La quota salvezza in Serie A sta davvero precipitando?

La risposta è sì, ma non così tanto. Si è solo leggermente abbassata, passando dai 38 punti degli anni Novanta ai 36 punti di oggi.

Per i tifosi neutrali, la Serie A di questa stagione è una delle più avvincenti degli ultimi anni. A eccezione dell’Inter, che ha fatto un campionato a parte praticamente da settembre, a due giornate dalla fine ancora non ci sono certezze per moltissime squadre: nelle posizioni di testa, dalla quinta alla decima, cioè dall’Atalanta al Torino, sono ancora tutte in corsa per giocare le coppe europee nel 24/25, senza sapere quale giocheranno. In fondo alla classifica, invece, la situazione è ancora più intricata: quando mancano solo due partite alla fine infatti, Verona (34 punti), Udinese (33), Cagliari (33), Frosinone (32), Empoli (32) e Sassuolo (29) — in rigoroso ordine di classifica — sono potenzialmente tutte a rischio retrocessione. E il calendario, per altro, si è divertito a inserire diversi scontri diretti negli ultimi 180 minuti della stagione.

Basta però osservare il numero di punti delle sei squadre coinvolte nella lotta salvezza, anche senza avere la calcolatrice alla mano, per rendersi conto di una cosa: la famigerata quota 40 punti, menzionata molto spesso dagli allenatori e dai presidenti come linea di galleggiamento per rimanere in Serie A, è una previsione molto al rialzo, decisamente ottimistica. Quasi fosse un modo per mettere le mani avanti, per farsi i complimenti in caso venga superata con qualche turno di anticipo, oppure per giustificarsi in caso di retrocessione. Parlare di 40 punti è fuori luogo perché nessuna squadra ancora in lotta per la salvezza, nella Serie A 23/24, ha una media punti pare o superiore a uno per partita. Al momento, infatti, la quota salvezza si aggira intorno ai 35, massimo 36 punti. Il punto è che non è una novità di questa stagione: il trend si sta manifestando da qualche anno a questa parte. Anzi, si può dire addirittura che siano i 40 punti la vera anomalia: l’ultima volta che sono davvero serviti per evitare la Serie B risale alla stagione 2006/2007. E, prima che i nostalgici si scatenino, le cose vanno avanti così fin dagli anni Novanta.

Prima di scendere nel dettaglio dei numeri e dei dati, è meglio spiegare le regole d’ingaggio e d’indagine. Prima regola: per fare una comparazione più uniforme possibile, sono state prese in considerazione solo le classifiche di Serie A dalla stagione 1994/1995 in avanti, perché solo in quell’anno sono stati introdotti i tre punti a vittoria. Regola numero due: nel computo non è stata considerata la stagione 2005/2006, quella dello scandalo di Calciopoli, perché il rischio era che la classifica di quel campionato, tenendo conto delle penalità, condizionasse troppo l’analisi statistica delle restanti 28 stagioni. Terza e ultima regola: per rendere il calcolo ponderato, le stagioni che vanno dalla 1994/95 alla 2003/04, che vedevano una Serie A a 18 squadre con quattro retrocessioni, sono state trattate come se fossero uguali a quelle odierne. Quindi si è tenuto conto, per la quota salvezza, solo delle ultime tre squadre in classifica, e il loro punteggio (attraverso una semplice proporzione) è stato calcolato su 38 giornate, e non sulle 34. Fatte tutte queste premesse, possiamo iniziare.

