Come Vinícius è diventato un’icona anti-razzismo

Da quando è in Spagna, il brasiliano è stato vittima di insulti razzisti più di qualsiasi altro giocatore. E ha deciso di farne una battaglia.

Da quando è arrivato in Spagna, nel 2018, Vinícius Júnior ha ricevuto insulti razzisti in ben 18 occasioni diverse – almeno quelle riconosciute dalle istituzioni federali. Nettamente più di ogni altro giocatore. In questi sei anni, l’esterno brasiliano si è trovato più volte travolto da una piaga profondamente radicata nel mondo del calcio europeo, costantemente avvolto da un odio viscerale e irrazionale, che parte da un rapporto conflittuale con i tifosi spagnoli e arriva a coinvolgere i media, passando anche per le istituzioni. E così, lunedì 25 marzo, davanti a un centinaio di giornalisti, prima dell’amichevole tra Spagna e Brasile, Vini ha raccolto tutta la sua frustrazione e sofferenza trasformandole in un pianto di dolore accompagnato da parole indelebili che hanno scosso il calcio spagnolo ed europeo.

«Mi sento ogni volta più triste, ho sempre meno voglia di giocare. Ma continuerò a lottare», ha detto durante la conferenza stampa. Si è fermato più volte per stropicciarsi gli occhi, tentando di nascondere o asciugare le lacrime. Il suo però è stato un pianto liberatorio, e nemmeno isterico: Vinícius è sembrato più razionale che mai, strozzando il dolore con lunghi respiri, alternando fasi di smarrimento a grande lucidità. «Nessuno mi aiuta», ha aggiunto, mentre sullo sfondo apparivano slogan come “il razzismo è un crimine”, realizzati in occasione dell’ennesima campagna contro il razzismo. 

Ma quello di Vinícius è soprattutto un grido di allarme, una denuncia verso un sistema che non funziona, impotente di fronte al razzismo. Il giocatore si sente solo, abbandonato da istituzioni – la FIFA e la UEFA, la Federcalcio spagnola – che non riescono ad andare oltre agli slogan. Ma si sente anche poco considerato dai media, che preferiscono parlare dei suoi atteggiamenti in campo o fuori, invece che degli abusi, delle discriminazione. E così Vino si ritrova l’etichetta di “arrogante” e “provocatore” cucita addosso, per quel suo stile fuori dalle righe, un po’ eccentrico e ribelle. «Quello che mi infastidisce di più è la mancanza delle sanzioni», ha detto durante la conferenza: così ha lasciato intendere che La Liga e la RFEF, la Federazione calcistica spagnola, ma anche l’intero sistema giuridico in Spagna, siano incapaci di reprimere e punire il razzismo.

Infatti, per ora nessuno dei 18 abusi discriminatori subiti dall’esterno del Real Madrid è finito in tribunale, pur essendoci una legge che li sanzionerebbe. Il sistema non è soltanto lento ma anche cieco, come dimostra ciò è successo nel settembre 2022, in occasione di un derby tra Atlético e Real: prima della partita, un gruppo di 500 tifosi Colchoneros ha iniziato a intonare cori che paragonavano Vinícius a una scimmia. Eppure la procura di Madrid, pur ritenendo i canti «spiacevoli e irrispettosi», li ha giustificati. Perché? Perché sono stati lanciati in «un contesto di massima rivalità». In pratica, il tribunale ha ripreso e riadattando la discutibile legge per cui quello che succede in campo, rimane in campo

Vinícius Júnior è per sua natura divisivo. Forse perché è la stella del Real Madrid, la squadra più amata e più odiata di Spagna. Oppure per quel suo modo di stare in campo e vivere la partita, per quel gioco che sembra voler ridicolizzare l’avversario da quando prende palla fino ai festeggiamenti per un gol. È un giocatore che viene percepito in modo controverso, nell’anima e nel corpo, col pallone e senza. Tanto da essere il più celebrato dai propri tifosi e il più disprezzato lontano dal Bernabéu. I tifosi dell’Atletico di Madrid hanno un rapporto difficile con lui. Per esempio Koke, capitano dell’Atleti, ha ricordato al brasiliano – con tono quasi minatorio – di non esultare danzando, altrimenti ci sarebbero stati «dei problemi sugli spalti». Oppure, quando alcuni esponenti della curva dell’Atletico Madrid hanno appeso da un ponte un manichino con la sua maglia.

Il rapporto tra Vinícius e le altre tifoserie spagnole è scandito da tunnel e dribbling nello stretto, da sguardi e piccoli gesti rivolti direttamente alle gradinate: gesti di sfida che creano istantaneamente tensione tra il numero 7 del Real e chi si trova sugli spalti. E lo stadio Mestalla di Valencia è quello in cui episodi del genere sono accaduti più spesso, e continuano ad accadere. Come nel maggio 2023, quando Vinícius era finito faccia a faccia con un gruppo di tifosi che lo stava insultando per il colore della sua pelle. Quell’abuso inizialmente portò all’interruzione della partita, poi Vinícius decise di tornare in campo, scosso dagli attacchi del pubblico, e venne espulso al 96esimo minuto per una manata ai danni di un giocatore avversario. L’attaccante del Real Madrid uscì dal campo alzando due dita verso il cielo, a indicare la possibile retrocessione del Valencia in Segunda – retrocessione poi scongiurata solo nelle ultime giornate.

