all’Atalanta, Pasalic ha accumulato 49 gol complessivi; e solo il bottino misero di quest’anno, appena quattro gol segnati in tutte le competizioni, sta ridimensionando una media decisamente più alta, soprattutto se consideriamo le 12 marcature del 2019/20 e le 14 del 2021/22. Con Pasalic, su Pasalic, Gasperini ha lavorato in maniera diversa: ne ha centellinato e ne centellina un po’ di più l’impiego, soprattutto dal primo minuto, perché Pasalic ha bisogno che intorno a lui ci siano dei compagni in grado di assecondarne gli inserimenti, di lasciargli degli spazi da attaccare. Una condizione che non è sostenibile contro tutti gli avversari, e che Gasperini ha saputo adoperare con intelligenza, alternandola ad altri meccanismi.

In un ipotetico vocabolario del calcio, sotto la locuzione “Giocatore decisivo sotto porta”, hanno messo questo video.

Quello tra l’Atalanta e il suo allenatore è un matrimonio perfetto. Per tantissimi motivi. Ma se rimaniamo nell’ambito di questa analisi, è chiaro che un allenatore in grado di esaltare centrocampisti offensivi così distanti – nel senso di diversi – tra loro, di rimodellare il suo sistema d’attacco per assecondare i cambiamenti della rosa, quelli obbligati e quelli fatti per scelta, è una risorsa preziosissima. Anche perché stiamo parlando di una squadra/società che ha una strategia inevitabilmente legata all’andamento del mercato, che deve sfruttare il player trading in modo intensivo e lungimirante. E allora i risultati positivi portati da Gasperini, quelli tecnici come quelli economici, superano di gran lunga i problemi derivanti dalle asperità del suo carattere. E allora a Gasperini devono essere perdonati anche alcuni errori commessi nella valorizzazione di certi giocatori: Pessina, per esempio, era un prototipo potenzialmente perfetto per la sua Atalanta – tecnico ma anche dinamico, bravo negli inserimenti ma anche nello stretto – e invece è stato ceduto in maniera a dir poco frettolosa, all’indomani di una stagione interlocutoria; Malinovskyi e Miranchuk non sono mai esplosi davvero se non per qualche exploit sparso, perché in fondo sono sempre stati considerati come delle alternative, non hanno mai avuto una reale continuità dentro l’undici titolare; l’esperienza a Bergamo di Boga è stata un vero e proprio fallimento, ma nel suo caso va considerato che stiamo parlando di un esterno offensivo puro, di un calciatore chiaramente monodimensionale, quindi di una pedina difficilissima da adattare al gioco dell’Atalanta. Alle richieste che Gasperini fa ai suoi trequartisti: richieste enormi, ci siamo, che però li fanno migliorare tantissimo.

Ecco, in questo senso l’ultimo caso virtuoso è quello relativo alla rinascita di Charles De Ketelaere: arrivato al Milan come (presunto) rifinitore centrale, come (presunto) sottopunta del 4-2-3-1, ha trovato in Gasperini un tecnico capace di comprendere le sue reali attitudini, le sue reali potenzialità. E di rimodellarne il profilo: qualche volta punta centrale, ovviamente con attribuzioni diverse rispetto a Scamacca o a Touré, qualche volta attaccante esterno nel 3-4-2-1, come se il belga fosse l’erede di Papu Gómez o di Ilicic. Ovviamente non è così, stiamo parlando di un giocatore con caratteristiche molto diverse. Caratteristiche con cui Gasperini, a pensarci bene, non ha mai avuto a che fare. Ma questo non è un problema, tutt’altro: l’allenatore dell’Atalanta viene dipinto da anni come un tecnico monolitico, fermo nelle sue convinzioni e sulle sue idee, e per certe cose è davvero così, ma le cose cambiano quando deve rapportarsi con dei nuovi trequartisti, anche solo in potenza. È come se la fantasia di certi giocatori stimolasse la fantasia di Gasperini, ed è proprio così che l’Atalanta è diventata un laboratorio in grado di produrre tanti talenti offensivi, tutti diversi, ed è proprio così che sono esplosi alcuni tra i migliori giocatori degli ultimi campionati di Serie A.