I playoff per il titolo funzionano benissimo in Belgio, ma sarebbe lo stesso in altri campionati?

La Jupiler Pro League resta aperta fino alla fine e i ricavi dei club sono cresciuti. Ma ci sono anche delle criticità irrisolte.

Il titolo nazionale assegnato attraverso i play-off è un tema che da sempre divide il mondo del calcio. Per molti si tratta di una soluzione antisportiva, per altri un dazio necessario da pagare per evitare campionati con titoli già assegnati a marzo, come accaduto quest’anno in Serie A, oppure eccessivamente monocolore, come succede in Ligue 1 e come succedeva, almeno fino allo scorso anno, Bundesliga. Proprio in Germania è stata istituita una Taskforce Zukunft Profifussball, una commissione di lavoro composta da esperti di sport, scienza, politica, economia e comunicazione con il compito di proporre un piano di sviluppo sostenibile di Bundesliga e Zweite Liga, ponendo particolare attenzione alla competitività interna. Uno dei temi sul tavolo riguarda proprio l’introduzione dei play-off. Una formula che, di primo acchito, rimanda a quella della MLS americana, che prevede una fase conclusiva a eliminazione diretta dopo la regular season. Molto radicale, forse troppo, perché un club che ha dominato l’intera stagione rischia di vedere andare tutto in fumo per 180 minuti non all’altezza di quanto fatto nel corso dell’anno. Non è un caso che, USA a parte, nessun torneo di medio-alto livello abbia adottato un tale sistema. Ma i play-off non sono solo questi. In Belgio, da ormai quindici anni, si è consolidata una formula che rappresenta un case study interessante, sia dal punto di vista sportivo (o meglio, della suspense e del pathos generati da arrivi in volata) che da quello economico. Quest’ultimo rappresenta un aspetto per niente secondario, vista la fame di introiti che caratterizza tutti i top club del continente. 

Piccolo riepilogo. In Belgio i play-off scudetto (abbreviati in PO1) prevedono un girone all’italiana tra le prime sei classificate, che si affrontano in partite di andata e ritorno. Questo mini-campionato non inizia con tutte le squadre a zero: le prime sei classificate, infatti, si portano dietro la metà dei punti conquistati nella regular season, arrotondati per eccesso. Introdotti nella stagione 2009/10 dopo aver ridotto il campionato a 16 squadre per non congestionare eccessivamente il calendario, quest’anno si sono disputati per la 14esima volta, in quanto la stagione 2019/20 fu chiusa con una giornata d’anticipo nella regular season a causa della pandemia – con la Federcalcio belga che assegnò il titolo al Brugge capolista. Proprio il dimezzamento dei punti rappresenta contemporaneamente la peculiarità e la criticità della formula. Da un lato garantisce competitività, sia perché accorcia le distanze quando la regular season è dominata da una sola squadra, rendendo meno inutili le ultime partite, sia perché depenna dal calendario partite contro squadre di metà classifica, senza più nulla da chiedere alla stagione, che potrebbero determinare la lotta per il titolo; dall’altro però svilisce il percorso fatto dalla capolista durante l’anno, come dichiarato una volta dall’ex difensore dell’Anderlecht Olivier Deschacht: «Con questa formula non vincono i migliori, ma quelli più in forma in primavera».

Le ultime tre edizioni sembrano dare ragione a Deschacht. Soprattutto quest’anno, visto che il Brugge è a un passo – gli manca un solo punto – per stabilire due primati nella storia dei PO1: vincere il titolo dopo aver concluso la regular season al quarto posto (peggior piazzamento di una squadra campione) e a 19 punti di distanza dalla capolista Union Saint-Gilloise (maggior divario dal primo posto di una squadra campione). A livello statistico, si tratterebbe della sesta volta in 14 stagioni che la vincitrice della Pro League è sia una squadra che non ha terminato la regular season al primo posto.  

La prima volta risale alla stagione 2010/11, quando il Genk di Kevin De Bruyne scavalcò l’Anderlecht, e lo fece arrivando a giocarsi il titolo all’ultima giornata dei PO1 contro lo Standard Liegi di Axel Witsel e Steven Defour, terminato sesto nella regular season a -24 dall’Anderlecht e autore di un’incredibile rimonta, con otto vittorie e due pareggi. L’ultimo di questi, proprio a Genk, impedì ai Rouches di superare il club del Limburgo, che a parità di punti vinse per il miglior piazzamento nella regular season.

L’Anderlecht si sarebbe rifatto nel 2013/14 grazie a una delle squadre più giovani di sempre, con cinque under 21 nell’undici titolare: Chancel Mbemba (19 anni), Youri Tielemans (17), Dennis Praet (20), Massimo Bruno (20) e Aleksander Mitrovic (19). La squadra della capitale aveva chiuso il campionato a -10 dallo Standard capolista, cambiando anche allenatore alla penultima giornata, con Besnik Hasi chiamato a sostituire John van den Brom con il compito di affrontare i play-off in maniera dignitosa. E invece, dieci partite dopo, è diventato campione nazionale. Identico destino quest’anno toccherebbe a Nicky Hayen, promosso dal Club NXT (la squadra giovanile del Brugge) al termine della regular season dopo l’esonero di Ronny Delia. Hayen è stato abile nel rigirare a tal punto la squadra – più a livello di mentalità che di uomini – da renderla una macchina praticamente imbattibile nei PO1. 