Quella partita col Valencia ha catturato l’attenzione del mondo, dando vita a una narrazione che vede Vinícius nel ruolo di provocatore. In seguito la Liga ha sanzionato soltanto il Valencia, chiudendo gli spalti del Mestalla per cinque partite, e non ci sono state punizioni per i tifosi. Successivamente, Rubiales, al tempo ancora presidente della Federazione calcistica spagnola, ha affermato che c’è un effettivo «problema di razzismo in questa nazione». Un quotidiano valenciano, Superdeporte, ha preso di mira Vini, rappresentandolo con una caricatura che lo ritrae con un naso lungo e la scritta “Pinocchio” – lasciando intendere che aveva mentito sugli insulti ricevuti al Mestalla. Javier Tebas, presidente della Liga, in risposta a un tweet di Vinícius in cui diceva che «il campionato che una volta apparteneva a Ronaldinho, Ronaldo, Cristiano e Messi, oggi è dei razzisti», lo ha accusato di essere «manipolato» per poi chiedergli scusa poco dopo. Infine, il caso Vinícius è diventato perfino un tema di discussione in un incontro del G7 a Hiroshima, quando il presidente Brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato: «Fascismo e razzismo non possono entrare negli stadi», alludendo al caso di Valencia.

Dopo la partita del Mestalla, Carlo Ancelotti ha rilasciato n’intervista piuttosto significativa

È evidente come Vinícius Júnior riesca a catalizzare su di sé l’attenzione di tutti, sportivi e non solo. A muovere più o meno inconsapevolmente gli animi degli spettatori, spostando il focus anche lontano dal campo, dal pallone. Lo fa però in maniera divisiva, tra attrazione e repulsione. Secondo l’opinione pubblica, in caso di insulti razzisti, Vini è sia vittima che carnefice. Come se l’arroganza percepita in ogni suo movimento, che fosse una smorfia, una lamentela o un dribbling, legittimasse le discriminazioni. Una situazione che abbiamo vissuto anche in Italia: Moise Kean, a cui i tifosi del Cagliari diedero della scimmia nell’aprile 2019, aveva ricevuto lo stesso trattamento. Insomma, è come se tutte le occasioni in cui Vinícius ha subito abusi razzisti fossero in qualche modo autorizzate dalle sue continue sfide. E così anche gli insulti ricevuti per esempio a Valladolid nel dicembre 2022, a Mallorca nel febbraio 2023, a Siviglia nell’ottobre 2023, a Barcellona nel novembre 2023, al Wanda Metropolitano – ancora – a gennaio e marzo di quest’anno, e anche i più recenti a Pamplona, sembrerebbero degli eventi legati al suo personaggio. Al modo di fare di un ragazzino istintivo, di un talento cristallino che tenderebbe solo a umiliare i suoi avversari di giornata, sia quelli in campo che quelli sugli spalti. 

La verità è che i razzisti continuano a permeare il tessuto calcistico rimanendo sempre impuniti, mentre le denunce di razzismo aumentano. Lo dimostra anche l’episodio di un opinionista de El Chiringuito, una delle trasmissioni più popolari di Spagna, che ha attaccato Vinícius dicendo che, quando segna, «balla come una scimmia». Il razzismo continuerà a restare incontrastato fino a quando non arriverà una svolta. Magari proprio per merito di Vinícius, che nelle ultime settimane ha deciso di far finire questa storia al più presto. E lo ha fatto alla sua maniera, puntando un dito verso gli spalti. Sabato 2 marzo 2024 è tornato per la prima volta al Mestalla dopo la partita del maggio 2023. La situazione è esplosa di nuovo intorno al 50esimo minuto, quando, con il Real Madrid sotto 2 a 0, Vinícius è spuntato dal nulla e ha segnato il gol del 2-1. Il brasiliano si è lasciato andare inizialmente a un’esultanza veloce, poi però ci ha ripensato. Forse si è ricordato di trovarsi di fronte alla stessa curva che mesi addietro gli aveva ininterrottamente dato della “scimmia”, e allora si è fermato, ha tirato su la testa e ha alzato il pugno della mano destra verso l’alto, ben stretto. Ha guardato verso gli spalti, ricercando gli occhi dei tifosi del Valencia. E ha creato, in quei pochi metri che lo divideva dai suoi avversari sugli spalti, una tensione palpabile anche dalle foto che ha pubblicato sui propri social, accompagnate dalla frase: «La lotta continua».

Ecco, quella di Vinícius Júnior è esattamente questo: una lotta contro il razzismo. Una lotta dura e faticosa, ma necessaria. Che Vini non può combattere da solo, come ha ribadito nell’ultima conferenza stampa. Che deve essere sostenuta da tutti, a partire dalla stampa e dalle istituzioni, obbligate a prendersi le proprie responsabilità, a non fermarsi a delle vuote campagne pubblicitarie.