C’è un articolo molto divertente, pubblicato nel 2008 dal Giornale ma ispirato a un altro articolo del Riformista del giorno prima, che raccoglie tutte le prefazioni a libri altrui scritte (fino a quel momento) da Walter Veltroni, l’ex sindaco di Roma e primo segretario del Partito democratico. Veltroni e l’autobiografia di Barack Obama, Veltroni e José Zapatero, Veltroni e Giorgio Gaber, eccetera. Ma anche — un’altra frase molto veltroniana — Veltroni nel mondo dello sport: una sua prefazione apre infatti Mò je faccio er cucchiaio, l’autobiografia di Francesco Totti pubblicata nel 2006, così come E li chiamano disabili. Storie di vite difficili coraggiose stupende, una raccolta di storie dallo sport paralimpico scritta nel 2007 dall’ex direttore della Gazzetta dello Sport Candido Cannavò. Restando sempre in tema sportivo, ma avvicinandoci di più ai giorni nostri, Veltroni ha realizzato anche la prefazione del libro di Leonardo Bonucci Il mio amico Leo, uscito nel 2016 per Baldini+Castoldi.
Lunedì 10 giugno è uscito per Solferino l’ultimo libro di Walter Veltroni, Numeri 10. Incontri con i grandi del calcio, e naturalmente questa volta Veltroni non poteva scriversi una prefazione da solo. Così la situazione si è ribaltata e la firma che compare sulla copertina, oltre a quella dell’autore, arriva dal mondo del calcio: Thiago Motta, l’ormai ex allenatore del Bologna promesso sposo della Juventus, proprio la squadra del cuore di Veltroni.
«Durante la mia infanzia, i racconti di mio padre sul calcio vertevano su due argomenti: i fatti legati alla sua squadra del cuore, il Palmeiras, e le giocate, le partite e tutto ciò che riguardava un unico giocatore, ovvero Edson Arantes do Nascimento… Pelé», così inizia la prefazione dell’ex centrocampista italobrasiliano, pubblicata dal Corriere della Sera. «E dopo si dibatteva, o meglio: con personale calore e affetto dibatteva lui, su quanto reputasse lontani dal livello di Pelé mostri sacri quali Rivelino, Rivera, Cruijff, Zico; giocatori che hanno segnato epoche calcistiche e che hanno fatto sognare ed emozionare milioni di tifosi, ma che, a dire di mio papà, non erano comparabili alla grandezza di Pelé».
Nel suo scritto, inoltre, Thiago Motta smentisce il luogo comune per cui i numeri 10 sarebbero ormai scomparsi dal calcio: «È idea comune ormai considerare che il calcio di oggi, a causa dell’evoluzione imposta dalla tecnologia e dell’esigenza di un ritmo di gioco sempre più alto, sia un nemico della creatività e in particolare di quella dei numero 10: non sono d’accordo. Ogni allenatore, infatti, idealmente aspira a costruire una squadra che riproduca collettivamente le stesse emozioni, gli stessi sogni, le stesse passioni che un numero 10 è in grado di trasmettere, toccando il cuore dei tifosi. Per questo, un numero 10 con quel talento troverebbe di nuovo spazio anche nel calcio odierno. Sono altrettanto convinto che altri giocatori si imporranno sulla scena calcistica, continuando a tramandare la tradizione del numero 10, cambiando il corso di una partita con una giocata, esaltando l’amore di milioni di tifosi, con un tocco tecnico ed elegante, un’invenzione che richiamerà alla memoria di tutti noi le gesta dei loro grandi predecessori, che si raccontano in questo libro».