A cavallo tra gli anni Novanta e i primi Duemila, numeri alla mano, si può affermare che la lotta per non retrocedere aveva standard un po’ più alti rispetto a quelli che ha oggi. Erano ancora gli anni della Serie A piena di fuoriclasse, dove anche le squadre della parte bassa della classifica potevano contare su giocatori di caratura internazionale. Vuoi per la qualità media delle squadre, vuoi anche (inevitabilmente) per il numero inferiore di partite, il campionato italiano era molto più livellato di quello attuale, con tante squadre tutte racchiuse in una manciata di punti, e la capolista non riusciva quasi mai a fare grandi corse in solitaria, come capita spesso negli ultimi anni. Nel 94/95 la quota salvezza si assestò a 38 punti, per poi scendere a 33 punti nel 95/96. Risalì addirittura a 42 punti nella stagione 96/97, scese di nuovo a 36 nel 97/98 per poi impennarsi fino a 42 nel 98/99. Nel 1999/2000 la quota fu la più passa di sempre: 30 punti sarebbero bastati per salvarsi. Ne sarebbero serviti 41 per salvarsi nel campionato 2000/01, ma poi ne sarebbero bastati 32 per mantenere la Serie A nella stagione 01/02 e 34 punti nelle due successive. Insomma, la corsa salvezza tra il 1994 e il 2000 è stata una specie di roulette russa: la quota è stata talvolta molto bassa, altre volte sopra la famosa “quota 40”. In ogni caso, volendo affidarsi alla semplice media matematica, viene fuori che 38 punti erano una cifra sufficiente per guadagnarsi la salvezza.

La situazione invece è cambiata leggermente con il passaggio alle 20 squadre, nella stagione 2004/2005. Proprio in quell’anno il Bologna ha vissuto la retrocessione più “immeritata” tra tutte quelle analizzate, scendendo in Serie B dopo aver totalizzato ben 42 punti, mentre nella stagione 2006/2007 la soglia salvezza si è attestata esattamente a 40 punti. Proprio nel 2007 è stata l’ultima occasione in cui sono serviti a tutti gli effetti 40 punti per mantenere la categoria: nella stagione 2007/08 la quota salvezza è stata di 37 punti, di 35 punti nel campionato 08/09 e di 36 in quello 2009/10. Sia nella Serie A 10/11 che in quella 11/12 per la salvezza sarebbero bastati 37 punti, quota scesa a 33 sia nel campionato 2012/13 che in quello successivo. E ancora: 35 punti nel 14/15; 39 punti nel 15/16; 33 punti nel 16/17; 36 punti nel 17/18 e 39 nel 18/19. Dal 2020 in avanti il trend al ribasso è più marcato: nella stagione 2019/2020 sarebbero serviti 36 punti per salvarsi, mentre ce ne sarebbero voluti 34 nel campionato successivo, edizione 2020/21. Le ultime due edizioni della Serie A hanno addirittura allargato ancora questa forbice, con una quota salvezza che, sia nell’annata 2021/22 sia in quella 2022/23, si è attestata a 31 punti, la più bassa fatta registrare da quando il campionato italiano è a 20 squadre. Per districarsi in questo mare di numeri, basta un solo dato: dal 2004 in poi, la media salvezza è stata di 36 punti. Ovviamente il campionato 23/24 non è stato considerato, nella rilevazione di questi dati. Ma, come detto, la sensazione è che 36 punti (forse anche qualcosa meno) saranno sufficienti anche quest’anno, per restare in Serie A.

Cosa ci dicono tutti questi numeri? Al di là di tanti titoli sensazionalistici su un fantomatico crollo della quota salvezza, la realtà è che fare 40 punti, effettivamente, non è necessario per rimanere in Serie A. Dagli anni Novanta a oggi c’è stata una leggera flessione, da 38 a 36 punti, ma alla fine si tratta di una sola vittoria, anzi ancora meno: il peso specifico quindi non è così netto, nell’arco di un intero campionato. E quindi la verità è che questo trend è legato ai nuovi (dis)equilibri finanziari del calcio: quando aumentano le squadre iscritte al campionato e le partite da giocare, aumenta anche il livello delle rose più forti, che devono essere più ricche, più profonde, e così le grandi società finiscono per sottrarre giocatori di talento alle loro avversarie. Riportare la Serie A a 18 squadre potrebbe essere una soluzione? Forse è troppo tardi, forse il divario economico tra i club è fin troppo ampio perché una regola del genere possa cambiare le cose – anche se in Francia l’esperimento ha funzionato. Forse la soluzione migliore per rendere più competitiva – e quindi avvincente – la lotta-salvezza sarebbe reintrodurre la quarta retrocessione, proprio come avveniva negli anni Novanta. Ma i club sarebbero d’accordo?