In caso di vittoria, sarebbe la seconda volta che il Brugge riesce a ribaltare ai play-off l’esito del campionato, e sempre ai danni dell’Union. Ma se nel 2021/22 la squadra nella quale brillava la stellina Charles De Ketelaere accusava solo cinque punti di distanza al termine della regular season nei confronti di quella che all’epoca era una neopromossa, e che quindi arrivò in primavera in riserva di benzina, nella stagione in corso il colpo di scena è stato molto più clamoroso. 

I nerazzurri fiamminghi hanno invece subito la sorta inversa nel 2014/15, quando furono scavalcati dal Gent di Hein Vanhaezebrouck, secondo nella regular season, che compì un’impresa portando al club dal logo raffigurante un capo nativo americano il primo titolo nazionale della sua storia. Così come storico fu il campionato vinto dall’Anversa di Mark van Bommel la passata stagione, il primo in 66 anni per la società calcistica più vecchia di tutto il Paese. Terminato terzo a tre punti dal Genk capolista, l’Anversa si è imposto all’ultima giornata in un finale thriller che vedeva coinvolte tre squadre e che si è risolto negli ultimi otto minuti dei play-off. Fino all’89esimo il campione virtuale era il solito Union, in vantaggio sul Brugge, mentre l’Anversa stava perdendo sul campo del Genk. Poi il pari dei nerazzurri spostava il titolo a Genk. Che però è stato campione solo per sette minuti, ossia fino al 96esimo, quando Toby Alderwiereld ha segnato la rete del pareggio dell’Anversa regalandole il campionato

Non tutti i finali di stagione sono stati così combattuti, così emozionanti, ma anche in alcune delle otto edizioni vinte dalle squadre terminate prime durante la regular season (quattro volte l’Anderlecht, tre il Brugge e una il Genk) i colpi di scena non sono mancati. Valga per tutti il campionato 2012/13, passato oltretutto alla storia per il primato (probabilmente mondiale) di rigori sbagliati dall’Anderlecht in stagione: 16, dieci dei quali campionato. Un dato che in qualche modo racconta perfettamente l’abilità della squadra di Van den Brom di complicarsi la vita e dilapidare una netta superiorità in campo, tanto da farsi rimontare dallo Zulte Waregem e giocarsi il titolo all’ultima giornata dei PO1 nello scontro diretto all’Astrid Park, con la squadra di Thorgan Hazard campione virtuale per due minuti prima delle rete del pareggio segnata da Lucas Biglia. 

L’Anderlecht, con 34 affermazioni, è la squadra più titolata del campionato belga. L’ultimo successo, però, risale ormai al 2017 (Tom Goyvaerts/BELGA /AFP)

Chiusa la panoramica sportiva, passiamo all’aspetto economico: l’incidenza dei PO1 sulle finanze dei club belgi è innegabile. Dal 2008 al 2016 la percentuale di riempimento degli stadi è cresciuta dal 65% al 74% per la regular season e dal 67% all’82% (con picchi dell’85%) nei PO1, per poi attestarsi negli anni successivi su valori medi rispettivamente del 75% e dell’80%. Più spettatori equivalgono a maggiori investimenti, e infatti i contratti per la cessione dei diritti tv sono passati dai 36 milioni del triennio 2005-2008 agli 80 degli anni pre-Covid, fino agli attuali 103 garantiti da Eleven Sports. Numeri che risultano miseri di fronte a quelli delle leghe multimilionarie, ma che per un paese di 11 milioni di abitanti costituiscono un buon risultato, considerato anche il punto di partenza. Nelle ultime stagioni, in media, i PO1 hanno portato un incremento tra il 10 e il 15% del numero di spettatori rispetto alla regular season. Ovviamente per il Brugge di turno affrontare una volta in più in casa a stagione l’Anderlecht, il Genk o l’Union, rispetto a un Kortrijk o a un Westerlo, fa la differenza, così come un torneo con più sfide di vertice risulta maggiormente appetibile per i broadcasters.

Una delle grandi criticità di questo sistema riguarda il resto del campionato, con tutte le altre squadre – escluse le ultime quattro – raggruppate in un gruppo con in palio un singolo posto in Conference League.  La vincente di questi play-off (chiamati PO2) affronta la quarta o quinta classificata (dipende dall’esito della coppa nazionale) dei PO1 per l’ultimo posto disponibile nelle coppe continentali. Solo in un’occasione,  nel 2009/10,  si è verificata la stortura che l’11esima della regular season, il Genk, si è qualificato in Europa a scapito della quarta (il Sint Truiden), sconfitta proprio nella finale-spareggio. Comprensibilmente, però, questo lotto di partite è pressoché insignificante, e infatti nei PO2 la media spettatori crolla drasticamente, in alcuni casi anche più del 50% rispetto alla stagione regolare. Questo secondo torneo, insomma, sembra fatto solo per non far chiudere troppo presto – magari già a marzo – la stagione alla maggioranza delle società. Anche se, a livello di motivazioni, una squadra di medio calibro di Serie A salva a febbraio non offre certo garanzia di prestazioni migliori, e quantomeno il suo disinteresse non influenza la lotta scudetto o Champions. Ma un sistema del genere potrebbe funzionare, tanto a livello sportivo quanto a livello economico, nel nostro campionato?